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L'UNUCI per l'Umbria

Il Volume "La Divisione "Perugia" Dalla Tragedia all'Oblio" è disponibile in tutte le librerie. ISBN 886134305-8, Roma, 2010, Euro 20,00 pag. 329.



Ordini: ordini@nuovacultura.it, http://www.nuovacultura.it/ Collana storia in laboratorio; per ordini diretti risorgimento23@libero.it; per info:ricerca23@libero.it; per entrare in contatto con gli autori: massimo.coltrinari@libero.it



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Per acquistare il volume, cliccare sulla foto per il sito della Casa Editrice e seguire il percorso: Pubblica con noi-Collame scientifiche/ Collana Storia in laboratorio/ vai alla schede/ pag.1 e pag. 2

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martedì 29 gennaio 2013

Un progetto per ricordare Franco Fuduli, presidente

Nel giugno 2012 si era ipotizzato di stampare il volume della Storia del Reggimento "Cacciatori delle Alpi" con le opportune presentazioni ed integrazioni al fine di dare consistenza e documetazione alla presenza militare a Spoleto ed in special modo quella del 52° Reggimento di tradizione e stampo Garibaldino. Un progetto che con la morte improvvisa e drammatica del Presidente Fuduli è stato momentaneamente sospeso.
Dopo la elezione del gen. Antonio Cuozzo, in una riunione informale tenutasi ieri in occasione della Presentazione del Volume sull'Armitizio in Albania", al fine di per ricordare la figura di Franco Fuduli e di sua moglie Maria Grazia da parte della Sezione UNUCI di Spoleto, si è presa in considierazione l'ipotesi di adattare il progetto di cui sopra, realizzandolo nella sua architettura generale e introducento note ed interventi che ricordino la figura di Franco Fuduli come Presidente della Sezione di Spoleto.
 Le modalità sono allo studio e qualcheduna già indiduata.
Gli Autori sono quelli istituzionali: Mario di Spirito ed Antonio Cuozzo, con la collaborazione di tutti i soci, con capofila Massimo Coltrinari ed Osvaldo Biribicchi. Inoltre Sante Dionigi, presidente del Circolo Filatelico Numismatico "G. Romolin" metterà a disposizione il volume sul 52° reggimento.
 Il manoscritto in prima bozza dovrebbe essere pronto entro la fine di marzo per la prima lettura. Al riguardo una riunione operativa è già da adesso convocata per il 10 Aprile, lunedi alle 15,30 presso la sede UNUCI in occasione della conferenza sugli uomini della "Perugia"

martedì 22 gennaio 2013

Volume: L'Armistizio in Albania. Presentazione lunedi 28 gennaio 2013 ore 16,30. In sede

Per il ciclo dedicato agli eventi armistiziali del 1943, viene presentato il libro "l'8settembre "in Albania. La crisi Armistiziale tra impotenza, errori ed eroismo.8 settembre - 7 ottobre 1943.
Il volume ha la prefazione dell'Ambasciatore di Albania in Italia e l'introduzione dell'Addetto Militare della stessa ambasciata.
La presentazione assume la veste  di un cordiale incotro con l'Autore
Si riporta una breve sintesi  del volume di Alessandra Verdecchia




La collana Storia in Laboratorio, diretta da Massimo Coltrinari, presenta il libro L’“8 Settembre” in Albania – La crisi armistiziale tra impotenza, errori ed eroismo   8 Settembre – 7 Ottobre 1943, scritto dallo stesso Coltrinari con l’obiettivo di condurci alla lettura ed alla conoscenza delle vicende storico-militari originatesi a conseguenza dell’armistizio dell’8 Settembre 1943, che sul piano storico segnò la chiusura dell’alleanza tra Italia e Germania, mentre su quello militare portò l’esercito italiano ad una vera e propria crisi armistiziale che lo stesso autore non esita a definire “una disfatta morale prima di una sconfitta militare e politica”.

Dalle pagine del libro traspare in più passi come la citata crisi armistiziale, attorno alla quale ruota l’intero testo, può essere considerata una vera e propria tragedia. I soldati italiani si videro abbandonati a se stessi e compresero che il loro destino sarebbe stato esclusivamente determinato dalle proprie scelte, anche individuali e forse, in parte, anche sull’aiuto del popolo albanese. Cosa fare a questo punto? Accettare gli ordini e arrendersi ai tedeschi? Aderire alla vecchia alleanza tentando di dare vita all’ultima stagione del fascismo? oppure, scegliere la strada della montagna dando sostegno a quei movimenti di resistenza che in quegl’anni emergevano tanto in Italia e Albania come altrove?
Particolare attenzione viene riservata dall’autore all’analisi delle vicissitudini che hanno interessato le sei Divisioni che al momento dell’armistizio si trovavano stanziate in Albania e che coltivavano come unica speranza quella di tornare al più presto in patria: la Divisione “Parma”, la “Arezzo”, la “Puglie”, la “Firenze”, la “Brennero” e la Divisione “Perugia”. A tal proposito Coltrinari si sofferma, in modo dettagliato, sulle esperienze dirette vissute da ogni singola divisione. Ad esempio la Divisione “Parma” era impegnata nella difesa della città di Valona, ma alla fine si arrese; mentre la Divisione “Arezzo” nel Corciano, decise di rimanere fedele alla vecchia alleanza; la Divisione “Puglie”, invece, fu oggetto di rappresaglie e venne lasciata al suo destino in Kosovo; la Divisione “Firenze” non si arrese e nel Settembre 1943 combatté una dura battaglia contro i tedeschi prima di unirsi alla lotta sostenuta dall’Esercito di Liberazione Albanese; la Divisione “Brennero”, invece, fu rimpatriata dai tedeschi, prima a Trieste e poi a Venezia, per poi decidere di essere internata in Germania; per concludere l’attenzione viene lasciata alla Divisione “Perugia” che, dopo aver tenuto il porto di Santi Quaranta fino all’Ottobre 1943, resistendo come gli era stato ordinato, fu abbandonata a se stessa e al suo tragico epilogo nonostante nei suoi ultimi giorni di vita avesse respinto un massiccio attacco tedesco in mare.

Il testo in analisi, oltre a proporre una descrizione puntuale degli eventi realmente accaduti, mira a trovare risposta agli innumerevoli  “perché” sorti dai tanti fatti storici e dallo studio degli stessi, soffermandosi esclusivamente su prove documentali e non su versioni memorialistiche di comodo o di parte, in quanto solo in questo modo è possibile pervenire ad una memoria comune e condivisa tra tutti i partecipanti della Guerra di Liberazione, con riguardo ai fatti che hanno caratterizzato lo stesso Conflitto Mondiale. Lo sforzo dell’autore si presenta meritevole proprio in questo senso, perché a distanza di ormai molti anni dalle vicende belliche le mozioni ideologiche si presentano scolorite, tempo opportuno allora per l’indagine dello storico. In modo che dalla correttezza nell’esposizione dei fatti possa, sperabilmente, “nascere” un passato davvero condiviso. 
                                                                                        Alessandra Verdecchia 




domenica 20 gennaio 2013

Annuncio. Ciclo di Conferenze sull'armistizio del 1943

In occasione del 70° anniversario degli eventi della crisi armistiziale del 1943, la Sezione organizzerà un ciclo di conferenze dedicate agli eventi armistiziali, con particolare riguardo ai reparti umbri che furono coinvolti nelle operazioni fuori del territorio nazionale, come la Divisione "Perugia", composta prevalentemente da soldati umbri. Verranno messe a a fuco e ricordate figure di Ufficiali e di soldati umbri che si sono distinti in queste operazioni, attraverso la presentazione di volumi che descrivano le loro odissee.
 per informazioni rivolgersi in Sezione, oppure a ricerca23@libero.it

Grandi Manovre in Umbria nel 1882. Restaurata la Foto ed il vestio della Regima Margherita




Presentazione della maxi foto restaurata dalla pro Foligno
“Grandi manovre nell’Umbria”
e del vestito della Regina Margherita indossato per l'occasione 

Presso il Circolo Ufficiali della Caserma Gonzaga del Vodice, sede del Centro di Reclutamento dell'Esercio, sono stati presentati due opere restaurate dal Centro di Restauro di Foligno, promosso dalla Associazione Pro Loco di Foligno


Le grandi Manovre di sono svolte nel 1882 ed hanno visto impegnati circa 60.000 uomini, schierati a partiti contrapposti, ordinati su quattrocorpi d'Armata. La foto presenta le truppe schierate al termine delle manovre, mentre vengono passate in rivista dal Re. Queste manovre sono importanti perchè nell'ottobre successivo fu istituito lo Stato Maggiore del Regio Esercito in forma ufficiale, con a capo il gen. Cosenz che quindi, fu il primo Capo di Stato Maggiore dell'esercito










Oltre alla foto, che meriterrbe uno studio sotto il profilo storico.milirare aprofondito, è stato restaurato il vestito che la Regina Margherita indossò al gala dato a Palazzo Trinchi a Foligno in occasione delle Grandi Manovre.
L'intervento di recupero è stato abbastanza impegnativo data il modello e la moda di allora. Per l'occasione è stato indossato da unVFP del Centro di Reclutamento, che in verità ha svolto questo compito in modo encomiabile. 


A fare da cavaliere alla Regina Marghrita è stato chiamato un Granatiere del Battaglione "Cengio" di stanza a Spoleto, in uniforma storica, con tanto di Colbacco e equipaggiamento relativo. Ne è venuto fuori un quadro veramente degno di nota


Hanno preso la Parola il Comandante del Centro di Reclutamento, il Gen. Matteis, che ha sottlineato come il Centro è sempre stato ed è attento alla relatà locale, e volentieri ha dato la corniche per presentare due opere di una attività che è molto sentita a Foligno, sopreatutto quella del cucito.


Ha preso poi la parola per i saluti esponenti della Comunità locale e la Presidente della Pro Loco di Foligno che ha voluto sottolineare come aspetti peculiari della realtà di Foligno devono essere curati e preservati per alimentare il senso di identità e di appartenenza




L'intervento del gen. Massimo Coltrinari ha avuto il significato di dare un quadro generale al contesto storico in cui devono essere inserito i due reperti restaurati. I punti trattati sono stati, L’Esercito Italiano nel 1882, dall’Armata Sarda all’Esercito Italiano 1861, la Guerra del 1866 e la Scuola di Guerra 1867, la Presa di Roma 1870 e la riforma Ricotti Magnani 1873,  dall’Ordinamento Ricotti Magnani all’ordinamento Ferrero  (1884), e le Principali caratteristiche dell’Esercito Italiano 1882, come la Istituzione della carica di Capo di SM 1882 (29 Luglio 1882), lo Stato Maggiore e le armi Combattenti, la Organizzazione Logistica, in paricolare il servizio di sanità, il servizio di commissariato, il servizio veterinario, il  servizio postale, il servizio cartografico tutti elementi che sono ricordati sulla foto restaurata; infine un rapido sguardo alla alla esigenza delle Grandi Manovre negli anni '80 dell'ottocento, sempre in relazione alla foto presentata.

La tradizionale consegna di oggetti ricordo, ha concluso la
      manifestazione, seguita da un attento e selezionato pubblico.









martedì 8 gennaio 2013

Osvaldo Biribicchi


“Nous sommes dans un cul-de-sac”
storia di Lucia Ottobrini

Maria, Leda, nomi di battaglia di Lucia Ottobrini, Medaglia d'Argento al Valor Militare, la prima gappista italiana che, sistematicamente, a partire dal 9 settembre 1943, ha condotto azioni individuali e di gruppo contro i nazifascisti. È una delle quattro ragazze, assieme a Carla Capponi, Marisa Musu e Maria Teresa Regard, dei Gruppi di Azione Patriottica fondati a Roma dopo l'8 settembre 1943. Nel libro L'ordine è già stato eseguito di Alessandro Portelli, Donzelli Editore, la Ottobrini è citata quattordici volte. Leggendo questo libro sulla Resistenza romana rimasi subito incuriosito dalla figura di questa giovanissima combattente, per metà alsaziana e metà romana. La immaginai forte, determinata, forse anche spietata, di poche parole e, al tempo stesso, generosa e di grande sensibilità d'animo. Due posizioni contrastanti tra loro. Ma chi era e chi è questa donna che non riuscivo ad inquadrare perfettamente? Cercai altri libri, articoli di giornale per conoscerne meglio la storia, la vita. La svolta c'è stata quando, grazie all'amico Giovanni Cecini, autore del Libro I soldati ebrei di Mussolini edito da Mursia, ho conosciuto il Professore Mario Fiorentini, classe 1918, insigne matematico, esponente di spicco della Resistenza romana ed italiana, decorato con tre Medaglie d’Argento al Valor Militare, tre Croci di Guerra al Merito, la Medaglia Donovan dell’Office of Strategic Services (USA), la Medaglia della Special Force (Regno Unito) e, cosa più importante, marito di Lucia Ottobrini. L’incontro, già di per sé eccezionale, con il Professor Fiorentini mi ha consentito di conoscere Lucia di persona. Alla travolgente loquacità di Mario, fonte inesauribile di aneddoti e storie legate al suo passato di combattente, affascinante affabulatore che, con incredibile disinvoltura, passa da argomentazioni matematiche a temi legati alla cultura, all'arte, al teatro, all'impegno sociale, fa da contrappunto la austera riservatezza di Lucia. Lei, cattolica convinta, tollerante verso le altri fedi religiose, non ama parlare del suo passato in generale né, tanto meno, di quel tragico periodo che va dall'8 settembre 1943 al 15 giugno 1944 in cui fu protagonista prima della guerriglia urbana a Roma poi, dopo la nota azione di Via Rasella, della guerra partigiana in montagna, nel settore Tiburtino.
Lucia, seconda di nove figli, nasce nel 1924 a Roma ove vi rimane fino all'età di cinque mesi, ossia fino al momento in cui i suoi genitori decidono di trasferirsi in Francia, a Mulhouse, una ricca e laboriosa città dell'Alsazia meridionale, a ridosso delle frontiere con la Svizzera e la Germania, dove i bisnonni materni erano emigrati alla fine dell'Ottocento ed avviato una solida attività commerciale. Mulhouse è una città a vocazione industriale e mineraria che, negli alterni passaggi di mano, dopo la Grande Guerra era tornata a far parte della Francia. È in questa città, ove convivono sfruttati e mal pagati minatori ed operai italiani, polacchi, cecoslovacchi e francesi, che Lucia cresce e si forma, ove acquisisce quella coscienza sociale, quella sensibilità verso gli emarginati verso i più deboli che non l'abbandoneranno più e andranno a formare la base su cui poggerà il suo successivo impegno politico, la sua lotta armata contro il nazifascismo, contro le ingiustizie. La famiglia di Lucia, comprendendo in questo termine anche i tanti cugini e zii, è bella e numerosa. Tutti si vogliono bene e, soprattutto, sono molto uniti fra loro e con la comunità italiana di Mulhouse. Una vecchia foto di famiglia, in bianco e nero, scattata in occasione di un matrimonio, li ritrae tutti insieme, vicini, stretti. Nell'osservare la foto, si rimane affascinati, oltre che dal ragguardevole numero di componenti di questa famiglia, dai volti sereni delle persone, dagli sguardi fieri. Tutti, grandi e piccoli, eleganti nei loro abiti, sono caratterizzati dalla compostezza di portamento, segno esteriore di una agiatezza raggiunta attraverso non pochi sacrifici ed un duro ed intelligente lavoro. Ebbene, con l'occupazione della Francia, nel 1940, da parte dei tedeschi, questa famiglia viene direttamente e tragicamente colpita, spezzata dai nazisti. Alcuni parenti ebrei vengono brutalmente prelevati nelle loro case, deportati e gasati ad Auschwitz. Idealmente, è come se quella foto in bianco e nero venisse stracciata.
Per Lucia è un colpo particolarmente duro che le fa crescere dentro una rabbia sorda, profonda verso ogni forma di prepotenza, di arroganza, di ingiustizia. A seguito di questi eventi, Lucia ed i suoi fanno ritorno a Roma, in una casa assegnata loro dallo Stato nel periferico e povero quartiere di Primavalle.
È un periodo di grande avvilimento. I genitori vanno alla ricerca di un lavoro, lei è assunta come operaia alla Zecca dello Stato. L'avvicinamento all'antifascismo avviene attraverso la conoscenza, nella primavera del 1943, del giovane Mario Fiorentini di famiglia ebrea piccolo-borghese. Fiorentini è in contatto con gli ambienti culturali ed artistici della città. È in amicizia con scrittori come Ugo Betti, Giorgio Caproni, Francesco Jovine, Sibilla Aleramo, Sandro Penna e Vasco Pratolini; con pittori come Vedova, Turcato, Guttuso, Purificato. Conosce registi, quali Squarzina, Lizzani, Gerardo Guerrieri, Vito Pandolfi, Mario Landi ed attori di teatro e cinema come Gassman, Lea Padovani, Nora Ricci, Caprioli e Bonucci. L'intesa fra i due giovani è immediata, naturale; si completano a vicenda. Lucia, educata e cresciuta in un ambiente sociale avanzato, multireligioso; che parla correntemente, oltre all'italiano, il francese ed il tedesco; che considera la Francia, messa in ginocchio dai nazisti ed aggredita dall'Italia, la sua seconda patria; che ha avuto nella sua numerosa famiglia dei parenti ebrei deportati e gasati ad Auschwitz; lei alsaziana proveniente da una realtà che l'ha portata a conoscenza, ancor prima degli stessi ebrei piccolo-borghesi romani, delle spaventose realtà dei campi di sterminio nazisti, accoglie con estrema naturalezza i principi antifascisti. Nella prima metà del 1943 frequenta, insieme a Mario Fiorentini, gli ambienti culturali ed artistici di Roma e partecipa alle prime azioni politiche: comizi lampo e manifestazioni di protesta. Il primo incarico politico, affidatogli da Laura Lombardo Radice, consiste nella raccolta di indumenti, medicine e cibo per i prigionieri politici. Nello stesso periodo, Mario entra in contatto con gli antifascisti di “Giustizia e Libertà”, di ispirazione democratica e repubblicana. Ed è nelle file di questo movimento politico, dal carattere popolare ed interpartitico, che, dopo la caduta del Fascismo nell'agosto del 1943, Lucia, Mario e Franco di Lernia, guidati da Fernando Norma, partecipano agli Arditi del Popolo. All'appuntamento dell'8 settembre 1943, quando i tedeschi occupano Roma, Lucia arriva dunque preparata: politicamente, spiritualmente e militarmente. Lei, rispetto a Mario, che in seguito sarebbe diventato suo marito, il compagno affettuoso della sua vita, agli altri giovani intellettuali, ai suoi coetanei è politicamente in vantaggio per il semplice motivo che ha conosciuto prima di loro, in Alsazia, la brutalità dei nazisti. La Ottobrini, fortemente ideologizzata e con un bagaglio di sofferenze anche più pesante e tragico di quello di Mario, che pure aveva subito le leggi razziali, che aveva visto, il 16 ottobre 1943, portar via brutalmente dai nazisti i suoi genitori i quali solo fortunosamente erano riusciti ad evitare la deportazione ad Auschwitz, non esita nemmeno un istante a scendere in campo contro gli occupanti. Il 10 settembre, dopo che si erano spenti i furiosi combattimenti iniziati la notte dell'8 con l'attacco dei paracadutisti tedeschi alle postazioni del I Reggimento Granatieri nei pressi del ponte della Magliana e proseguiti a Porta San Paolo, Lucia e Mario sono in via del Tritone, all'angolo di via Zucchelli, ad osservare muti ed angosciati il transito dei carri armati e delle truppe tedesche di occupazione. Lo sfilamento non è ancora terminato che Mario prende Lucia per un braccio ed esclama “nous sommes dans un cul-de-sac”. Subito dopo, vanno alla Pineta Sacchetti, al Flaminio, a Monteverde a raccogliere le armi abbandonate nelle caserme, soprattutto bombe ed esplosivi. In questa particolare e concitata ricerca, gli iniziatori della guerriglia urbana sono guidati da un Ufficiale dell'Esercito, il Tenente Prat. Ai primi di ottobre del 1943 è, insieme a Mario Fiorentini, tra i fondatori dei Gruppi Armati Patriottici Centrali i quali hanno lo scopo di indebolire il potenziale bellico nazista a Roma ed impedire che la “Città Aperta” venga utilizzata per il transito delle colonne di rifornimenti dirette al fronte. I GAP romani sono quattro, divisi in otto zone che coprivano l'intero perimetro urbano; ognuna di esse ha un comandante militare, un commissario politico ed un responsabile organizzativo.
La Ottobrini partecipa alle più importanti ed audaci azioni militari dei GAP romani. Fra le più importanti e conosciute, senza contare i ripetuti improvvisi attacchi a colpi di bombe agli automezzi e carri armati tedeschi in sosta ed in transito per il fronte, quella del 4 marzo 1944 davanti alla caserma dell'81° Reggimento di fanteria in via Giulio Cesare, per ottenere la liberazione dei civili arrestati; l'attacco, il 10 marzo, al Battaglione “Onore e Combattimento” della Guardia Nazionale Repubblicana in via Tomacelli; l'attacco in via Rasella, il 23 marzo 1943, alla Compagnia del Reggimento di Polizia SS “Bozen”, formato da altoatesini che avevano optato per la cittadinanza tedesca. Questa azione è pianificata da Fiorentini, fondatore e comandante del Gap Centrale Antonio Gramsci. 
L'attacco, fulmineo, portato a termine da diciassette gappisti, fra cui la Ottobrini e la Capponi, comandati da Carlo Salinari, provoca la morte di trentatre tedeschi, ventotto sul colpo e cinque in ospedale a causa delle gravissime ferite riportate. Un centinaio i feriti. Nessun gappista, invece, rimane ucciso o ferito; nessuno viene catturato. In via Rasella si svolge una vera e propria battaglia. Dopo aver fatto esplodere l'ordigno al passaggio dei militari, i gappisti attaccano a colpi di bombe e d'arma da fuoco i tedeschi, ingaggiano con questi una violentissima sparatoria. Ogni SS ha  cinque o sei bombe a mano appese alla cintola. Anche queste scoppiano e contribuiscono ad accrescere il numero delle vittime. La compagnia SS viene praticamente annientata da un manipolo di guerriglieri che, dopo l'azione, svanisce nel nulla. I tedeschi sono furibondi, dal punto di vista militare il durissimo attacco subito, peraltro nel cuore di Roma, è uno smacco umiliante mai accaduto prima nelle città dell'Europa occupata. Il giorno dopo segue la fulminea tremenda rappresaglia tedesca alle Fosse Ardeatine, ove vengono trucidate 335 persone di età compresa fra i 14 ed i 75 anni. Dopo l'azione di via Rasella, “Maria” e “Giovanni”, ricercati dai nazisti, vengono inviati dalla giunta militare del CLN a dirigere le operazioni nella zona di Tivoli e Castelmadama.  Intanto, a pochi chilometri da Roma, ad Anzio, gli Alleati sbarcati due mesi prima, alle prime luci del 22 gennaio 1944, sono ancora li, inchiodati dai tedeschi. I romani che aspettavano da un momento all'altro l'ingresso degli anglo-americani in città avrebbero dovuto aspettare sino alla domenica del 4 giugno.
Di quel periodo, Lucia ricorda, con il dolore nel cuore, i terribili devastanti bombardamenti americani che si abbattevano quotidianamente sulla povera gente, quella stessa gente che l'8 settembre 1943 aveva festeggiato l'armistizio come la fine di un periodo buio, che aveva visto in quell'armistizio il ritorno a casa di figli e mariti dai lontani fronti di guerra e guardato con ottimismo all'immediato futuro. Lei non comprendeva il senso di quelle devastazioni che colpivano duramente più la popolazione che i tedeschi. Tivoli fu quasi interamente rasa al suolo, case ed ospedali distrutti. Dopo quei bombardamenti, viene inviata sulle alture di Castel Madama per dirigere un nucleo partigiano al quale è affidato il compito, fra gli altri, di preservare una centrale idroelettrica che i tedeschi intendono far saltare. "Niente di particolarmente eroico", afferma in una intervista, "eravamo gente costretta a lottare e non guerrieri in cerca di gloria".
 Sempre di questo periodo, il Professor Fiorentini ama raccontare la pietà di Lucia sia nei confronti dei civili, stremati dai continui, quanto inutili, bombardamenti anglo-americani, che dei tedeschi. A questo riguardo, racconta di quando Lucia, con il cuore straziato, vide una colonna di giovanissimi soldati germanici che, provati dai durissimi combattimenti, stanchi ma orgogliosi, cantavano “Andiamo a casa dove staremo bene”. Nell'ascoltare questa struggente canzone, la gappista alsaziana che capiva il tedesco scoppiò a piangere. In questo episodio è, forse, racchiusa la complessa e profonda personalità di  Lucia Ottobrini.
Sulla sua scelta politica e militare di combattere il nazifascismo, ha dichiarato: “La principale motivazione della mia scelta antifascista fu sicuramente l'entrata in guerra contro la Francia, la mia seconda patria, l'infamia di un'aggressione contro un Paese che era stato già piegato dai tedeschi. Poi le leggi razziali. Molta gente, specie nel "popolino", aveva creduto in una matrice proletaria del fascismo e in una certa propensione ad occuparsi della povera gente e questo spiega il consenso di massa che il fascismo, e il fascino personale di Mussolini, avevano conseguito. Con i fallimenti della campagna di Grecia e di Russia, si capì subito però che la guerra non sarebbe stata la passeggiata imprudentemente promessa. Fu il fatto di aver passato la prima parte della mia esistenza in un ambiente proletario e i miei trascorsi in Francia, che fecero maturare in me la coscienza di stare dalla parte degli operai e del popolo”.
Nel 1953 le è stata assegnata la medaglia d'Argento al Valore Militare con la seguente motivazione:
"Ottobrini Lucia di Francesco e di Domenica De Nicola, Roma, classe, 1924, partigiana combattente. Giovane e ardimentosa partigiana, dava alla causa della Resistenza a Roma e nel Lazio, apporto entusiastico e infaticabile. Raccoglieva e trasportava armi, procurava notizie, contribuiva validamente alla organizzazione di numerosi atti di sabotaggio. Con coraggio virile non esitava ad impugnare le armi battendosi più volte a fianco dei compagni di lotta, sempre dando esempio di impareggiabile ardimento e facendosi ricordare tra le figure rappresentative della Resistenza romana. Zona di Roma, settembre 1943- giugno 1944)".
Ad oltre sessantacinque anni di distanza da quei dolorosi giorni in cui tutti, uomini e donne, furono chiamati a delle scelte difficili e drammatiche, in Lucia rimane un profondo senso di umanità. Un senso di pena per tutte le vittime di quel periodo, compresi quei giovani tedeschi, di cui parlava la lingua, che con la paura nel cuore cantavano “A casa, a casa, che li staremo meglio”.