domenica 28 febbraio 2016
.Terrorismo e relativo contrasto in evoluzione
Alessio Pecce (alessio-p89@libero.it)
Gli attentati di Parigi avvenuti lo scorso novembre hanno
evidenziato, come era previsto da tempo, le nuove modalità e i piani operativi (diffusione
meticolose delle cellule terroristiche e commando suicida) dei soggetti
appartenenti all'ISIS, anche se ad oggi manca una definizione ufficiale della
nuova tipologia di terrorismo. I 130 morti e gli oltre 300 feriti di Parigi
rappresentano la nuova modalità di combattimento terroristica trapiantata in
Europa, attraverso il commando suicida che a sua volta è coordinato da soggetti
operativi, come già avviene da tempo nelle zone più critiche del Medio Oriente
e Nord Africa. Come detto poc'anzi non esiste ancora una definizione specifica
di terrorismo, perché le varie organizzazioni internazionali hanno diverse
opinioni, dovute anche a strategie e interessi politici. La difficoltà della
terminologia si riscontra in ambito giuridico e concettuale, indi per cui gli
stati membri delle Nazioni Unite non hanno ancora trovato una definizione
comune. Tornando alle modalità operative del terrorismo, costituite da una
tattica militare finalizzata al raggiungimento di obiettivi operativi
prefissati, il suo metodo prioritario è quello
che si inserisce all'interno di una vasta scelta di strategie, come ad
esempio quella insurrezionale. La difficoltà da parte della Comunità
internazionale nel trovare una definizione universale di terrorismo, ha spinto
alcuni specialisti del settore a catalogarlo come “Nuovo terrorismo
insurrezionale” definito come la minaccia razionale di atti estremamente
violenti, col fine ultimo di colpire i governi e la loro politica. Questa nuova
forma di terrorismo è costituita da alcuni elementi, aventi come base: la
sovversione dei governi e la conseguente sostituzione con un modello
proto-statale; la violenza come azione prioritaria e imprescindibile; l'atto
terroristico ha come obiettivo elementi politici; la manifestazione dell'azione
terroristica su scala globale; la base logistica del potere ha sede in un'area
territorialmente definita; si manifesta/colpisce attraverso il web con la
propaganda, attacchi territoriali e cyber; le azioni operative non per forza
sono connesse tra loro e i militanti possono appartenere anche alla sfera dei
non-combattenti. Il nuovo terrorismo insurrezionale, oltre ad estendersi su
scala internazionale, si pone delle precise finalità politiche, come la
sovversione dei governi e dei rapporti internazionali nell'area mediorientale,
oltre all'imposizione di una nuova forma di stato, ossia il califfato sotto la
guida di Abu Bakr al-Baghdadi.
In virtù di ciò, nel dicembre 2015, il presidente Obama in
una delle sue conferenze fa riferimento e auspica a un maggior impegno da parte dei paesi
sunniti nella lotta al Daesh, i quali hanno prontamente risposto attraverso la
coalizione di 34 paesi musulmani, incentivata dall'Arabia Saudita, visto e
considerato che le statistiche parlano di un impegno maggiore da parte dei paesi
europei, con i raid arabi che rappresentano solo il 5% nella lotta all'ISIS.
Questa nuova alleanza sunnita, oltre a comprendere i paesi arabi, ne include
alcuni africani, come ad esempio Gibuti, Costa d'Avorio, Senegal, Marocco,
Nigeria, Niger, Tunisia, Egitto, Sudan, Sierra Leone etc. Il gioco delle
alleanze si basa sulla diatriba tra sciiti e sunniti e pertanto sono assenti
dalla coalizione la Siria, l'Iraq e l'Iran. D'altro canto la Russia, alleata di
Assad, si esprime in maniera diplomatica a proposito della coalizione sunnita,
auspicando a dei miglioramenti per la Comunità Internazionale, ma al contempo
invita tutti alla calma prima di poter valutare definitivamente.
venerdì 5 febbraio 2016
Roma: lo spirito dell'origine: Ventotene
Italia e Unione europea Di ritorno da Ventotene Flavio Brugnoli 05/02/2016 |
In politica i simboli contano. La visita del Presidente del Consiglio Matteo Renzi all’isola di Ventotene, quel "tornare a casa, dove tutto è cominciato", quei fiori deposti sulla tomba di Altiero Spinelli sono un messaggio importante, non solo per chi ha dedicato la propria vita alla costruzione di "un’Europa libera e unita".
Definire un’Unione europea scossa da dubbi esistenziali “il più grande successo politico del dopoguerra”, sostenere che "nessun muro può fermare la libertà", sottolineare che la memoria si preserva costruendo ponti verso le nuove generazioni sono tutte affermazioni coraggiose. Ma, una volta tornati sulla terraferma, l’agenda politica nazionale e quella europea chiamano ad atti concreti, impegnativi e lungimiranti.
Il fatto che la visita di Renzi a Ventotene sia arrivata subito dopo l’incontro a Berlino con la Cancelliera Angela Merkel consente di mettere ben a fuoco la triplice crisi che stiamo vivendo: quella economica, quella dei migranti, quella dei conflitti alle porte dell’Europa.
I dilemmi da affrontare sono davanti a tutti noi. Rigore nei conti pubblici e credibilità nelle politiche di rientro del debito, ma flessibilità nelle soluzioni possibili e nuove vie europee per ritrovare il sentiero della crescita.
Ricerca di un equilibro fra gestione dell’emergenza rifugiati, che pone sotto stress governi e strutture nazionali, e consapevolezza che siamo di fronte a un cambiamento epocale, che durerà decenni (senza mai dimenticare - come ha detto Renzi a Ventotene - che "chi vuole distruggere Schengen vuole distruggere l’Europa").
Necessità di dare risposte coordinate su scala europea all’"arco di instabilità" che circonda l’Europa, dalla Libia, alla Siria, all’Ucraina - in cui anche il tema dell’energia gioca un ruolo chiave per la sicurezza del nostro continente.
Cittadini e leader europei
Per rispondere a tutto questo, un ruolo di leadership da parte di alcuni governi europei rimane indispensabile. Come cittadini europei dobbiamo anche chiedere alle istituzioni dell’Unione di giocare fino in fondo il loro ruolo.
Una Commissione più politica, che gode della fiducia del Parlamento europeo (con una "grande coalizione" tra le forze europeiste), ha il compito di agire per l’interesse europeo, che non potrà mai scaturire dalla sommatoria di 28 interessi nazionali.
Il Parlamento europeo è chiamato a promuovere il massimo d’integrazione possibile a trattati vigenti, a proporre le modifiche ai trattati necessarie per un’Europa federale, a evidenziare il collegamento fra un adeguato bilancio dell’Unione e dell’eurozona e un’Europa dello sviluppo e della coesione sociale.
Gli Stati membri, nel Consiglio europeo e nel Consiglio, devono ricostruire la fiducia reciproca, perché il ritorno dei muri non darà ai loro cittadini né più sicurezza né più benessere. All’Alto Rappresentante europeo, Federica Mogherini, dobbiamo chiedere di lavorare a una "strategia globale dell’Ue" (che presenterà al Consiglio europeo nel giugno prossimo) che non sia una media al ribasso fra le timidezze e i ripiegamenti nazionalistici degli Stati membri. Per dirla di nuovo con le parole di Matteo Renzi a Ventotene: "Quando l’Europa perde il senso della propria vocazione e diventa un insieme di egoismi rischia di crollare".
Ci attende un biennio con altri appuntamenti carichi di valenza simbolica: quest’anno il trentennale della morte di Spinelli; nel 2017 il sessantennale dei Trattati di Roma e i 110 anni dalla nascita di Spinelli. Sarebbe suicida ridurli a rituali autoconsolatori - o a pur suggestivi eventi come il carcere di Santo Stefano che comincerà una nuova vita quale centro di formazione europea per i giovani del Mediterraneo.
Nella primavera del 2017 avremo un appuntamento cruciale, previsto dal Rapporto dei cinque Presidenti “Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa”, con il Libro bianco della Commissione sul passaggio dalla prima fase (“approfondire facendo”) alla seconda (“completare l’Uem”). Uno snodo fondamentale per chi ritiene che quello che manca al completamento della costruzione europea sia un’Unione politica dotata di risorse adeguate alla scala dei problemi che abbiamo di fronte.
Europa a due velocità
Il tema dell’Europa a due velocità, evocato di recente dal Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, è da tempo in agenda. Lo stesso Consiglio europeo, nel giugno 2014, ha accolto la prospettiva della “integrazione differenziata”, che deve permettere ai Paesi “che intendono approfondire l’integrazione di andare avanti”.
Il dibattito sulla Gran Bretagna e il suo rapporto con l’Ue deve essere un’opportunità per chi vuole andare avanti, non una zavorra da parte di chi non sa dove vuole andare. L’Italia si appresta anche a lanciare un messaggio sul futuro dell’Europa, insieme con gli altri Paesi fondatori. Un altro atto benvenuto e impegnativo, che dovrà indicare ambiziosi contenuti condivisi, in primo luogo per l’eurozona.
Il Presidente del Consiglio Renzi, in chiusura del suo appassionato discorso a Ventotene, ha ripreso la celebre frase che chiude il Manifesto: “La via da percorrere non è facile, né sicura. Ma deve essere percorsa, e lo sarà!”. A Ventotene sono le radici e là è nato un progetto di pace che può ancora dare un senso e un orizzonte all’Europa.
Ma un redivivo Altiero Spinelli si porrebbe anzitutto il problema di come rifondare nel presente e nel futuro quei valori, su quali alleanze politiche, sociali, culturali rimettersi in cammino. Si deve dire come, con chi ed entro quando percorrere quella via, né facile né sicura. Il tempo si sta facendo breve, il rischio e i costi del fallimento più grandi.
* Questo articolo è un estratto da un contributo più ampio pubblicato sul sito del Centro Studi sul Federalismo.
Flavio Brugnoli è direttore del Centro Studi sul Federalismo.
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Il fatto che la visita di Renzi a Ventotene sia arrivata subito dopo l’incontro a Berlino con la Cancelliera Angela Merkel consente di mettere ben a fuoco la triplice crisi che stiamo vivendo: quella economica, quella dei migranti, quella dei conflitti alle porte dell’Europa.
I dilemmi da affrontare sono davanti a tutti noi. Rigore nei conti pubblici e credibilità nelle politiche di rientro del debito, ma flessibilità nelle soluzioni possibili e nuove vie europee per ritrovare il sentiero della crescita.
Ricerca di un equilibro fra gestione dell’emergenza rifugiati, che pone sotto stress governi e strutture nazionali, e consapevolezza che siamo di fronte a un cambiamento epocale, che durerà decenni (senza mai dimenticare - come ha detto Renzi a Ventotene - che "chi vuole distruggere Schengen vuole distruggere l’Europa").
Necessità di dare risposte coordinate su scala europea all’"arco di instabilità" che circonda l’Europa, dalla Libia, alla Siria, all’Ucraina - in cui anche il tema dell’energia gioca un ruolo chiave per la sicurezza del nostro continente.
Cittadini e leader europei
Per rispondere a tutto questo, un ruolo di leadership da parte di alcuni governi europei rimane indispensabile. Come cittadini europei dobbiamo anche chiedere alle istituzioni dell’Unione di giocare fino in fondo il loro ruolo.
Una Commissione più politica, che gode della fiducia del Parlamento europeo (con una "grande coalizione" tra le forze europeiste), ha il compito di agire per l’interesse europeo, che non potrà mai scaturire dalla sommatoria di 28 interessi nazionali.
Il Parlamento europeo è chiamato a promuovere il massimo d’integrazione possibile a trattati vigenti, a proporre le modifiche ai trattati necessarie per un’Europa federale, a evidenziare il collegamento fra un adeguato bilancio dell’Unione e dell’eurozona e un’Europa dello sviluppo e della coesione sociale.
Gli Stati membri, nel Consiglio europeo e nel Consiglio, devono ricostruire la fiducia reciproca, perché il ritorno dei muri non darà ai loro cittadini né più sicurezza né più benessere. All’Alto Rappresentante europeo, Federica Mogherini, dobbiamo chiedere di lavorare a una "strategia globale dell’Ue" (che presenterà al Consiglio europeo nel giugno prossimo) che non sia una media al ribasso fra le timidezze e i ripiegamenti nazionalistici degli Stati membri. Per dirla di nuovo con le parole di Matteo Renzi a Ventotene: "Quando l’Europa perde il senso della propria vocazione e diventa un insieme di egoismi rischia di crollare".
Ci attende un biennio con altri appuntamenti carichi di valenza simbolica: quest’anno il trentennale della morte di Spinelli; nel 2017 il sessantennale dei Trattati di Roma e i 110 anni dalla nascita di Spinelli. Sarebbe suicida ridurli a rituali autoconsolatori - o a pur suggestivi eventi come il carcere di Santo Stefano che comincerà una nuova vita quale centro di formazione europea per i giovani del Mediterraneo.
Nella primavera del 2017 avremo un appuntamento cruciale, previsto dal Rapporto dei cinque Presidenti “Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa”, con il Libro bianco della Commissione sul passaggio dalla prima fase (“approfondire facendo”) alla seconda (“completare l’Uem”). Uno snodo fondamentale per chi ritiene che quello che manca al completamento della costruzione europea sia un’Unione politica dotata di risorse adeguate alla scala dei problemi che abbiamo di fronte.
Europa a due velocità
Il tema dell’Europa a due velocità, evocato di recente dal Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, è da tempo in agenda. Lo stesso Consiglio europeo, nel giugno 2014, ha accolto la prospettiva della “integrazione differenziata”, che deve permettere ai Paesi “che intendono approfondire l’integrazione di andare avanti”.
Il dibattito sulla Gran Bretagna e il suo rapporto con l’Ue deve essere un’opportunità per chi vuole andare avanti, non una zavorra da parte di chi non sa dove vuole andare. L’Italia si appresta anche a lanciare un messaggio sul futuro dell’Europa, insieme con gli altri Paesi fondatori. Un altro atto benvenuto e impegnativo, che dovrà indicare ambiziosi contenuti condivisi, in primo luogo per l’eurozona.
Il Presidente del Consiglio Renzi, in chiusura del suo appassionato discorso a Ventotene, ha ripreso la celebre frase che chiude il Manifesto: “La via da percorrere non è facile, né sicura. Ma deve essere percorsa, e lo sarà!”. A Ventotene sono le radici e là è nato un progetto di pace che può ancora dare un senso e un orizzonte all’Europa.
Ma un redivivo Altiero Spinelli si porrebbe anzitutto il problema di come rifondare nel presente e nel futuro quei valori, su quali alleanze politiche, sociali, culturali rimettersi in cammino. Si deve dire come, con chi ed entro quando percorrere quella via, né facile né sicura. Il tempo si sta facendo breve, il rischio e i costi del fallimento più grandi.
* Questo articolo è un estratto da un contributo più ampio pubblicato sul sito del Centro Studi sul Federalismo.
Flavio Brugnoli è direttore del Centro Studi sul Federalismo.
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