Un nuovo indirizzo per questo blog

Dal 2019 questo blog ha riportato la collaborazione del CESVAM con la Sezione UNUCI di Spoleto. Con la presidenza del Gen Di Spirito la Sezione ha adottato un indirizzo di ampio respiro che si sovrappone a molti indirizzi del CESVAM stesso. pertanto si è deciso di restringere i temi del blog al settore delle Informazioni in senso più ampio possibile, e quindi all'Intelligence in tutti i suoi aspetti con note anche sui Servizi Segreti come storia, funzioni, ordinamenti. Questo per un contributo alla cultura della Sicurezza, aspetto essenziale del nostro vivere collettivo

Traduzione

Il presente blog è scritto in Italiano, lingua base. Chi desiderasse tradurre in un altra lingua, può avvalersi della opportunità della funzione di "Traduzione", che è riporta nella pagina in fondo al presente blog.

This blog is written in Italian, a language base. Those who wish to translate into another language, may use the opportunity of the function of "Translation", which is reported in the pages.

Contro tutti e tutto. I soldati Italiani nei Balcani nel 1943

Il Volume "La Divisione "Perugia" Dalla Tragedia all'Oblio" è disponibile in tutte le librerie. ISBN 886134305-8, Roma, 2010, Euro 20,00 pag. 329.



Ordini: ordini@nuovacultura.it, http://www.nuovacultura.it/ Collana storia in laboratorio;

Un Triste destino per la Divisione "Perugia"

Un Triste destino per la Divisione "Perugia"
La Divisione "Perugia" avrebbe avuto miglior sorte se Informazioni ed Intelligence avessero trovato più ascolto presso i Comandi Superiori

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mercoledì 9 novembre 2022

Influenze della popolazione sugli equilibri internazionali

 

Demografia e contratto matrimoniale

nell’influenza sull’attuale crisi geo-strategica globale

Ten. Cpl. Art. Pe. Sergio Benedetto Sabetta

 

Darwin prima di impegnarsi inserì in una lista i pro e i contro all’impegno matrimoniale, solo dopo attenta valutazione si decise al passo ritenendo prevalenti i vantaggi.

L’attuale crisi globale, di cui la guerra Russo – Ucraina non ne è che una espressione, è anche una crisi demografica e culturale, oltre che economica e militare.

Dobbiamo considerare che fino all’età romantica il matrimonio corrispondeva a due funzioni precise: la trasmissione dei patrimoni e dei poteri derivanti, come conseguenza di alleanze matrimoniali, nonché la certezza e legittimazione della discendenza, tanto che l’affermazione generalizzata dei cognomi è una conquista dell’età moderna, essendo altrimenti riservata alle classi superiori dei possidenti.

Solo a partire dal romanticismo, con l’affermarsi dell’età borghese, si introduce il  terzo elemento del sentimento amoroso e si codifica il fidanzamento quale periodo vigilato di prova.

Si favorisce in tal modo la democratizzazione del matrimonio stesso, il rimescolamento di carte, dobbiamo considerare che uno Stato forte ha alla sua base il nucleo saldo e gerarchizzato della famiglia, così nell’antica Roma come nello Stato etico del XIX e prima metà del XX secolo.

La famiglia ha anche un’altra funzione derivante dall’essere un nucleo di produzione e accumulo, tanto economico che di forza lavoro, essa diventa quindi elemento portante dell’attività agricola, commerciale ma anche della fabbrica nella prima rivoluzione industriale, fino a trasformarsi nell’elemento motore nell’iniziale crescita consumistica.

L’aspetto economico si intreccia strettamente dal XVI secolo con l’altro aspetto politico – amministrativo del controllo, nasce dalla necessità sia dalla formazione dello Stato moderno che della Controriforma, infatti i primi registri dello stato civile vengono impiantati nelle parrocchie dove si crea una fitta rete burocratica.

Giuridicamente risulta essere pertanto un contratto di fornitura di  servizi, che si voleva a tempo indeterminato salvo eccezioni controllate dal potere, quello che il Romanticismo introduce è il riconoscimento dell’aspetto affettivo, il quale ne qualifica il contratto sollevandolo dal rapporto puramente economico e introducendolo nel più complesso rapporto della personalità, secondo l’autentico dettame evangelico.

La modernità ha lentamente scisso i due aspetti, l’allungamento della vita e la rapidità dell’evoluzione sociale ha completato l’opera, la leggerezza dell’essere ha determinato l’instabilità affettiva, è rimasto il contratto.

La crescente autonomia sia finanziaria che culturale della donna, oltre che alla parallela perdita dei ruoli e alla indeterminatezza sociale che ne deriva, attraverso una serie di rivendicazioni di diritti, ha creato una crisi culturale favorita ed ampliata dai nuovi mezzi di comunicazione e dalla serie di crisi finanziarie che si sono succedute dalla fine della Guerra Fredda.

E’ cresciuto pertanto il rischio che il matrimonio comunque comporta come una qualsiasi altra attività umana, dobbiamo considerare che il rischio si realizza quando ad ogni decisione è associata una molteplicità di conseguenze, a ciascuna delle quali corrisponde un particolare “stato del mondo”, i quali si escludono a vicenda, in questa situazione il singolo decide l’attribuzione di determinate probabilità ai possibili singoli “stati del mondo”.

Se il soggetto è cosciente dell’esistenza dei singoli “stati del mondo” ma non è in grado di attribuire delle probabilità, si ha il fenomeno della decisione in condizione di “incertezza”.

Alcuni autori, come Lindley, rifiutano tale distinzione, ritenendo esistente un solo tipo di incertezza, misurabile come “probabilità” che riflette i gradi di fiducia sui vari “stati del mondo”, con una coerenza tra criteri di scelta e gradi, tali criteri si possono riportare all’utilità attesa, che può allargarsi fino a ricomprendere il concetto soggettivo di “qualità della vita”.

Vi sono tuttavia autori che tendono a restringere il concetto di rischio ai casi in cui la probabilità è fondata su base statistica, per tale via viene rifiutata la distinzione tra rischio e incertezza (Shackle, Knight).

Vi è pertanto un allargarsi del rischio contrattuale che diventa rischio di vita, con il conseguente rifiuto del contratto matrimoniale, sì che viene a prevalere sull’aspetto emotivo, si tentano quindi gli accordi prematrimoniali, coscienti del puro aspetto economico e dei soli riflessi sociali che il matrimonio viene ad acquistare.

La decrescita demografica che segue la crisi matrimoniale già verificatasi storicamente in altre epoche, come nell’età augustea, è un riflesso della microeconomia che l’individuo sperimenta, la crescente conflittualità nelle relazioni intra-familiari, la perdita di rilevanza produttiva, assicurativa e socio simbolica dei figli, riduce gli stessi a puro costo, sono le pressioni sociali che ne determinano il valore e si impongono sul desiderio di persistere in essi che l’individuo pone, un desiderio di potenza eliminato dal rischio economico e relazionale che il modello socio-economico trionfante contiene.

Microeconomia e macroeconomia entrano in conflitto, la crisi matrimoniale, premessa della crisi demografica, se risulta funzionale all’attuale sistema economico e sociale, ne mette tuttavia in risalto le problematiche fondate su una continua espansione dei consumi, sia nel senso negativo di sottrazione delle risorse del pianeta che positivo di consumo delle merci.

A questo si oppone una esplosione demografica in altre aree del pianeta, per lo più sottosviluppate, dove gli interventi anche delle grandi associazioni benefiche risultano alquanto settoriali e tendono, talvolta, a creare ulteriori squilibri.

Vi è quindi una spinta demografica verso le aree più ricche, con crescenti conflitti per le difficoltà di integrare culture diverse e il conseguente sbando delle nuove generazioni nate sul territorio di adozione.   

Da qui un crescente irrigidimento di parte della cultura politica nel tentativo di non venire subissati dalle continue ondate migratorie, circostanza che si trasforma in un nuovo diritto, vedesi il recente caso della pronuncia della Suprema Corte degli USA sull’aborto che riguarda prevalentemente le donne bianche delle classi superiori negli USA, o il richiamo a fare più figli, con la concessione di benefici economici, in vari Stati sviluppati dell’ Occidente ed anche in Russia.

lunedì 31 ottobre 2022

Il Retaggio della Prigionia in Urss


 


La prigionia in mano alla U.R.S.S. è quella che ha inciso più a fondo nel retaggio  del sistema socio-politico del dopoguerra. Prima che scoppiasse la guerra fredda, nella metà del 1946, già si avvertivano i sintomi di quelle che saranno le polemiche spesso roventi del dopoguerra. Il 20 agosto 1946, dopo un anno di attesa e di aspettative sempre più crescenti, quando tutti gli altri Paesi belligeranti avevano restituito in grandissima parte i prigionieri in loro mani, un comunicato del Governo di Mosca molto sobrio ed asciutto fa presente che tutti i prigioneri italiani in mano alla URSS erano stati restituiti, tranne un esiguo numero, circa 27, tra ufficiali e soldati, considerati criminali di guerra ed in attesa di giudizio. Tra questi anche un cappellano militare, Padre Brevi, considerato dai sovietici una spia del Vaticano.


In Italia le aspettative erano altre. Si aspettava il rientro di circa 70/80 mila prigionieri dalla Russia. A tutto il 1946 erano stati restituiti 21.000 soldati, di cui circa 11.000 appartenenti all’ARMIR i restanti liberati dall’Armata Rossa dai campi di concentramento tedeschi nella sua avanzata verso occidente.

La polemica divampò violentissima, e si manifestò in modo particolare nello scontro politico tra i partiti di sinistra, in particolare il PCI e i partiti del centro, in particolare la Democrazia Cristiana. L’accusa principale era che la URSS tratteneva i prigionieri italiani come schiavi, per ragioni ideologiche.

La realtà, emersa negli anni novanta all’indomani del crollo della URSS e alla parziale apertura degli archivi sovietici, era ben diversa da quella ipotizzata in Italia. La URSS aveva ragione nel sostenere che aveva restituito tutti i prigionieri italiani in suo possesso. Infatti è stato documentato[1] che l’Armata Rossa, nella sua avanzata verso occidente catturava circa 11.000/11.500 soldati dell’ARMIR e li avviò ai campi di smistamento ( le cosiddette marce del Davai). Nei campi di smistamento entrarono quelli che poi vennero restituì, tranne una percentuale dell’1% che morì per malattie o cause naturali.[2]

La vicenda dei prigionieri in mano alla URSS continuò in temi sempre aspri fino al 1954 quando, dopo la morte di Stalin, furono restituiti gli ultimi prigioneri, circa 10, trattenuti con pretesti e motivi vari.

 

Il retaggio di questo particolare segmento del V fronte della Guerra di Liberazione è estremamente pesante. L’Italia inviò prima un Corpo di Spedizione, poi una Arma che raggiunse circa i 200.000. Nel corso delle offensive sovietiche del novembre-dicembre 1942 – gennaio febbraio 1943, che si conclusero con la caduta di Stalingrado, che determinarono la svolta della guerra in Oriente, le forze italiane furono annientate. Circa 100.000 uomini riuscirono a salvarsi tramite una ritirata, la celeberrima ritirata di Russia, ma altrettanti rimasero sul campo. Non per le vicende della guerra, ma in virtù della insipienza dei Comandati italiani sul campo, delle imposizioni tedesche e di un male interpretato senso dell’onore militare. Composte tutte da forze di fanteria, senza mezzi corazzati e meccanizzati, il compito era quello di resistere fino allo stremo sulle posizioni del Don. Una volta che la battaglia avrebbe rilevato le direttrici di attacco in profondità dell’attaccante sovietico, avrebbero dovuto intervenire le forze mobili tedesche, per chiudere le falle. Il compito delle forze Italia quindi fu assolto. L’errore fu il non aver dato di arrendersi sul posto. Sarebbe stata la salvezza di oltre 80.000 soldati italiani. Al contrario, messisi in marcia verso occidente, quanto contemporaneamente i sovietici provvedevano a distruggere tutta l’organizzazione logistica di retrovia con puntate di forze mobili, la speranza di sopravvivere nella steppa d’inverno erano presso che nulle. Infatti i comandi sovietici locali non inseguirono i soldati italiani in marcia, conviti e sicuri che la steppa, il cosidetto generale Inverno, li avrebbe uccisi. Come in realtà accadde. Il prezioso retaggio di questo segmento del V fronte è quello che occorre avere sempre autonomia decisionale quando si partecipa in una coalizione fi forze internazionali ed occorre sempre, in lealtà con gli alleati, preservare l’interesse nazionale. Un retaggio che permeò nel dopoguerra la partecipazione delle forze nazionali alle cosiddette Missioni di Pace, coalizioni internazionali sotto egida id organizzazioni sovranazionali.



[1] UNIRR, Rapporto UNIRR, 1995. In Italia la cifra dei presunti prigionieri era stata fissata in circa 84.000. Dei 201.0000 militari italiani presenti al fronte ai primi di dicembre, come attestano i documenti della Direzione di Commissariato dell’ARMIR sulla forza vettovagliata, ne erano rientrati in Italia 101.000. Pertanto considerate le perdite, a larghe spanne, la cifra dei prigioneri doveva essere circa 84.000 considerate le perdite. In realtà dei 101.000 soldati mancati, 90.000 erano Caduti nella ritirata e circa 11.000 raccolti come prigioneri dai sovietici, che in effetti restituirono. Vds. Coltrinari M., Le Vicende dei Militari Italiani in URSS, Roma, Archepares, 2021.

[2] Il tasso di mortalità nella prigionia in URSS è più o meno quello delle altre prigionie in mano della Gran Bretagna, Francia e Stati uniti.

giovedì 20 ottobre 2022

Le qualifiche partigiane

 A partire dal 1945, a seguito del Decreto legislativo luogotenenziale del 21 agosto 1945, n.518, dal titolo Disposizioni concernenti il riconoscimento delle qualifiche dei partigiani e l'esame delle proposte di ricompense (d. lg. Lgt. 518/1945), furono istituite Commissioni regionali al fine di vagliare e definire la posizione dei partigiani. Le qualifiche individuate furono tre: partigiano, patriota e benemerito. 

Si qualifica partigiano colui che è caduto o rimasto mutilato o invalido nella lotta di Liberazione; oppure per almeno tre mesi abbia militato in una formazione armata partigiana regolarmente inquadrata nelle forze riconosciute e dipendenti dal Corpo Volontari della Libertà; oppure per durata di servizio minore di tre mesi sia stato ferito in combattimento; oppure per almeno sei mesi abbia fatto parte di un Comando o di un servizio di Comando (informazioni, intendenza, ecc.) inquadrato nell'attività del Corpo Volontari della Libertà; oppure, in seguito a cattura da parte nazifascista per attività attinente al movimento militare, sia rimasto in carcere oltre tre mesi. 

Si qualifica patriota colui che ha collaborato e contribuito attivamente alla lotta di Liberazione, sia militando nelle formazioni partigiane per un periodo minore di quello previsto, sia prestando costante e notevole aiuto alle formazioni partigiane. 

Si qualifica benemerito colui che, pur non avendo i requisiti di patriota, ha svolto con proprio rischio rilevante attività nella lotta di Liberazione o collaborato con le bande attive. 

Corre l'obbligo di sottolineare come i criteri basati su dati oggettivi quasi esclusivamente militari, adottati per il riconoscimento delle qualifiche partigiane, abbiano di fatto fortemente penalizzato le donne e in genere chi svolse un'attività soprattutto di supporto logistico, assistenziale, informativo, solo in parte recuperata dalla qualifica di benemerito

mercoledì 19 ottobre 2022

Stefano Bodini - Centenario del Delitto Matteotti.

 

Il “Rapporto Matteotti” ritrovato


Stefano Bodini


A Milano, presso la Base scout regionale lombarda dell’AGESCI, è presente il Centro Studi e Documentazione “Mons. Andrea Ghetti - Baden”, la cui finalità è quella di preservare ed approfondire il secolare patrimonio culturale scout. Negli scantinati di tale struttura, realizzata nel secondo dopoguerra, si sono accumulati faldoni e documenti oramai da molti decenni. Nel paziente tentativo di mettere ordine fra le vecchie scaffalature, alcuni mesi fa aprii uno scatolone, il cui cartone era già indice di estrema vetustà. Senza un apparente collegamento logico, vi erano stati stipati, in maniera però maniacalmente precisa, documenti personali, centinaia di articoli di carattere politico e pubblicazioni varie di attualità dell’epoca, raccolti da tale Alcibiade Malagutti (Malaguti, in certi altri carteggi). Il tutto ricopriva un arco temporale di circa 25 anni, ovvero dal 1921 al 1947.


All’ interno di una busta, il ritrovamento più inatteso, e certamente il più importante, ovvero l’inchiesta, avente titolo “Un anno di dominazione fascista”, dell’On. Giacomo Matteotti. Tale pubblicazione stampata è una copia originale (cioè del 1924); consta di 91 pagine e, in terza di copertina, riporta la dicitura: Tip. …. - Roma, dove è evidente la cancellazione del nome della stamperia, anche se dalle flebili tracce dell’inchiostro rimasto, parrebbe leggersi “Mazzini”...


Nella prima pagina, già in copertina, appare il Sommario, diviso in tre parti;

- la prima riguarda la situazione economico- finanziaria del Paese

- la seconda è relativa agli Atti del Governo Fascista in merito alla politica Tributaria, Doganale, ed Economica, ai Lavori Pubblici, alla Giustizia, alle Scuole, agli Ordinamenti Militari, alla Polizia di Partito, alle Elezioni.

- la terza è una lunga (ben 37 pagine) e dettagliata raccolta delle violenze fasciste operate in Italia fino ad allora e sulla libertà di stampa, progressivamente negata dal Governo.


Sul contesto di tale ritrovamento nella nostra “Casa dello Scout”, pur avendo elaborato alcune ragionevoli ipotesi su chi potesse essere questo Alcibiade Malagutti (sconosciuto negli archivi associativi lombardi), preferisco tuttavia evitare considerazioni ed attenermi alla realtà documentale presente in questo Fondo, a lui dedicato, nella speranza che un giorno si possa svelare il mistero di questo ritrovamento.

In occasione infine del centenario del vile delitto, auspico che anche questa semplice condivisione archivistica possa, ancora una volta, dare voce e rendere memoria alla eroica testimonianza di Martire della Libertà dell’Onorevole Giacomo Matteotti.”

27 gennaio 2024

Fabio Pavanati Resp.le C.S.D. “Mons. A. Ghetti - Baden” Milano “


Il 10 giugno 1924 il deputato On. Giacomo Matteotti lasciò la sua abitazione per dirigersi in Parlamento1 .

Come è noto non arrivò mai a destinazione perché lungo il tragitto venne rapito e ucciso da cinque malviventi che appartenevano alla Ceka 2 del governo fascista: Amerigo Dumini, Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto Malacria e Amleto Poveromo. Mandante di questo delitto fu direttamente il capo del Governo, Mussolini, che si sarebbe autodenunciato del crimine durante il famoso discorso alla Camera del 3 gennaio 1925 “[…] Se il fascismo è una associazione a delinquere, allora io ne sono il capo […]”. Con quel discorso, storicamente si riconosce l’inizio dell’ultima fase del progetto mussoliniano di fascistizzazione dell’Italia: il cui culmine sarebbe stato raggiunto nel 1929: con le elezioni a lista unica e la firma dei Patti del Laterano3 . Tutto questo probabilmente non sarebbe avvenuto se Matteotti fosse riuscito a intervenire quel giorno in Parlamento. Il rapimento e l’omicidio del deputato socialista sono uno “sliding doors” nella storia italiana. È un delitto che segna uno spartiacque tra3 un prima e un dopo, direttamente legato alle conseguenze che questo avvenimento ha implicato. Pur con tutti gli impegni della attività politica, da deputato socialista, Matteotti aveva raccolto i dati per sconfessare la propaganda fascista contestando quasi ogni singola voce dell’attività di Governo.


Questo lavoro, certosino e ampio, fu tradotto a sue spese, semiclandestinamente, nella pubblicazione intitolata “Un anno di dominazione fascista. “Una copia, originale è stata casualmente e fortuitamente ritrovata tra i materiali conservati presso la sede di AGESCI Lombardia a Milano. Sorprende lo stato di conservazione, buono considerato il supporto cartaceo utilizzato, piuttosto scadente, diffusa negli anni ’20. Secondo alcune ricerche pare che l’On. Matteotti avesse rintracciato in un viaggio in Inghilterra, nella primavera del ’24, le prove delle tangenti ricevute dai governanti italiani dalle antenate delle sette sorelle del petrolio, per alcuni appalti che riguardavano l’Agro Pontino.


La notizia di queste scoperte giunse a Mussolini: condannando il deputato alla sorte che gli toccò il 24 giugno. Ma già prima di questa fatale scoperta, il deputato socialista aveva raccolto tutti i dati per la realizzazione della già citata pubblicazione: l’opera si presenta come l’analisi di ciascuna voce dell’attività di governo e di bilancio durante il primo anno del fascismo al potere. Si considera particolarmente significativa la particolare essenzialità dei commenti dello stesso Matteotti a ciascuna voce di spesa. Senza perdersi in dettagli superflui riuscì ad analizzare i dati presentati in maniera chiara e coincisa, spiegando talvolta come l’attività del precedente governo avesse subito ancora gli influssi della guerra appena conclusa.


Invece, le promesse di crescita del neo governo risultavano quantitativamente e, quasi sistematicamente, disattese. Alla luce dei numeri provava a dimostrare l’inefficienza e l’inesperienza dei nuovi governanti. Si invita alla lettura del testo secondo due prospettive. In primo luogo si tratta dell’ultima pubblicazione di Matteotti da cui si possono desumere la sua levatura morale e la sua capacità politica molto concreta. In secondo luogo, ma non meno importante, il testo insinua nel lettore il dubbio di conoscere il funzionamento di uno stato. La ricerca di dati reali per poter effettuare delle valutazioni sull’operato della classe dirigente, senza nascondersi dietro alle querelle verbali cui tanto siamo abituati, è una delle tracce lasciate da Matteotti. Questo testo, estremamente analitico, prova a insinuare nel lettore il primo dovere di un cittadino: imparare a conoscere i rudimenti di gestione della vita pubblica in modo da comprendere come funziona il “bilancio sociale” di uno stato, oltre a insegnare come leggerlo. Questo non significa doversi sostituire all’attività dei deputati, di cui possiamo apprezzare solo una parte della loro attività tramite le parole di Matteotti; bensì ricercare lo stimolo per imparare una corretta lettura dei dati dell’attività statale, che è patrimonio pubblico. In questo modo invece che nascondersi dietro pigre deleghe alla classe dirigente, si potrebbe comprendere meglio la realtà politica e sociale in cui si vive.

1.Per i dettagli sul delitto Matteotti, quello che ha comportato e soprattutto le cause si rimanda, in particolare, al testo MAURO CANALI, Il delitto Matteotti, il Mulino, 2015 Bologna.

2. Il termine deriva dalla polizia politica sovietica sorta con un decreto del 20 dicembre 1917, a seguito dei

fatti della “Rivoluzione di ottobre”

3. Il primo accordo tra un Governo Italiano e la Chiesa Cattolica dopo l’unificazione e la presa di Roma del 1870.

lunedì 10 ottobre 2022

L'Internato come combattente della Guerra di Liberazione

 


La data del 27 gennaio 1945, giorno in cui l’Armata Rossa, penetrando in territorio della Ex Polonia liberò il campo di sterminio di Auschwitz e dei relativi sottocampi di Birkenau I e II, è stata assunta a simbolo dell’internamento in Germania. Quelle che erano voci in merito alla esistenza di campi di concentramento e di sterminio in Germania, via via stavano avendo conferma. La liberazione di questo campo pose davanti a tutto il mondo l’evidenza di quanto era stato proclamato dal Nazismo: gli avversari dovevano essere eliminati. E così fu. Nonostante tutta la propaganda, i nodi stavano vendendo al pettine. Chi era contro il nazismo non aveva diritto di sopravvivere. Pertanto questo sistema di stato, alimentato dalla ideologia nazista, aveva fin dalla sua presa di potere, aperto luoghi ove prima rinchiudere e poi eliminare i propri avversari. Tutti coloro che furono internati combatterono la loro battaglia disarmati, testimoniando l’assurdità di tale assunto e portando i nazisti a rispondere dei loro atti, atti che determinarono nel Diritto Internazionale e nel diritto delle genti il concetto di “crimine di guerra”, e di “crimine contro l’umanità, nel momento in cui si violano le leggi del diritto umanitario e le leggi dei diritti dell’uomo. 


Tutti gli internati in Germania combatterono la loro guerra per la liberazione da questa ideologia, da questa continua violazione dei diritti dell’uomo, da questa violenza perpetuata senza limiti e condizioni che si dimostrò il nazismo nella sua totalità. Internati combattenti dietro il filo spinato, che dimostrarono che l’uomo oltre certi limiti non può andare e deve sempre rispettare le leggi della umana convivenza. Si crea, come ampiamente abbiamo detto, il Terzo fronte della Guerra di Liberazione, in Italia, parte integrante di quella lotta alla ideologia nazifascista, che tutta l’Europa libera combatte nella seconda guerra mondiale. Non è, la liberazione di Auschwitz il 27 gennaio 1945 una data che si può relegare all’Olocausto, allo sterminio di un popolo, quello ebreo, è anche questo nel grande rispetto del popolo israelita e dei suoi enormi sacrifici che dovette sopportare. E’ la lotta dell’uomo libero contro l’uomo-belva, che non rispetta alcuna legge ed alcuna norma condivisa, ma solo quelle che lui ha deciso di darsi e rispettare a tutto suo vantaggio.

 

venerdì 30 settembre 2022

INFOCESVAM Anno IX, n. 4 Luglio - Agosto 1 settembre 2022

 

INFOCESVAM

BOLLETINO NOTIZIE DEL CENTRO STUDI SUL VALORE MILITARE

centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org

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ANNO IX, 31/32, N. 4, Luglio - Agosto, 1 settembre 2022

IX/4/576 La decodificazione di questi numeri è la seguente: IX anno di edizione, il mese di edizione di INFOCESVAM, 576 il numero della comunicazione dal numero 1 ad oggi. Il presente Bollettino svolge anche la funzione di informazione “erga omnes” dello stato, sviluppo e realizzazione dei Progetti dell’Istituto del Nastro Azzurro. L’ultima indicazione aggiorna o annulla la precedente riguardante lo stesso argomento.

IX/4/577.  Come prassi, il CESVAM osserva la pausa estiva per i mesi di Luglio ed Agosto. Il semestre accademico settembre – 2022, gennaio 2023 inizierà il 1 settembre. Le ricerche in essere proseguono  secondo il calendario adottato dai singoli ricercatori.

IX/4/578 Ricerca per il Centenario. Titolo. “I Presidenti dell’Istituto del Nastro Azzurro” 1923- 2023. Attività e gesta delle presidenze attraverso la documentazione d’archivio. La Ricerca è stata avviata in Ambito CESVAM, sulla base del materiale raccolto a seguito dei Convegni di Studio dell’ottobre 2021 e marzo 2022. La lista dei Presidenti e dei materiali è stata completata. Si procede alla stesura per la I Bozza. Aggiornamento su www.istitutodelnastroazzurro.org/ comparto storia del Nastro Azzurro.

IX/4/579 Progetto 2016/1 Dizionario minimo della Guerra di Liberazione. Compendio 1945.” Una vittoria amara” Predisposto il Manoscritto 4.  Il Glossario 1945 è nella versione di manoscritto 5. Il volume 8 del Dizionario “Percorsi di Ricerca” è rimasto nella versione di manoscritto 3

IX/4/580. “Non ti scordar di Me”. Il Gruppo Medaglie d’Oro ha lanciato la campagna di sensibilizzazione attraverso l’adozione di un fiordaliso a forma di pin per ricordare i Caduti di Tutte le Guerre. Il Fiordaliso è stato ideato dal gen. C.A. Aloia, MOVM.

IX/4/581. Progetto 2016/1 Dizionario minimo della Guerra di Liberazione. Compendio 1945.” Una vittoria amara”. Punto di situazione in: www.valoremilitare.blogspot.com e su www. laguerradiliberazionelastoria. blogspot.com. Completate le ricerche sulla Divisione Partigiana Italia e Divisione Partigiana “Garibaldi”

IX/4/582. Ricerca per il Centenario. Titolo. “La Presenza in Italia ed all’Estero dell’Istituto del Nastro Azzurro”. Struttura ed analisi iconografica delle Federazioni, Sezioni e Gruppi aperti in Italia all’estero dal 1923 ad oggi. La Ricerca è stata avviata in Ambito CESVAM, sulla base del materiale raccolto a seguito dei Convegni di Studio dell’ottobre 2021 e marzo 2022. Predisposti i materiali. Ulteriori ricerche si impongono in merito alla cause discusse. Aggiornamento su www.istitutodelnastroazzurro.org/ comparto storia del Nastro Azzurro.

 IX/4/583 La richiesta di tesi per i Master in essere presso la Università degli Studi N. Cusano può essere integrata consultando il blog www.studentiecultori.blogspot.com. Il blog contiene tracce e titoli di tesi collegate a ricerche in essere presso il CESVAM. SI ricorda che il termine per la richiesta scade il pv. 30 settembre 2022.

IX/4/584 IL CESVAM, Centro Studi sul Valore Militare non può annoverare collaboratori  e tanto meno ricercatori che non abbiano nel proprio curriculum i titoli accademici previsti.

IX/4/585 La Collaborazione con Le Associazioni Combattentistiche e d’ Arma ed ASSOARMA prosegue nei termini già note, Informazioni su www.associazionismomilitare.blogspot.com

IX/4/586 La situazione in Europa dopo la crisi in Ucraina è presente sui blog geografici. In particolare su www.coltrinariatlanteeuropa.blogspot,com. Si sconsiglia la richiesta di tesi su questo argomento i quanto è di attualità ed ancora non si dispongono di materiali atti ad una ricostruzione accademica degli eventi, ma solo cronachistica.

IX/4/587 Ricerca per il Centenario. Titolo. “L’Albo d’Oro Nazionale”. Gli annuari dell’Istituto del Nastro Azzurro” editi dal 1923 ad oggi riportati tutti i decorati dal 1833 ad oggi. Raccolta, individuazione e acquisizione delle pubblicazioni ed edizione della Copertina e della nota introduttiva dell’annuario. In pratica si attuerà l’Albo d’Oro Nazionale su carta, integrante e propedeutico all’Albo d’Oro Nazionale digitale ragionato. La Ricerca è stata avviata sia sulle ricerche della Sig.ra Paola Tomasini iniziate nel 2021 e di quelle esposte in ambito CESVAM, sulla base del materiale raccolto a seguito dei Convegni di Studio dell’ottobre 2021 e marzo 2022. Predisposti i lineamenti per la individuazione della realizzazione complementare del programma di ricerca. Aggiornamento su www.istitutodelnastroazzurro.org/ comparto Ordini Cavallereschi

IX/4/588 Progetto 2020/1 “Le vicende dei Militari Italiani in Russia” Volume II “1942 L’avanzata nella steppa”. Completato il manoscritto 3. Il Volume III “1942. La conquista del Donbass”. Completato il manoscritto 4. Scelti i testi per i volumi n. 4 e n. 5 che sono stati tutti trascritti.

IX/4/589 Progetto Prigionia 2019/1. Il Volume IV dedicato alla Memoria, e nella fase del manoscritto 4. Contatti con la casa Editrice Nuova Cultura per la definizione del format.  Il Vol. VI e VII sono in fase di approntamento con la collaborazione del Dott Giorgio Madeddu e del Dott Salvatore Carta, per la versione in lingua tedesca

IX/4/590 Ricerca per il Centenario. Titolo. “Ettore Viola. Combattente, Politico, Fondatore dell’Istituto del Nastro Azzurro.”. La Ricerca è stata avviata in ambito CESVAM, sulla base del materiale raccolto a seguito dei Convegni di Studio dell’ottobre 2021 e marzo 2022. Consiste nella edizione digitale dei volumi “Vita di Guerra” è “Il Congresso di Assisi”. La edizione integrale della guida al Fondo Ettore Viola presso la Biblioteca del Senato della Repubblica e di una introduzione di Giancarlo Ramaccia sulla figura di Ettore Viola. Tutto il materiale sopra citato è stato acquisti. Si è entrati nella fase di stesura del manoscritto. Aggiornamento su www.istitutodelnastroazzurro.org/ comparto storia del Nastro Azzurro

IX/4/591 Il programma relativo alle CESVAM PAPERS è aggiornato sul www.storiainlaboratorio.blogspot,com, su www.associazionismomilitare.blogspot.com. Info: ricerca.cesvam@istitutonastroazzurro.org

IX/4/592 Ricerca per il Centenario. Titolo. “La Presenza in Italia ed all’Estero dell’Istituto del Nastro Azzurro”. Struttura ed analisi iconografica delle Federazioni, Sezioni e Gruppi aperti in Italia all’estero dal 1923 ad oggi. La Ricerca è stata avviata in Ambito CESVAM, sulla base del materiale raccolto a seguito dei Convegni di Studio dell’ottobre 2021 e marzo 2022. Dati relativi al continente asiatico e sud americano acquisiti. Mancano dati per l’Europa ed il Nord America. Aggiornamento su www.istitutodelnastroazzurro.org/ comparto storia del Nastro Azzurro

 

IX/4/593 Per l’invio degli articoli e note per la Rivista  QUADERNI si prega di utilizzare la email: quaderni.cesvam@istitutonastroazzurro.org. Gli articoli e le note devono essere sottoposti alla visione del Collegio dei Redattori per la eventuale pubblicazione

IX/4/594 La Rivista QUADERNI – Anno LXXXIII, Supplemento XXIII, 2022, n. 3 23° luglio - agosto 2022 è stata pubblicata ed inviata secondo la Main List aggiornata al 1 agosto 2022

IX/4/595. Progetto 2016/1 Dizionario minimo della Guerra di Liberazione. Compendio 1945.”  Si ricerca documentazione su; Divisione Partigiana Garibaldi Rimpatrio. Ragusa 1945. Ipotesi di invio della Divisione a Trieste, in appoggio alle forze alleate. info www. laguerradiliberazionelastoria. blogspot.com

IX/4/596. Ricerca per il Centenario. Titolo. “I Congressi dell’Istituto del Nastro Azzurro” 1923- 2023. Struttura ed analisi iconografica. La Ricerca è stata avviata in Ambito CESVAM, sulla base del materiale raccolto a seguito dei Convegni di Studio dell’ottobre 2021 e marzo 2022. Materiali raccoli per i primi 10 congressi. Iconografia disponibile. Per il mese di settembre ottobre si procederà alla raccolta del materiale per i congressi dal 13 al 22 e seguenti. Aggiornamento su www.istitutodelnastroazzurro.org/ comparto storia del Nastro Azzurro

IX/4/597. Progetto 2020/2 Ordinamenti. Il Volume dedicato al Quadro di Battaglia del Regio Esercito il 10 giugno 1940 è  stato inviato in tipografia sotto la data del 30 agosto 2022. Pubblicazione prevista per la fine del mese di settembre/metà ottobre

IX/4/598. Master di 1° Liv. in Storia Militare Contemporanea. La Sessione di Laurea Estiva, è fissata per la prima deca del mese di dicembre 2022 e si terrà, salvo imprevisti dell’ultima ora, in presenza.

IX/4/599. Ricerca per il Centenario. Titolo. “Le Corti d’Onore. Gli Statuti. I Regolamenti dell’Istituto del Nastro Azzurro”. Struttura ed analisi iconografica della componente giurisdizionale dell’Istituto dal 1923 ad oggi. La Ricerca è stata avviata in Ambito CESVAM, sulla base del materiale raccolto a seguito dei Convegni di Studio dell’ottobre 2021 e marzo 2022. Trascritti tutti i regolamenti Aggiornamento su www.istitutodelnastroazzurro.org/ comparto storia del Nastro Azzurro

IX/4/600 Prossimo INFOCESVAM sarà pubblicato il 1 novembre  2022. I precedenti numeri di Infocesvam (dal gennaio 2020) sono pubblica su www.cesvam.org e sul sito dell’Istituto del Nastro Azzurro/ comparto CESVAM.

 

sabato 10 settembre 2022

Un Episodio della Grande Guerra

Maria Luisa Suprani Querzoli

 

27 agosto 1917

Lo scoppio della polveriera di Sant’Osvaldo: coincidenze inquietanti

 

Il 27 agosto 1917 la Battaglia della Bainsizza (capace di risultati notevoli, seppur decisamente inferiori alle proiezioni del Comandante la II Armata) accenna a volgere al termine quando uno scoppio violentissimo getta nel panico l’intera città di Udine, sede del Comando Supremo:

 

[…] alle 11,19, mentre sto per entrare [al Comando Supremo], avviene una esplosione formidabile, che scuote tutte le case, rompe tutti i vetri, spacca tutti i tramezzi. […] La gente si getta fuori delle case, scarmigliata. La scena è impressionante. Le detonazioni si seguono con violenza e frequenza sempre maggiori. Sembra di essere fra un violentissimo bombardamento. […] Circolano le prime voci, che hanno qualche certezza: è scoppiata la polveriera di Sant’Osvaldo. Ci sono là 100.000 bombe, polveri, 40.000 quintali di fieno, i depositi di benzina di tutta la 2ª armata. È una cosa spaventevole.[1]

 

Il panico toccò il punto massimo all’idea (dimostratasi in seguito non veritiera) che anche i gas venefici presenti nei proiettili a liquidi speciali aleggiassero nell’aria.

Per numero di vittime e perdita di materiali la stima del danno appare subito grave.

 

Circola la voce che lo scoppio sia doloso. Gabriele D’Annunzio dice che a Roma è scoppiata l’altro ieri sera la polveriera di forte Appio, con un centinaio di morti. Ad Alessandria è successo suppergiù lo stesso.[2]

 

Il giornalista Rino Alessi, a differenza del colonnello Gatti, si interroga senza perifrasi: «[c]hi o che cosa ha fatto saltare la polveriera? Ecco il tragico interrogativo a cui forse nessuno risponderà lasciando nell’aria i più atroci dubbi. Altre polveriere sono saltate, come Lei forse sa, in altre parti della Penisola. Chi o che cosa le ha fatte saltare?»[3].

Il dubbio circa il dolo  assunse particolare consistenza ma – dato il frangente critico – non si ritenne opportuno far luce per evitare la ricaduta che l’emergere di verità destabilizzanti avrebbe potuto avere sul morale già incrinato dell’Esercito (e della Nazione).

In seguito si giunse alla conferma[4] dei sospetti che fin da subito circolarono.

Un incidente analogo (seppure di portata ben minore) si era già verificato in zona di guerra, circa dieci giorni prima.

L’XI Battaglia dell’Isonzo ancora non aveva avuto inizio quando, nell’area del XXVII Corpo d’Armata[5], lo scoppio di una bombarda[6] compromise la sorpresa con cui il Comandante d’Armata intendeva fiaccare il nemico in un tratto della fronte il cui presidio appariva rarefatto: l’intento principe che muoveva Capello tanto da fargli distorcere, nella sostanza, gli ordini ricevuti era costituito dalla soppressione del pericolo incombente da Tolmino, affidata appunto al XXVII Corpo.

Lo scoppio che si verificò in quel settore compromise quindi un elemento essenziale del piano lungimirante, lasciando indirettamente in vita i presupposti che avrebbero portato alla sconfitta dell’ottobre successivo.

La possente vittoria della Bainsizza mise a tacere tutto e sulle difficoltà incontrate dal XXVII Corpo d’Armata non si ritornò più di tanto, attribuendole esclusivamente (ed erroneamente[7]) al mancato impulso del generale Vanzo.

Esposte le premesse ci si può chiedere se anche l’incidente che interessò l’area del XXVII Corpo d’Armata (da valutarsi soprattutto nella portata delle sue conseguenze, capaci di decapitare l’intento di Capello e, indirettamente, di dare origine ai presupposti della sconfitta) era di matrice dolosa.

Il dubbio appare ragionevole.

Il computo delle responsabilità circa l’esito della XXII Battaglia dell’Isonzo  (computo a suo tempo teso più a trovare capri espiatori per tacitare gli animi che a far luce sulla verità storica[8]) non sarà completo se non quando, seppur a distanza di oltre un secolo, si risalirà ai mandanti di tali scoppi, la cui serrata successione appare tutt’altro che accidentale.



[1] A. Gatti, Caporetto. Dal diario di guerra inedito (maggio – dicembre 1917) (a cura di A. Monticone), Bologna: Il Mulino, 1964, pp. 194 – 195.

[2] Ivi, p. 196.

[3] R. Alessi, Lo scoppio della polveriera di Sant’Osvaldo, 27 agosto 1917, in Dall’Isonzo al Piave, Milano: Mondadori, 1966, p. 103.

[4] Cica le conferme inerenti al dolo cfr. G. Del Bianco, La guerra ed il Friuli, vol. 2 (Sull’Isonzo e in Carnia. Gorizia. Disfattismo), Udine: Del Bianco Editore, 2001.

[5] Il XXVII Corpo era allora comandato dal generale Augusto Vanzo, prima di essere sollevato dall’incarico (e sostituito con il generale Pietro Badoglio, comandante il II Corpo).

[6] Cfr. L. Capello, Note di Guerra, vol. II, Milano: Fratelli Treves Editori, 1921, p. 109.

[7] Anche sotto il comando di Badoglio il XXVII Corpo d’Armata continuò a confrontarsi con obiettive difficoltà (cfr. ibidem)  capaci di interferire negativamente  con gli obiettivi auspicati dal Comandante d’Armata (cfr. ivi, p. 113).

[8] Il riferimento è alla Relazione che concluse i lavori della Commissione d’Inchiesta istituita dal R.D. 12 gennaio 1918 n. 35.

giovedì 8 settembre 2022

Una data che non si dimentica

 


8 settembre 1943, la società italiana dopo l’armistizio

di

Valentina Trogu

 

L’Italia dell’8 settembre 1943 è un Paese allo sbando, abbandonato da quella stessa classe dirigente che appoggiando il Fascismo ha costretto gli italiani ad affrontare una seconda Guerra Mondiale sotto una dittatura cinica e incurante delle conseguenze di un evento terribile. La fuga del re e di tanti generali da Roma, l’esercito lasciato senza direttive, le ferite profonde inferte in venti anni di fascismo hanno contribuito a segnare una pagina nera della storia dell’Italia che, ancora oggi, è piena di dilemmi e incongruenze.

Nel giorno della vergogna, con l’annuncio dell’armistizio con gli Alleati si apre, però, la possibilità per gli italiani di dimostrare la volontà di prendere in mano il proprio destino cancellando venti anni di persecuzioni, violenza psicologica e autoritarismo. La popolazione è divisa in due; da una parte gli antifascisti decisi a smantellare le fondamenta dell’edificio fascista distruggendo l’intero sistema di valori e dall’altra parte gli italiani fascisti che faticano a scrollarsi di dosso la scuola della violenza, della sopraffazione e dell’intolleranza. Crescere tra incitazioni all’odio per il diverso, criminalizzazione del nemico, lealtà nei valori guida del culto della potenza significa interiorizzare una cultura di ostilità e di vendetta.

 

La confusione dilagante caratterizzerà i due anni successivi all’armistizio dell’8 settembre mentre il vuoto lasciato dalla fuga del re e dall’assenza di una guida politica e morale è alla base della guerra fratricida che durerà fino al 1945. La mancanza di ideali condivisi e delle regole civili di riferimento è deleteria per la società e l’unico strumento individuato come possibile via di fuga da questo dilagante senso di impotenza, di vergogna e di sbandamento è la lotta armata. La perdita di morale ossia di valori e ideali condivisi, infatti, crea il caos nel sistema sociale di riferimento.

La morale è alla base delle scelte dei comportamenti degli individui e viene stabilita partendo dalla realtà sociale e politica, dall’organizzazione economica e giuridica e dalle tradizioni di un Paese. Far propria una morale significa avvicinarsi agli altri, accettare le dinamiche che consentono ad una società di trovarsi in equilibrio e di evolversi perché l’agire è condiviso, accettabile e vincolante.

Il sociologo polacco Bauman parla del concetto di “persona” esprimendolo nell’ambito dell’interazionismo simbolico e sottolineando la presenza di una maschera che ogni individuo indossa nel momento in cui ricopre un ruolo per essere accettato dal gruppo.  L’insieme di tutte le maschere forma l’identità della persona stessa ma cosa accade quando i ruoli non sono definiti, quando non ci sono regole o valori specifici a definire l’azione?

La responsabilità morale verso il prossimo viene meno e per ritrovare sé stessi e il proprio Paese può essere necessario trasferire la ricerca della moralità in una guerra civile com’è accaduto quell’8 settembre 1943. Italiani fascisti e antifascisti si sono ritrovati ad interrogarsi sulle basi del contratto sociale mentre intorno aleggiava la tragicità di un conflitto visto come l’unico modo per scuotere tutta la popolazione e risvegliarla dal sogno fascista ormai naufragato spronandola ad affrontare le proprie responsabilità e a compiere scelte che avrebbero delineato il percorso futuro.

La definizione “contratto sociale” è stata suggerita da Jean Jacques Rousseau nel trattato filosofico e politico del 1762 come risposta all’esigenza di definire un modello politico di società che, nell’impossibilità di ritornare allo stato di natura primigenio e constatata la crisi in cui versa l’uomo moderno, garantisca la costituzione di uno Stato democratico e assicuri la tutela della libertà individuale di ciascuno.

Tutto nasce secondo Rousseau da due aspetti tra loro strettamente collegati; l’individualismo dei cittadini, da cui deriva l’origine del potere politico, e il contrattualismo inteso come l’idea che l’associazionismo politico non possa esistere senza la sussistenza di un accordo razionale e convenzionale in grado di superare la legge del più forte definita dal filosofo come “patto leonino”. Rousseau parla di un Io comune garante dei diritti e delle libertà individuali come collante del contratto sociale la cui natura associativa tende a risolvere la condizione di ineguaglianza instaurata tra gli uomini. Di conseguenza la possibilità di raggiungere un ordine sociale è in Rousseau strettamente collegata alla giustizia politica e ha un valore spiccatamente morale.

Dove manca la morale regna il caos e se, in più, si aggiungono venti anni di dittatura, di rinuncia ai sogni, di constatazione che l’annunciata fine della guerra in realtà non si tradurrà in fatti la società si dirige verso lo sbando più totale. Non è possibile alienarsi, distaccarsi dalle vicende e far finta che il compito di risolvere la questione sia degli altri. L’8 settembre segna l’inizio di un maggior coinvolgimento degli italiani nella definizione del futuro del Paese e nella ricostruzione di quella Patria che secondo lo storico Carlo Greppi era morta da un pezzo. Volenti o nolenti, tutti i cittadini sono stati chiamati a scegliere se combattere il nazifascismo oppure no, se abbracciare l’idea di una violenza difensiva considerata giusta per accelerare la fine del conflitto o attendere un’involuzione naturale che presto o tardi sarebbe arrivata.

Decisioni da prendere velocemente, decisioni da prendere in autonomia per i tanti soldati rimasti privi di una guida e di indicazioni su chi fosse il nemico da combattere; giovani uomini con armi in mano chiamati ad affrontare una guerra mettendo a repentaglio la propria vita per difendere i compagni, gli italiani e l’onore di una Patria che, alla fine, è stato calpestato da una classe dirigente che pensava unicamente agli interessi personali.

Con l’8 settembre abbiamo assistito alla perdita dell’onore politico ma non dell’onore militare; le scelte sbagliate non sono partite dai soldati che hanno accolto seppur con reticenza il ruolo di difensori dell’Italia assegnato loro ma dall’incapacità della classe dirigente di prendere le giuste decisioni a causa di una totale assenza di conoscenza della cultura militare. Le terribili conseguenze della Prima Guerra Mondiale non sono state sufficienti per non far ripetere l’errore di iniziare un conflitto senza gli strumenti idonei per affrontarlo limitando al massimo i devastanti effetti sul Paese e sui cittadini.

 La storia, ancora una volta, non è riuscita ad essere un esempio per la classe politica italiana e, purtroppo, vicende di un recente passato sembrano identificare questa incapacità di comprensione degli errori per evitare di ripeterli come una caratteristica intrinseca della nostra nazione.