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L'UNUCI per l'Umbria

Il Volume "La Divisione "Perugia" Dalla Tragedia all'Oblio" è disponibile in tutte le librerie. ISBN 886134305-8, Roma, 2010, Euro 20,00 pag. 329.



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martedì 20 dicembre 2022

Poesie dell Umbria Iacopo Zitelli II

 

La tradizzione

 

Ce lo sapevo dapermè, sìi chiaro, 1)
ch' er locale, pe fama, era un po' caro
ma accalamitava li romani,
cor piussùrtra de li piatti paesani
. 2)

Mo, a bervedé, cammiata la gestione, 3)
senza rispetto pe la tradizzione
,
la cucina moderna ha preso piede
e, damblé, j'è sparito lo stravède ! 4
)

Mentre faccio 'st'onesta rifressione,
m'ariccontava, er giovene padrone,
che aveva messo a novo 'sto locale
pe fanne un postarello origginale. 5)

Io j'arisponno, mentre smìccio er conto, 6)
co 'sto penziero che me sbotta pronto:
-- De tradizzione s'è sarvato er vezzo
de restà ne la storia, ma ... cor prezzo !
 7)

1 -...dapermé: da solo, per conto mio.
2 -...cor piussurtra: con il non plus ultra...
3 -...a bervedé...: a ben vedere.
4 -...e, damblé..: immediatamente, è sparito ogni motivo di meraviglia.
5 -...pe fanne...: per farne un posticino alla moda.
6 -...smìccio: sbircio.
7 -...de restà...: da restare negli annali della ristorazione...per i prezzi !



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Du' pesi e du' misure *

 

Un omo che va a caccia de 'n leone

se dice che lo fa perché è sportivo:

senza sforzamme de capì er motivo,

resto de stucco, pe 'st'affermazzione.

 

Poco perzuaso da 'sta spiegazzione,

che, francamente, pare un tentativo

de svicolà un discore impegnativo 1)

me vie' de sentenzià 'na concrusione,

 

perché quann' è un leone a caccià 'n omo

(e, ar solito, lo fa senza fucile) 2)

'ricìccia sempre er solito ber tomo 3)

 

che, co 'n raggionamento da cortile 4)

e un gnocco ne la voce ... 5)

ce spiega ch'è 'na berva e ch'è feroce !

 

* valutazioni ingiuste.

1 -...un discore...: un discorrere, una discussione più approfondita.

2 -...(e, ar solito...) : ironia per sottolineare la disparità di mezzi.

3 -...'riciccia...: sbuca sempre (da qualche parte) un saputello.

4 -...raggionamento da cortile: terra-terra, infantile.

5 -...e un gnocco...: singulto da foga emotiva.

27/06/2022.

(DCCCLXXVI - § )

 


sabato 10 dicembre 2022

Memorie dalla S. A. U. S. A. - FOLIGNO

 



Caserma Gen. Ferrante Gonzaga del Vodice

 97° Corso 1979 – 1980

Ten. Cpl Art. Pe.  Sergio Benedetto Sabetta

 

            Al mattino presto di un autunnale giorno di fine ottobre del 1979 con alcuni giorni di ritardo, concessi per un esame universitario, partii per Foligno.

            Mia madre si alzò presto per preparare la colazione e darmi gli ultimi indumenti, mentre mio padre finiva di vestirsi perché voleva accompagnarmi nel viaggio fino all’ingresso della Caserma.

            Fatta colazione e controllata la valigia la mamma mi seguì fino al pianerottolo, mi abbracciò forte, seguendoci con lo sguardo mentre scendevamo le scale, poi si affacciò al balcone e ci salutò.

            Il viaggio in ferrovia con la cartolina precetto seguì la via più breve, anche se più scomoda, con vari cambi che andavano da Genova a Pisa, da Pisa a Firenze, da Firenze via Arezzo a Foligno, lungo il viaggio non furono fatti lunghi discorsi, si guardava il panorama.

            Giunti a Foligno, la caserma era lungo il viale della stazione, con l’ingresso a poche decine di metri, ci avviammo verso di essa e al portone di ingresso mio padre si fermò, mi diede la valigia e ci salutammo, io giunto alla soglia del portone mi girai e prima di entrare lo guardai, lui alzò la mano in segno di saluto, mentre la sentinella mi salutava sull’attenti sibilando un “Son tutti…..tuoi!”.

            Dopo essere stato alloggiato come ospite per la notte nella batteria alpina, nel giorno dopo fui condotto al comando e dopo breve colloquio assegnato alla pesante.

            Mi trasferii presso la 3^Btr. dove mi fu assegnata la branda, venni portato al magazzino per la vestizione e consegnati i manuali di studio per le materie.

            La caserma, con un ampio cortile costeggiato da un alto porticato, era stata costruita negli anni ’70 dell’ ‘800 ed era stata sede di un reggimento di artiglieria ippotrainato.

            Le camerate, con un alto tetto a capanna, erano prive di riscaldamento, così come per i servizi dell’acqua calda, durante l’inverno le temperature scendevano a pochi gradi sopra lo zero.

            Si dormiva con guanti e passamontagna, la tuta da ginnastica sopra mutandoni e guanti di lana, con doppia coperta, nelle camerate si vedeva d’inverno l’alito condensare.

            L’acqua gelata al mattino dava una notevole scossa e l’idea di lavarsi il viso e fare la barba non attirava, poi una volta alla settimana venivamo portati di corsa in tuta da ginnastica, con asciugamano e sapone appresso, alle docce calde in fondo alla caserma; l’attraversare il cortile al freddo, soprattutto umidi al ritorno, non era piacevole e il correre era il solo sistema per scaldarsi, si capiva bene che il corso invernale era quello più temuto.

            Anche l’accesso alla mensa, nella parte più interna, avveniva attraverso due file sul cortile, l’una con tettoia per i “vecchi”, corso anziano, l’altro allo scoperto per i “pistri”, il corso nuovo, d’inverno si battevano i piedi e si alitava sulle mani, per non parlare se pioveva, allora tutti addossati al muro.

            Lo studio avveniva in camerata e nelle aule, tutte senza riscaldamento, l’unico posto riscaldato era lo spaccio in cui ci si rifugiava e si indugiava, magari con la dispensa in mano, ma lo spazio era piccolo e più di tanto non si poteva.

            Vi era tuttavia una convenzione per noi allievi ufficiali con una società culturale folignate dotata di biblioteca, sala per la televisione e bar, ambienti riscaldati, vi era affollamento alla libera uscita con i libri per leggere al caldo, altro punto caldo era fare cena presso qualche pizzeria.

            Una di queste era poco lontana sia dalla caserma che dalla stazione, frequentata da ferrovieri, era piccola e si aspettava in fila fuori per entrare, si mangiava appollaiati su sgabelli con viso al muro ma vi era il caminetto per la cottura di pizze, focacce, uova strapazzate e salsicce.

            Mentre la fiamma allegramente scoppiettava alimentata da legna, noi si osservava bevendo un bicchiere di vino umbro e aspettando la cottura, il proprietario nel frattempo mentre infornava scherzava con due donne sue parenti, mantenendo allegra l’atmosfera, talvolta per non uscire si ordinava due volte, fuori era gelato e rientrare in caserma prima del dovuto rattristava.

            I servizi erano di vari tipi e andavano dalla pulizia delle camerate, alla pulizia dei cortili e della mensa, al servizio di piantone, caporale e sergente di giornata.

            Il più noioso era la pulizia dei cortili in autunno, durante la caduta delle foglie dei platani, di cui erano ricco il cortile e le sue adiacenze, ogni folata di vento portava per il cielo e per tutta la caserma una miriade di foglie gialle e marroni che dovevano immediatamente essere raccolte.

            Era un continuo correre con un carretto e due scope di saggina da un punto all’altro della caserma, mentre gli ufficiali di giornata continuavano ad indicare i vari accumuli che si formavano, una vera ossessione senza fine.

            Una cosa del tutto diversa le guardie che si dividevano in due tipi, in caserma ed esterne, presso la polveriera di Uppello e il deposito NBC di Scansano, a parte era la ronda che usciva dalla Caserma insieme con gli allievi e gli artiglieri della Batteria Comando Servizi nella libera uscita, per rientrare con loro.

            La guardia in caserma era quella più stretta e consisteva sia nella guardia in altana che la ronda interna, la prima era la più sgradevole in quanto durante l’inverno si doveva stare fermi al vento, ma era nota una leggenda, che passava di corso in corso, secondo cui di notte da una delle altane si poteva vedere dalle finestre dei caseggiati di fronte una bella donna che si spogliava prima di andare a letto. E’ inutile dire che nessuno l’aveva mai vista ma ad ogni corso c’era chi giurava di averla ammirata, circostanza che spingeva gli allievi a salire in altana nel freddo della notte invernale, speranzosi e vigili per il premio promesso.

            Tuttavia le guardie preferite erano il deposito NBC di Scansano e la polveriera di Uppello. Il deposito di NBC erano dei capannoni non molto grandi su cui si vigilava la notte, essendovi di giorno delle guardie giurate, mediante delle ronde, durante le quali si parlava della vita di caserma, dei colleghi, dei superiori, ma molto della famiglia e  della propria terra, per finire talvolta a guardare la volta celeste, scura ma piena di stelle, chiedendoci chi vi fosse lassù, cercando di individuare le costellazioni e la scia della Via Lattea, sognando di andare verso l’infinito.

            Ancora più solitaria la guardia alla polveriera di Uppello, una valletta vicino a Foligno circondata da boschi di basso arbusto, con un torrentello su un lato le cui bianche acque mormoravano tenendo compagnia nelle lunghe solitarie ore notturne di guardia, quando si girava avanti e indietro all’interno della doppia recinzione su scoscesi sentieri di pietra.

            Tirava un gelido vento dai monti circostanti che si infila ululando nella valletta, si sentivano talvolta il fruscio di volpi o cinghiali e, immediatamente, si impugnava il fucile nervosamente, aspettando nella penombra delle luci gialle dei fari illuminanti la recinzione chissà quali assalitori, era il tempo del terrorismo.

            In lontananza sul monte, oltre il torrente una misteriosa luce, era l’Abbazia di Sassovivo avvolta nell’oscurità del bosco, con sopra una corona di stelle,  si cercava di leggere lo sciame della Via Lattea, mentre si immaginava la vita di coloro che  vivevano nell’Abbazia.

            La guardia alla polveriera aveva il pregio per noi allievi di rimanere isolati per un giorno intero, da sera a sera, senza superiori se non il comandante della guardia e di essere riforniti in cucina di ogni bene, arrivavano ceste di pane e arance, bottiglie di rosso di Montefalco, gallette, salumi e biscotti.

            Più noiosa la ronda, costituita da un caporale e due allievi, doveva girare per le strade della città per tutta la sera con possibilità di accesso ai locali pubblici per controllo, finiva spesso per riposarsi, con la scusa di un controllo, al cinema dove si sedeva nell’ultima fila al buio, si guardava parte del film e prima che si accendessero le luci usciva.

            Le lezioni dal lunedì al venerdì erano generalmente di 45 minuti per diciotto materie teorico-pratiche, il sabato mattina pulizia del pezzo o delle armi, in alternativa educazione fisica.

            Gli artiglieri alpini avevano in aggiunta la guardia ai muli, dovevano pulire controllare e dare da mangiare ai muli della batteria, un servizio che veniva talora affibbiato per punizione. Un giorno vedemmo un mulo, con una coperta sulla groppa, girare per il cortile accompagnato dal conduttore, alla nostra meraviglia ci fu risposto che aveva una polmonite e il veterinario aveva suggerito di farlo muovere per superare la costipazione polmonare, pochi giorni dopo venimmo a sapere che era morto.

            Le materie formative generali erano le seguenti:

Arte Militare;

Tiro – Armi;

Lezioni di tiro;

Addestramento NBC;

LCB – Mine;

Topografia;

Formazione del Comandante;

Regolamenti;

Scuola Comando;

Addestramento individuale al combattimento;

Addestramento di Pattuglia.

 

Le specifiche d’Arma erano:

Tiro;

Trasmissioni;

Impiego di Artiglieria;

Materiale di Artiglieria;

Servizio al pezzo;

Esercitazioni applicative di tiro e di trasmissioni;

Esercitazioni topografiche, esterne e a fuoco.

Ogni sei settimane eravamo sottoposti ad accertamenti scritti ed orali, nel caso di esame orale nel cortile, ai piedi della camerata, venivamo inquadrati e marciando condotti al comando posto sopra l’ingresso della caserma.

Giunti al comando si rompevano le righe e, salite le scale, attendevamo in riga sul corridoio la chiamata nominativa, al che si entrava e messi sull’attenti ci si presentava, l’ufficiale esaminatore seduto dietro la scrivania, mentre compilava la nostra scheda poneva le domande, noi, messi a riposo, ad ogni domanda scattavamo sull’attenti e con lo sguardo fisso in avanti si rispondeva.

Quando tutti eravamo stati esaminati, nuovamente inquadrati sul cortile, si tornava marciando alle camerate.

Il fine settimana era il momento o delle 48 ore di licenza breve o delle lunghe libere uscite, che ci permettevano di visitare le località umbre del distretto militare, senza uscire dai confini indicati.

Assisi, Spello, Trevi, Le fonti del Clitumno, Spoleto, Perugia e Gubbio erano visitate la Domenica, mentre viaggi notturni venivano affrontati per usufruire al massimo della licenza breve.

La prima licenza concessami fu imprevista, lo seppi il venerdì mattina e partii senza poter avvertire i miei genitori, non vi erano cellulari allora, viaggiai tutta la notte e al mattino presto mi presentai alla porta di casa. Erano passate solo tre settimane, mio padre, carabiniere in congedo, si spaventò pensando che mi fossi allontanato senza permesso, mia madre mi abbracciò felice.

Nell’appoggiare la valigetta in camera notai il letto sfatto, senza coperte e lenzuola, con il solo materasso e cuscino senza federa, mi diede un senso di abbandono, come se non dovessi più ritornare, la mamma, classe 1918, cresciuta nei primi trent’anni della sua vita in un clima di continua guerra, riviveva la mia partenza come un richiamo preparatorio per una possibile nuova guerra.

Passava le giornate, come le avrebbe passate durante il mio servizio di prima nomina ad Elvas (Brixen), zone della Grande Guerra, a cucire e fare la maglia di lana seduta presso il telefono, aspettando le mie chiamate o l’eventuale scampanellata del postino.

Durante la breve licenza mi portai la dispensa sulle Trasmissioni, materia su cui ci  sarebbe stata l’esercitazione al mio rientro, che studiavo nelle ore di viaggio e nella sera tra sabato e domenica.

Nel viaggio di ritorno, con nella valigia gli indumenti invernali, visto il clima continentale, partendo il pomeriggio di domenica, arrivato verso le 24,00 a Torontola in Umbria, non vi era fino alla mattina alle 6,00 un locale per Foligno, tuttavia davanti alla stazione abitava una signora che affittava le camere per la notte, mi fu indicata la casa dai ferrovieri.

Suonai e mi fu aperto da una signora anziana, dai capelli tutti bianchi, mi presentai e lei mi condusse ad una piccola stanza disadorna, nel pagare le chiesi per la sveglia e lei gentilmente mi rispose che mi avrebbe chiamato verso le 5,00, come puntualmente avvenne, quando sentii bussare alla porta.

Il treno locale arrivava verso le 7,00, giusto in tempo per entrare in Caserma, depositare la valigia in camerata, indossare la mimetica e rispondere all’appello.

Venne il giorno del giuramento, provammo per settimane tutti i pomeriggi, compreso il sabato mattina, la marcia e le manovre perché lo stile fosse perfetto, arrivarono le autorità e i familiari, tutti dovevano rimanere soddisfatti e ammirati dall’ordine e dalla disciplina.

I miei genitori partirono la sera prima e alla mattina erano all’ingresso della Caserma e dal palco dei familiari, con le autorità, assistettero orgogliosi alle manovre, alla lettura della formula del giuramento e al grido di risposta degli allievi.

La mamma era emozionata, papà, quale ex militare, orgoglioso del figlio che, con il filetto d’oro da allievo ufficiale e guanti bianchi, aveva sfilato davanti alle autorità e giurato, ancor più quando alla mensa durante il pranzo di ricevimento il Colonnello Comandante la caserma si era seduto al nostro tavolo pranzando e conversando con noi. Per papà abituato ad obbedire agli ordini e al distacco dei superiori, era come una promozione sociale dopo 40 anni di servizio.

Quattro mesi dopo, quando assistemmo al giuramento del nuovo corso, partecipai alla sfilata come corsista anziano, purtroppo avevo la febbre per un ascesso ma, non volevo marcare visita, marciai e rimasi inquadrato sul cortile durante tutta la cerimonia, finché mi sentii svenire e prima di cadere uscii dalla fila da dietro per andare verso la camionetta del medico militare che mi ricoverò in infermeria, fui ripreso per la mia testardaggine.

Arrivò il giorno, nel dicembre del ’79, che fummo invitati per la guardia al Quirinale, dopo le esercitazioni, il controllo degli equipaggiamenti e le raccomandazioni varie, al mattino partimmo verso Roma dove al pomeriggio venimmo inquadrati nel cortile di servizio in due sezioni, la prima destinata alla Guardia del Quirinale, la seconda come Guardia d’Onore in caso di visite di autorità straniere, fui inquadrato nella seconda sezione.

Con la bandiera in testa uscimmo marciando al suono della fanfara dal portone di servizio, risalendo la strada, tra i passanti incuriositi, entrammo dalla parte delle scuderie del Quirinale sulla piazza antistante al Palazzo e per il portone principale entrammo nel Cortile d’Onore, dove ci aspettava la guardia smontante.

            Da dietro le finestre sul cortile si vedevano delle ombre che ci osservavano , erano gli ufficiali aiutanti di campo e di Stato Maggiore che controllavano le corrette modalità del cambio della guardia, il nostro comandante Capitano Arteritano, ci aveva avvertito prima della parata.

Noi, della seconda sezione, finita la cerimonia del cambio della guardia, salutati dalla Guardia Presidenziale, ci allontanammo attraverso uno stretto corridoio verso il cortile di servizio, da cui un pullman ci portò alla Cecchignola, a disposizione.

Il pomeriggio del giorno seguente la cerimonia si invertì, vennero a darci il cambio i cadetti dell’Accademia della Marina Militare di Livorno.

Entrarono vestiti di blu, con guanti, cinturoni e copri scarponi bianchi, a passo lento e ben distanziati, si udiva il ticchettio sul  selciato dei loro tacchi ferrati, noi uscimmo stretti, nelle nostre divise grigio-verdi, in formazione serrata dal portone principale con la bandiera della Scuola di Artiglieria, davanti ad una piccola folla radunata in piazza sotto i Dioscuri.

Finalmente, superate le varie prove, venne il giorno dell’esame finale di tiro, arrivammo con l’obice da 203 a Monte Romano e noi della Pesante preparammo la piazzola e i falsi scopi, mettemmo il carro comando per il giorno successivo, il Vice Comandante S. Ten. Cesaretti, ci ordinò di portare sempre l’elmetto durante i tiri, solo lui avrebbe portato il basco quale gesto scaramantico, in quanto non indossava l’elmetto il giorno in cui aveva per la prima volta  aperto il fuoco di artiglieria, ma tra chi maneggia esplosivi tali gesti sono comuni.

Fui assegnato alla II^ tavola di tiro per il controllo dei dati calcolati dai colleghi preposti alla tavola principale di tiro, prima che questi venissero trasmessi al pezzo per il loro inserimento e tiro, alla mattina prima di aprire il fuoco ciascuno scrisse su una granata con il gesso un nome di donna.

Finiti i tiri e abilitati all’acquisizione del brevetto da ufficiale, andammo alla sera in paese dove presso una trattoria festeggiammo e il padre di un nostro collega, venuto appositamente da Roma, pagò il vino dei castelli per tutti, tanto che allegri intonammo all’arrivo dei nostri ufficiali la canzone degli artiglieri, “Caro pistrino”.

Rientrati a Foligno venne il momento della nomina e dell’assegnazione, il giorno stabilito fummo radunati davanti al comando ed uno alla volta chiamati per la consegna dei documenti.

Solo il primo decimo della graduatoria poteva scegliere, gli altri erano assegnati d’ufficio, la sede più temuta per noi della Pesante era Elvas, 1° Gr.A.Pe. – 3^ Brig. Missili, su un altopiano a 600 m. sopra Brixen, in territorio Sud Tirolese di madre lingua tedesca, a 30 Km. dal confine austriaco, in zona operativa al confine con la cortina di ferro, vicino alla “soglia di Gorizia”.

Prima di salire il Vice Comandante, S. Ten. Cesaretti, mi apostrofò “Sabetta, non se lo meritava proprio, ma non si preoccupi è in buona compagnia”, salito, entrai nella stanza e sull’attenti mi fu consegnata la destinazione: “Elvas”, la nomina sarebbe arrivata dopo.





Sceso i colleghi, informati, mi guardavano tra lo stupore, la commiserazione e la soddisfazione per il mancato pericolo, seppi che con me era stato assegnato l’allievo De Gregorio di Catania, ci fu anche chi avvicinatomi e data una pacca sulle spalle con fierezza mi disse “Siamo tutti fieri di te!”.

L’ultimo giorno, salutati tutti, con lo zaino sulle spalle e lo zaino-valigia, dove era legata la sciabola, in mano presi il treno per Genova, avevo con me una licenza di 15 giorni, in cui sarebbe stata perfezionata la nomina e la cartolina di destinazione con il biglietto ferroviario di andata via Milano, Verona, Trento per Elvas.

All’arrivo il pomeriggio alla stazione di Genova Principe, scesi dal treno ma ero in coda e quindi mi ritrovai nella galleria, la mamma e papà che aspettavano non mi vedevano scendere, finché uscii dalla galleria, la mamma mi corse incontro a braccia tese e mi abbracciò, forse pensava e ricordava i tempi della guerra, quando le donne e i padri aspettavano il ritorno dei reduci.

mercoledì 30 novembre 2022

Poesie dell'Umbria Iacopo Zitelli I

 

La Festa de San Giovanni

(la notte delle streghe)

 

Finattanto che ronfa er Nocchilìa, 1)

a San Giovanni è notte de maggìa

e li romani fanno tutti a gara

a sonà campanacci e a fa' cagnara 2)

 

de modo che le streghe in compagnia

de li diavoli fanno tela ... e via, 3)

tanto che in celo co la luna chiara

se ne pònno smiccià 'na pipinara. 4)

 

Da un cantoncello, ne l'oscurità

se invola 'no stornello de 'na vorta,

pe la cantata de 'n carciofolà 5)

 

ma, fra lumache e vino ... de Pisciano, 6)

finisce sempre che, pe falla corta,

se torna a casa co le braghe in mano !

 

1 -...er Nocchilìa: figura fantasiosa nata dalla fusione di due profeti, Enoch ed Elia che dorme sotto la Scala Santa, proprio sulla piazza di san Giovanni in Laterano e che comparirà per combattere l'apparizione dell' Anticristo.

2 -...fa' cagnara: fare un chiasso indiavolato.

3 -...fanno tela ... e via: scappano.

4 -...se ne pònno: se ne possono sbirciare una grande quantità.

5 -...carciofolari: cantori e suonatori, spesso abruzzesi, che si esibivano come stornellatori nelle sagre e nelle feste patronali.

6 -...fra lumache: cucinate per la festa nei pentoloni, sulla piazza.

6 -...vino de Pisciano: vino di pessima qualità ... lo dice già il nome  .!

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Er catacrìsma

Un asteroide vola, a scrucchià er monno, 1)
a settanta chilometri ar seconno
e, si l'omminità nun ce provede,
ar monno nu' je resta gnente in piede. 2)

Puro si me la squàjo e m'annisconno,
nu' scanzo er catacrisma furibbonno,
percui, je fo' la posta: resto assede 3)
e butto 'n occhio a quelo che succede.

Pe zazzà in pompa magna, ar gran finale, 4)
(si propio la dovemo fa' fenita)
m'attizza 'sta serciata ... siderale: 5)

'na svorticata e un botto, a tempo e loco 6)
è mejo che abbozzà tutta 'na vita
e spippà pe le tasse, appoco appoco. 7)

1 -...a scrucchià: a colpire con violenza.
2 -...in piede: in dialetto si usa il singolare (es. le mano).
3 -...je fo' la posta: sorveglio l'evento.
4 -...pe zazzà...: per fare lo smargiasso solennemente.
5 -...m' attizza...: mi eccita questa sassata...
6 -...'na svorticata: un vortice improvviso...quando sarà.
7 -...spippà: schiattare, morire.


lunedì 21 novembre 2022

Bollettino del Centro Studi sul Valore Militare - CESVAM - dell'Istituto del Nastro Azzurro

 

INFOCESVAM

BOLLETINO NOTIZIE DEL CENTRO STUDI SUL VALORE MILITARE

centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org

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ANNO IX, 33/34, N. 5, Settembre - Ottobre, 1 novembre 2022

IX/5/600 La decodificazione di questi numeri è la seguente: IX anno di edizione, il mese di edizione di INFOCESVAM, 576 il numero della comunicazione dal numero 1 ad oggi. Il presente Bollettino svolge anche la funzione di informazione “erga omnes” dello stato, sviluppo e realizzazione dei Progetti dell’Istituto del Nastro Azzurro. L’ultima indicazione aggiorna o annulla la precedente riguardante lo stesso argomento.

IX/5/601 – Dato il Visto si stampi data 31 ottobre 2022 al volume “Il Quadro di Battaglia del Regio Esercito Italiano – 10 giugno 1940 a cura di Massimo Coltrinari e Luigi Marsibilio

IX/5/602 – Il progetto dedicato ai 40 anni dalla Missione in Libano ha raggiunto la prima fase. È stato predisposto l’Indice e articolazione del Volume. Per il CESVAM, oltre a Direttore, il responsabile esecutivo scientifico è il gen Antonio Trogu

IX/5/603 – Il Calendario Azzurro del 2023, del Centenario, sarà presentato l’8 novembre 2022 alle ore 19 al Museo dei Granatieri, Roma. Interverranno oltre al Presidente Nazionale, il Socio Mirabella. Per il CESVAM, Giancarlo Ramaccia.

IX/5/604 Il Dott. Daniel Vignola, per il Master di 1° Liv in “Storia Militare Contemporanea 1796- 1960 ha predisposto la tesi dal tema ““Gli errori del Piano Schlieffen e il peso del mancato apporto italiano”. La tesi sarà discussa nella sessione di laurea invernale (dicembre 2022)

IX/5/605. Il Presidente della Federazione di Asti Marco Montagnani ha presentato ed avviato una ricerca sulla vicenda del “Conte Rosso”. Al momento si stanno predisponendo i dettagli per la predisposizione del manoscritto n. 1

IX/5/606 Il Dott. Salvatore Domenico Vasapolli, per il Master di 1° Liv in “Terrorismo e Antiterrorismo Internazionale. Obiettivi, Piani e Mezzi” ha predisposto la tesi dal tema “Terrorismo Internazionale e Dispositivo integrato di Sicurezza: verso un’agenzia europea di Intelligence.”. La tesi sarà discussa nella sessione di laurea invernale (dicembre 2022)

IX/5/607 Glossario 1945 per il Dizionario minimo della Guerra di Liberazione 1943 -1945. Alla data del 1 novembre ha raggiunto i 824 lemmi dei 1000 previsti. Il ritardo è dovuto alla sovrapposizione con i lemmi dei glossari precedenti e per le ulteriori ricerche svolte in merito alle decorazioni degli Stati europei in tema di resistenza.

IX/5/608 Il Dott. Daniele Muzzioli, per il Master di 1° Liv in “Terrorismo ed Antiterrorismo Internazionale. Obiettivi, Piani e Mezzi” ha disposto la tesi dal tema “Dal terrorismo al conflitto ibrido: l’evoluzione militare di ISIS”. La tesi sarà discussa nella sessione di laurea invernale (dicembre 2022)

IX/5/609 La Dott.ssa Jessica Zanata, per il Master di 1° Liv. in Terrorismo ed Antiterrorismo internazionale. Obiettivi, Piani e Mezzi, ha predisposto una tesi dal tema “Narcoterrorismo in Messico”. La tesi sarà discussa nella sessione di laurea invera

IX/5/610 Il Volume dedicato alla storia delle compagnie telegrafiste nella Prima Guerra Mondiale di Monica Apostoli è giunto alla fase del manoscritto 3. Attualmente la bozza è alla attenzione del Collegio dei redattori.

IX/5/611 Il Dott. Alessandro Ciolli, per il Master di 1° Liv in “Storia Militare Contemporanea 1796- 1960 ha predisposto la tesi dal tema “La Battaglia di Adua”. La tesi sarà discussa nella sessione di laurea invernale (dicembre 2022)

IX/5/612. Albo d’Oro Nazionale dei Decorati al Valor Militare. Il Dott. Roberto Orioli partecipa allo studio di fattibilità per la predisposizione della scheda di immissione dati. I lineamenti predisposti nel mese di agosto sono stati aggiornati con l’accoglimento del campo dedicato all’Ordine Militare di Savoia, oggi Ordine Militare d’Italia.

IX/5/613 Il Dott. Gianlorenzo Capano, per il Master di 1° Liv in “Storia Militare Contemporanea 1796- 1960 ha predisposto la tesi dal tema “La Battaglia di Maida – 4 luglio 1806”. La tesi sarà discussa nella sessione di laurea invernale (dicembre 2022)

 IX/5/614 Le ricerche dedicate alla Prigionia in Africa Orientale nel secondo conflitto mondiale sono terminate ed è stato predisposto il manoscritto n. 1 del Volume Primo. Oltre al direttore, partecipa il Dott. Giovanni Riccardo Baldelli. Il Volume sarà diviso in due parti la prima dedicata alla organizzazione dell’A.O. I la seconda dedicata alle operazioni 1940-1941 in Africa Orientale.

IX/5/615 Il Dott. Stefano Ciolli, per il Master di 1° Liv in “Terrorismo e Antiterrorismo Internazionale. Obiettivi, Piani e Mezzi”, ha predisposto la tesi dal tema “Hezbollah: Movimento e Partito Islamico sciita.”. La tesi sarà discussa nella sessione di laurea invernale (dicembre 2022)

IX/5/616 – Compendio 1945 del Dizionario minimo della Guerra di Liberazione è arrivato al manoscritto n. 4. Predisposte tutte le fasi di editing, comprese le illustrazioni. Oltre al Direttore, partecipa Osvaldo Biribicchi, associato al CESVAM dal 2015.

IX/5/617 Il Dott. Giancarlo Bianco, per il Master di 1° Liv in “Storia Militare Contemporanea 1796- 1960 ha predisposto la tesi dal tema “Gettysburg”. La tesi sarà discussa nella sessione di laurea invernale (dicembre 2022)

IX/5/618 Il Cesvam in tutte le sue componenti esprime le più sincere condoglianze ad Angela e a Lui per la morte dei loro rispettivi Padri.

IX/5/619 Il Dott. Di Lorenzo, per il Master di 1° Liv in “Terrorismo e Antiterrorismo Internazionale. Obiettivi, Piani e Mezzi”, ha predisposto la tesi dal tema “Spionaggio e Contro spionaggio durante la prima guerra mondiale. Analisi e Considerazioni.”. La tesi sarà discussa nella sessione di laurea invernale (dicembre 2022)

IX/5/620. Il n. 4 Ottobre . Dicembre 2022 della Rivista QUADERNI è in Stampa. Entro il mese di novembre 2022 si predisporrà il n. 1 del 203 dedicato al Centenario della fondazione del Nastro Azzurro

IX/5/621 Il Dott. Fabio Lombardelli, per il Corso di perfezionamento e Aggiornamento Professionale in “Terrorismo e Antiterrorismo Internazionale. Obiettivi, Piani e Mezzi”, ha predisposto la tesi dal tema “L’Intelligence delle Fonti Umane per il contrasto alla minaccia terroristica a difesa della Sicurezza nazionale”. La tesi sarà discussa nella sessione di laurea invernale (dicembre 2022)

IX/5/622 Il Dott. Francesco La Greca, per il Corso di aggiornamento e perfezionamento professionale, ha preparato la tesi dal tema “La Criminalità organizzata e relazione sulla politica dell’Informazione e per la sicurezza. “La tesi sarà discussa nella sessione invernale (dicembre 2022)

IX/5/623. Il Dott. Antonio Vigliano, per il Master di 1° Liv in “Terrorismo e Antiterrorismo Internazionale. Obiettivi, Piani e Mezzi”, ha predisposto la tesi dal tema “Human Intelligence e Virtual Intelligence. Analisi e prospettive.”. La tesi sarà discussa nella sessione di laurea invernale (dicembre 2022)

IX/5/624 Il Dott. Stefano Davide Restuccia, per il Master di 1° Liv in “Politica Militare Comparata dal 1945 ad oggi. Dottrina, Strategia, Armamenti  ha predisposto la tesi dal tema “Esercito Europe. Ipotesi e Prospettive”. La tesi sarà discussa nella sessione di laurea invernale (dicembre 2022)

IX/5/625 Prossimo INFOCESVAM sarà pubblicato il 1 gennaio 2023. I precedenti numeri di Infocesvam (dal gennaio 2020) sono pubblicati su www.cesvam.org e sul sito dell’Istituto del Nastro Azzurro/ comparto CESVAM.

 

mercoledì 9 novembre 2022

Influenze della popolazione sugli equilibri internazionali

 

Demografia e contratto matrimoniale

nell’influenza sull’attuale crisi geo-strategica globale

Ten. Cpl. Art. Pe. Sergio Benedetto Sabetta

 

Darwin prima di impegnarsi inserì in una lista i pro e i contro all’impegno matrimoniale, solo dopo attenta valutazione si decise al passo ritenendo prevalenti i vantaggi.

L’attuale crisi globale, di cui la guerra Russo – Ucraina non ne è che una espressione, è anche una crisi demografica e culturale, oltre che economica e militare.

Dobbiamo considerare che fino all’età romantica il matrimonio corrispondeva a due funzioni precise: la trasmissione dei patrimoni e dei poteri derivanti, come conseguenza di alleanze matrimoniali, nonché la certezza e legittimazione della discendenza, tanto che l’affermazione generalizzata dei cognomi è una conquista dell’età moderna, essendo altrimenti riservata alle classi superiori dei possidenti.

Solo a partire dal romanticismo, con l’affermarsi dell’età borghese, si introduce il  terzo elemento del sentimento amoroso e si codifica il fidanzamento quale periodo vigilato di prova.

Si favorisce in tal modo la democratizzazione del matrimonio stesso, il rimescolamento di carte, dobbiamo considerare che uno Stato forte ha alla sua base il nucleo saldo e gerarchizzato della famiglia, così nell’antica Roma come nello Stato etico del XIX e prima metà del XX secolo.

La famiglia ha anche un’altra funzione derivante dall’essere un nucleo di produzione e accumulo, tanto economico che di forza lavoro, essa diventa quindi elemento portante dell’attività agricola, commerciale ma anche della fabbrica nella prima rivoluzione industriale, fino a trasformarsi nell’elemento motore nell’iniziale crescita consumistica.

L’aspetto economico si intreccia strettamente dal XVI secolo con l’altro aspetto politico – amministrativo del controllo, nasce dalla necessità sia dalla formazione dello Stato moderno che della Controriforma, infatti i primi registri dello stato civile vengono impiantati nelle parrocchie dove si crea una fitta rete burocratica.

Giuridicamente risulta essere pertanto un contratto di fornitura di  servizi, che si voleva a tempo indeterminato salvo eccezioni controllate dal potere, quello che il Romanticismo introduce è il riconoscimento dell’aspetto affettivo, il quale ne qualifica il contratto sollevandolo dal rapporto puramente economico e introducendolo nel più complesso rapporto della personalità, secondo l’autentico dettame evangelico.

La modernità ha lentamente scisso i due aspetti, l’allungamento della vita e la rapidità dell’evoluzione sociale ha completato l’opera, la leggerezza dell’essere ha determinato l’instabilità affettiva, è rimasto il contratto.

La crescente autonomia sia finanziaria che culturale della donna, oltre che alla parallela perdita dei ruoli e alla indeterminatezza sociale che ne deriva, attraverso una serie di rivendicazioni di diritti, ha creato una crisi culturale favorita ed ampliata dai nuovi mezzi di comunicazione e dalla serie di crisi finanziarie che si sono succedute dalla fine della Guerra Fredda.

E’ cresciuto pertanto il rischio che il matrimonio comunque comporta come una qualsiasi altra attività umana, dobbiamo considerare che il rischio si realizza quando ad ogni decisione è associata una molteplicità di conseguenze, a ciascuna delle quali corrisponde un particolare “stato del mondo”, i quali si escludono a vicenda, in questa situazione il singolo decide l’attribuzione di determinate probabilità ai possibili singoli “stati del mondo”.

Se il soggetto è cosciente dell’esistenza dei singoli “stati del mondo” ma non è in grado di attribuire delle probabilità, si ha il fenomeno della decisione in condizione di “incertezza”.

Alcuni autori, come Lindley, rifiutano tale distinzione, ritenendo esistente un solo tipo di incertezza, misurabile come “probabilità” che riflette i gradi di fiducia sui vari “stati del mondo”, con una coerenza tra criteri di scelta e gradi, tali criteri si possono riportare all’utilità attesa, che può allargarsi fino a ricomprendere il concetto soggettivo di “qualità della vita”.

Vi sono tuttavia autori che tendono a restringere il concetto di rischio ai casi in cui la probabilità è fondata su base statistica, per tale via viene rifiutata la distinzione tra rischio e incertezza (Shackle, Knight).

Vi è pertanto un allargarsi del rischio contrattuale che diventa rischio di vita, con il conseguente rifiuto del contratto matrimoniale, sì che viene a prevalere sull’aspetto emotivo, si tentano quindi gli accordi prematrimoniali, coscienti del puro aspetto economico e dei soli riflessi sociali che il matrimonio viene ad acquistare.

La decrescita demografica che segue la crisi matrimoniale già verificatasi storicamente in altre epoche, come nell’età augustea, è un riflesso della microeconomia che l’individuo sperimenta, la crescente conflittualità nelle relazioni intra-familiari, la perdita di rilevanza produttiva, assicurativa e socio simbolica dei figli, riduce gli stessi a puro costo, sono le pressioni sociali che ne determinano il valore e si impongono sul desiderio di persistere in essi che l’individuo pone, un desiderio di potenza eliminato dal rischio economico e relazionale che il modello socio-economico trionfante contiene.

Microeconomia e macroeconomia entrano in conflitto, la crisi matrimoniale, premessa della crisi demografica, se risulta funzionale all’attuale sistema economico e sociale, ne mette tuttavia in risalto le problematiche fondate su una continua espansione dei consumi, sia nel senso negativo di sottrazione delle risorse del pianeta che positivo di consumo delle merci.

A questo si oppone una esplosione demografica in altre aree del pianeta, per lo più sottosviluppate, dove gli interventi anche delle grandi associazioni benefiche risultano alquanto settoriali e tendono, talvolta, a creare ulteriori squilibri.

Vi è quindi una spinta demografica verso le aree più ricche, con crescenti conflitti per le difficoltà di integrare culture diverse e il conseguente sbando delle nuove generazioni nate sul territorio di adozione.   

Da qui un crescente irrigidimento di parte della cultura politica nel tentativo di non venire subissati dalle continue ondate migratorie, circostanza che si trasforma in un nuovo diritto, vedesi il recente caso della pronuncia della Suprema Corte degli USA sull’aborto che riguarda prevalentemente le donne bianche delle classi superiori negli USA, o il richiamo a fare più figli, con la concessione di benefici economici, in vari Stati sviluppati dell’ Occidente ed anche in Russia.

lunedì 31 ottobre 2022

Il Retaggio della Prigionia in Urss


 


La prigionia in mano alla U.R.S.S. è quella che ha inciso più a fondo nel retaggio  del sistema socio-politico del dopoguerra. Prima che scoppiasse la guerra fredda, nella metà del 1946, già si avvertivano i sintomi di quelle che saranno le polemiche spesso roventi del dopoguerra. Il 20 agosto 1946, dopo un anno di attesa e di aspettative sempre più crescenti, quando tutti gli altri Paesi belligeranti avevano restituito in grandissima parte i prigionieri in loro mani, un comunicato del Governo di Mosca molto sobrio ed asciutto fa presente che tutti i prigioneri italiani in mano alla URSS erano stati restituiti, tranne un esiguo numero, circa 27, tra ufficiali e soldati, considerati criminali di guerra ed in attesa di giudizio. Tra questi anche un cappellano militare, Padre Brevi, considerato dai sovietici una spia del Vaticano.


In Italia le aspettative erano altre. Si aspettava il rientro di circa 70/80 mila prigionieri dalla Russia. A tutto il 1946 erano stati restituiti 21.000 soldati, di cui circa 11.000 appartenenti all’ARMIR i restanti liberati dall’Armata Rossa dai campi di concentramento tedeschi nella sua avanzata verso occidente.

La polemica divampò violentissima, e si manifestò in modo particolare nello scontro politico tra i partiti di sinistra, in particolare il PCI e i partiti del centro, in particolare la Democrazia Cristiana. L’accusa principale era che la URSS tratteneva i prigionieri italiani come schiavi, per ragioni ideologiche.

La realtà, emersa negli anni novanta all’indomani del crollo della URSS e alla parziale apertura degli archivi sovietici, era ben diversa da quella ipotizzata in Italia. La URSS aveva ragione nel sostenere che aveva restituito tutti i prigionieri italiani in suo possesso. Infatti è stato documentato[1] che l’Armata Rossa, nella sua avanzata verso occidente catturava circa 11.000/11.500 soldati dell’ARMIR e li avviò ai campi di smistamento ( le cosiddette marce del Davai). Nei campi di smistamento entrarono quelli che poi vennero restituì, tranne una percentuale dell’1% che morì per malattie o cause naturali.[2]

La vicenda dei prigionieri in mano alla URSS continuò in temi sempre aspri fino al 1954 quando, dopo la morte di Stalin, furono restituiti gli ultimi prigioneri, circa 10, trattenuti con pretesti e motivi vari.

 

Il retaggio di questo particolare segmento del V fronte della Guerra di Liberazione è estremamente pesante. L’Italia inviò prima un Corpo di Spedizione, poi una Arma che raggiunse circa i 200.000. Nel corso delle offensive sovietiche del novembre-dicembre 1942 – gennaio febbraio 1943, che si conclusero con la caduta di Stalingrado, che determinarono la svolta della guerra in Oriente, le forze italiane furono annientate. Circa 100.000 uomini riuscirono a salvarsi tramite una ritirata, la celeberrima ritirata di Russia, ma altrettanti rimasero sul campo. Non per le vicende della guerra, ma in virtù della insipienza dei Comandati italiani sul campo, delle imposizioni tedesche e di un male interpretato senso dell’onore militare. Composte tutte da forze di fanteria, senza mezzi corazzati e meccanizzati, il compito era quello di resistere fino allo stremo sulle posizioni del Don. Una volta che la battaglia avrebbe rilevato le direttrici di attacco in profondità dell’attaccante sovietico, avrebbero dovuto intervenire le forze mobili tedesche, per chiudere le falle. Il compito delle forze Italia quindi fu assolto. L’errore fu il non aver dato di arrendersi sul posto. Sarebbe stata la salvezza di oltre 80.000 soldati italiani. Al contrario, messisi in marcia verso occidente, quanto contemporaneamente i sovietici provvedevano a distruggere tutta l’organizzazione logistica di retrovia con puntate di forze mobili, la speranza di sopravvivere nella steppa d’inverno erano presso che nulle. Infatti i comandi sovietici locali non inseguirono i soldati italiani in marcia, conviti e sicuri che la steppa, il cosidetto generale Inverno, li avrebbe uccisi. Come in realtà accadde. Il prezioso retaggio di questo segmento del V fronte è quello che occorre avere sempre autonomia decisionale quando si partecipa in una coalizione fi forze internazionali ed occorre sempre, in lealtà con gli alleati, preservare l’interesse nazionale. Un retaggio che permeò nel dopoguerra la partecipazione delle forze nazionali alle cosiddette Missioni di Pace, coalizioni internazionali sotto egida id organizzazioni sovranazionali.



[1] UNIRR, Rapporto UNIRR, 1995. In Italia la cifra dei presunti prigionieri era stata fissata in circa 84.000. Dei 201.0000 militari italiani presenti al fronte ai primi di dicembre, come attestano i documenti della Direzione di Commissariato dell’ARMIR sulla forza vettovagliata, ne erano rientrati in Italia 101.000. Pertanto considerate le perdite, a larghe spanne, la cifra dei prigioneri doveva essere circa 84.000 considerate le perdite. In realtà dei 101.000 soldati mancati, 90.000 erano Caduti nella ritirata e circa 11.000 raccolti come prigioneri dai sovietici, che in effetti restituirono. Vds. Coltrinari M., Le Vicende dei Militari Italiani in URSS, Roma, Archepares, 2021.

[2] Il tasso di mortalità nella prigionia in URSS è più o meno quello delle altre prigionie in mano della Gran Bretagna, Francia e Stati uniti.