Traduzione

Il presente blog è scritto in Italiano, lingua base. Chi desiderasse tradurre in un altra lingua, può avvalersi della opportunità della funzione di "Traduzione", che è riporta nella pagina in fondo al presente blog.

This blog is written in Italian, a language base. Those who wish to translate into another language, may use the opportunity of the function of "Translation", which is reported in the pages.

L'UNUCI per l'Umbria

Il Volume "La Divisione "Perugia" Dalla Tragedia all'Oblio" è disponibile in tutte le librerie. ISBN 886134305-8, Roma, 2010, Euro 20,00 pag. 329.



Ordini: ordini@nuovacultura.it, http://www.nuovacultura.it/ Collana storia in laboratorio; per ordini diretti risorgimento23@libero.it; per info:ricerca23@libero.it; per entrare in contatto con gli autori: massimo.coltrinari@libero.it



Ricordare i nostri Caduti

Ricordare i nostri Caduti
Per acquistare il volume, cliccare sulla foto per il sito della Casa Editrice e seguire il percorso: Pubblica con noi-Collame scientifiche/ Collana Storia in laboratorio/ vai alla schede/ pag.1 e pag. 2

Cerca nel blog

giovedì 9 maggio 2013

Cefalonia. l'8 Settembre ad Argostoli. Le truppe di Cefalonia


Le Trattative

(8 – 15 SETTEMBRE 1943)
 Alle 18 i radiotelegrafisti di servizio della Marina appresero da Radio Londra che il Governo italiano aveva concluso l’armistizio con gli Alleati.
La notizia si propagò fulminea per le vie della piccola città suscitandovi frenetiche manifestazioni di gioia.
“Si udirono a lungo – dice padre Formato, cappellano militare del 33° artiglieria – colpi di fucile, di mitragliatrici e di bombe a mano. Si videro soldati italiani fraternizzare e cantare a braccetto  con soldati tedeschi. La gente si abbracciava per le vie. Le campane delle chiese, anche quelle delle campagne, suonavano a distesa”.
Il primo a chiedere conferma della notizia fu il comando Marina che si pose subito in contatto telefonico col Comando Marina di Patrasso: ma il telefonista fece appena in tempo a captare dall’altro capo della linea queste parole: “siamo sopraffatti dai tedeschi”. Dopo di che la comunicazione si interruppe definitivamente.
Alle 19, il comando della divisione “Acqui” apprese dalla radio italiana l’annunzio ufficiale dell’armistizio.
Il generale comandante, Antonio Gandin, ne dette comunicazione a tutti i comandi dipendenti ed ordinò la consegna delle truppe negli alloggiamenti, la intensificazione della vigilanza, il coprifuoco alle 20 per la popolazione, la perlustrazione notturna per le vie di Argostoli.
“Gli ordini vennero prontamente eseguiti; - dice il capitano Ermanno Bronzini del comando della “Acqui” – io stesso percorsi in macchina le strade con un trombettiere del comando, dal quale facevo suonare ad ogni angolo la ritirata. Ogni rumore cessò. Dei greci non si vide più per le strade neppure l’ombra: si udiva solo il passo cadenzato dei pattuglioni. I militari tedeschi di stanza ad Argostoli, circa trecento, sparirono anch’essi dalla circolazione. Però del comando tedesco – a cui il gen. Gandin aveva ordinato le stesse misure precauzionali – nessuno si fece vivo presso il nostro comando”.
Alle 21 circa giunse al comando della divisione “Acqui” un radiogramma del comando 11ª armata che fu subito trasmesso a tutti i reparti dell’isola. Il dispaccio – secondo il capitano Apollonio comandante della terza batteria del 33° artiglieria – così diceva: “Seguito conclusione armistizio truppe italiane 11ª armata seguiranno questa linea  condotta. Se tedeschi non faranno atti violenza truppe italiane non rivolgeranno armi contro di loro. Truppe italiane non faranno causa comune con ribelli né con truppe anglo – americane che sbarcassero. Reagiranno con la forza ad ogni violenza armata. Ognuno rimanga suo posto con compiti attuali. Sia mantenuta con ogni mezzo disciplina esemplare. Comando tedesco informato quanto precede. Siano immediatamente impartiti ordini cui sopra a reparti dipendenti. Assicurare. Firmato gen. Vecchiarelli”. 
In seguito a tale dispaccio il gen. Gandin dispose che taluni reparti dislocati nelle vicinanze per la difesa costiera, si trasferissero in Argostoli a protezione del comando truppe e del palazzo degli affari civili.
Il movimento avvenne a notte inoltrata e “dette l’impressione ad ufficiali e soldati – secondo quanto riferisce il sottotenente medico Pietro Boni – che fosse in relazione ad un previsto atteggiamento  ostile da parte delle truppe tedesche, sia quelle in Argostoli che quelle dislocate nella penisola di Paliki”.
Il radiogramma del comandante dell’11ª armata aveva frattanto imposto al comandante delle truppe dell’isola nuovi e gravi orientamenti che esigevano più precise direttive.
Il comando della “Acqui” ritentò perciò la comunicazione col comando dell’11ª armata dislocato sul continente greco.
Vani riuscirono i tentativi attraverso la linea telefonica, a cui si è già accennato.
Le stazioni radio del comando divisione e del comando Marina, falliti i tentativi di comunicazione diretta, tentarono il collegamento attraverso i comandi dell’VIII e del XXVI corpo d’armata, anch’esso dislocati sul continente: ma nessuno rispose.
E del pari inutile  riuscì il tentativo attraverso le isole di Zante, di Santa Maura, di Corfù.
Il lavoro delle radio si protrasse invano, con disperata insistenza, per tutta la notte.
Alle 23, giunse dal Governo al comando Marina l’ordine radiotelegrafico che i “mas” e le altre unità navali salpassero da Argostoli per un porto dell’Italia meridionale. L’ordine ebbe esecuzione immediata. “In tal modo – commenta il capitano Bronzini – aumentò il nostro isolamento col continente greco e con l’Italia. Unico mezzo marittimo che ci rimase fu un motoscafo della Croce Rossa”.
L’8 settembre in Argostoli finì in una calma apparentemente profonda.
Ma nei comandi militari, negli alloggiamenti delle truppe, in ogni casa della popolazione greca, alla intensa esplosione di giubilo provocato dall’inatteso evento, subentrò negli animi – come tutti i testimoni concordemente affermano – un penoso senso di perplessità, quasi un “presentimento collettivo di sciagura”.

LE TRUPPE DI CEFALONIA


Presidiava l’isola la divisione “Acqui” quasi al completo (un reggimento, il 18° fanteria, era distaccato a Corfù) e costituita – oltre che dal comando della divisione, tenuto dal generale Antonio Gandin ed un comando di fanteria divisionale tenuto dal generale Luigi Gherzi – da due reggimenti di fanteria (il 17° e il 317° rispettivamente comandati dal ten. col. Ernesto Cessari e dal col. Ezio Ricci, entrambi in s.p.e.) e da un reggimento di artiglieria divisionale (il 33°, comandato dal col. in s.p.e. Mario Romagnoli). Seguivano reparti vari del genio, i servizi divisionali (tra cui tre ospedali da campo ed un nucleo chirurgico), una compagnia di carabinieri ed una compagnia di guardie di finanza.
Della divisione facevano anche parte, a rinforzo, quattro gruppi di artiglieria, due sezioni di mitragliere da 20, due compagnie mitraglieri.
Il Comando Marina Argostoli – in dipendenza disciplinare dal comando della “Acqui” – era tenuto dal capitano di fregata in s.p.e. Mastrangelo. Partiti la notte dell’8 i “mas” ed altre unità similari, rimasero a Cefalonia gli elementi del comando, due batterie ed i soli ufficiali della flottiglia dragamine.
Il totale delle truppe italiane si aggirava sugli 11 mila uomini di truppa e 525 ufficiali.
Integrava il presidio italiano un contingente di truppe tedesche giunto nell’isola fra il 5 e il 10 agosto e costituito da due battaglioni di fanteria da fortezza con molte armi pesanti ed una batteria su otto pezzi semoventi da 75 ed uno da 105 al comando del tenente di artiglieria in s.p.e. Fauth.
La guarnigione tedesca ammontava a circa duemila uomini fra cui 25 ufficiali ed era comandata dal ten. col. di fanteria in s.p.e. Hans Barge.
L’isola era divisa, per la difesa, in tre settori, dipendenti dal comando della “Acqui”, il quale dipendeva, a sua volta, dal comando dell’VIII corpo d’armata e dal comando dell’11ª armata.
Il Settore Nord era assegnato al 317° fanteria rinforzato da due gruppi di artiglieria, più sei batterie di vario calibro; più la batteria da 120 della Marina schierata a Làrdigo, più la batteria semoventi tedesca in Argostoli. La sede del comando – tenuto dal ten. col. Cessari – era a Keramiaes.
Il settore Lixuri era assegnato alle truppe tedesche, rinforzate da artiglierie italiane, con sede del comando – tenuto dal ten. col. Barge – a Liguri.
La sezione di sanità a Frankata; due ospedali da campo ed il nucleo chirurgico ad Argostoli; la sezione sussistenza a Valsamata.
Tali, in breve, le forze e la dislocazione tattica del presidio di Cefalonia alla data dell’8 settembre.
Forze, relativamente, notevoli, poiché fra le isole Jonie, (immediate avanstrutture difensive, per posizione geografica, della parte sud – occidentale della penisola balcanica), l’isola di Cefalonia, all’imbocco dei canali di Patrasso e Corinto, avrebbe certo assunto, in caso di orientamento operativo degli Alleati verso la Grecia, una funzione di primo piano quale “porta” sulla maggior via di penetrazione nel continente greco.
Nell’isola esistevano pure – secondo il capitano Bronzini – sufficienza di viveri per circa novanta giorni ed una disponibilità di munizionamento per tre o quattro giorni, all’incirca, di medio consumo.
Le condizioni materiali del soldato a Cefalonia erano quelle comuni a tutte le truppe italiane in patria e nei diversi teatri di operazioni. Ossia, nel più dei casi, al di sotto del mediocre. Fra l’altro, per quanto riguarda Cefalonia: scarso il vestiario e più specialmente le calzature; ridotto all’indispensabile il vitto, e tuttavia quasi sempre insufficiente alle condizioni di vita di un soldato in guerra.
Sicchè, per queste e per altre deficienza, il regime disciplinare, costretto a reggersi, pur nelle contingenze ordinarie, su uno sproporzionato spirito di sacrifizio dei gregari, non presentava – qui allo stesso modo che altrove – sintomi rassicuranti di stabilità.
Il fante del 317° fanteria, Dante Umbri, ci tiene però a porre in particolare rilievo il suo affetto e la sua gratitudine per il sottotenente Mario Piscopo. Egli dice: “il tenente ci offriva le sue sigarette, il suo pane e il suo vitto, e persino il suo giaciglio. E questo è successo a me. Più che un ufficiale era una amico. Durante le marce in montagna mi chiedeva: Umbri, se non ce la la fai a portare lo zaino dallo a me. E posso dire che tante prove le ho sopportate per lui, altrimenti non so neanche io che cosa avrei fatto”. Si chiede, infine angosciato: “Sarà perito anche lui, nell’infame eccidio, il mio tenente?”.
Questa ed altre testimonianze stanno a dimostrare che, malgrado tutto, il morale delle truppe dell’isola alla vigilia dell’armistizio doveva essere buono: nessuno dei superstiti, almeno, ha fatto finora dichiarazioni, a tal riguardo, contrarie.
Buone erano anche le relazioni del nostro presidio con la popolazione greca del luogo. I soldati della “Acqui”, molti da lungo tempo nell’isola, avevano intrecciato con essa rapporti di viva e reciproca simpatia, appena contenuta dalle limitazioni imposte dallo specifico rapporto politico. La prova migliore si ebbe la sera dell’8 settembre quando, nel tripudio suscitato dall’annunzio dell’armistizio, i civili greci circondavano per le vie i nostri ufficiali ed i nostri soldati per implorarli a “non lasciarli soli con i tedeschi”.
Le truppe tedesche, come s’è detto, erano giunte da poco nell’isola. “Erano state accolte – dice il capitano Bronzini – con grande cameratesca cordialità da parte dei comandi italiani. Il comandante della divisione, in un apposito ordine del giorno, aveva dato loro, con fervide parole, il benvenuto. Né la cordialità dei rapporti fra il comando della divisione ed il comando tedesco si era fermato  alle sole parole; ma venne di mano in mano esprimendosi attraverso fatti concreti, quali l’intima collaborazione, i frequenti scambi di visite, l’assistenza alle truppe tedesche largamente offerta dai nostri comandi

Né risulta che nel mese di permanenza in comune sull’isola siano mai avvenuti incidenti fra le truppe dei due paesi.
Se però non ci furono attriti, non ci furono neppure (tranne la sera dell’8 settembre. In cui, probabilmente, i tedeschi cedettero che l’armistizio valesse anche per loro) manifestazioni collettive od atti singoli di spontanea fraternità guerriera.
Tutto si ridusse – come altrove – a dichiarazioni convenzionali, più specialmente fra comandi e comandi, che però non trovavano rispondenza negli stadi medi ed inferiori, se non in un reciproco cameratismo rispettoso sì ma controllato; e, in definitiva, assai freddo.
Occorre infine ricordare che la divisione “Acqui” era la erede diretta delle tradizioni “carsiche” della brigata omonima (17° e 18° di fanteria); tradizioni che, come mostreranno gli eventi di questi giorni, si erano mantenute vive anche nella più ampia compagine divisionale.

Nessun commento: