Traduzione

Il presente blog è scritto in Italiano, lingua base. Chi desiderasse tradurre in un altra lingua, può avvalersi della opportunità della funzione di "Traduzione", che è riporta nella pagina in fondo al presente blog.

This blog is written in Italian, a language base. Those who wish to translate into another language, may use the opportunity of the function of "Translation", which is reported in the pages.

L'UNUCI per l'Umbria

Il Volume "La Divisione "Perugia" Dalla Tragedia all'Oblio" è disponibile in tutte le librerie. ISBN 886134305-8, Roma, 2010, Euro 20,00 pag. 329.



Ordini: ordini@nuovacultura.it, http://www.nuovacultura.it/ Collana storia in laboratorio; per ordini diretti risorgimento23@libero.it; per info:ricerca23@libero.it; per entrare in contatto con gli autori: massimo.coltrinari@libero.it



Ricordare i nostri Caduti

Ricordare i nostri Caduti
Per acquistare il volume, cliccare sulla foto per il sito della Casa Editrice e seguire il percorso: Pubblica con noi-Collame scientifiche/ Collana Storia in laboratorio/ vai alla schede/ pag.1 e pag. 2

Cerca nel blog

lunedì 31 maggio 2021

Maria Luisa Suorani Quersoli

 

La scomparsa improvvisa del Capo di Stato Maggiore Alberto Pollio

alla vigilia della Grande Guerra

 

Chi si accinge allo studio della Grande Guerra   incontra  la figura di Alberto Pollio inevitabilmente collegata alla nomina a Capo di Stato Maggiore del Generale Luigi Cadorna (avvenuta a seguito della subitanea scomparsa del Generale casertano, suo predecessore). In prospettiva, lo spazio dedicato alla figura del Generale Pollio è davvero minimale rispetto sia al suo spessore sotto il profilo militare, sia alla portata delle conseguenze inerenti alla sua morte sulle sorti del Paese.

Egli era un convinto triplicista.

Proveniente dalla Nunziatella, approdò infine alla Scuola di Guerra di Torino. Le notevoli doti gli valsero la considerazione del Re Umberto I[1], anch’egli più vicino all’Austria di quanto non lo fossero gli Ufficiali piemontesi che vedevano in essa prevalentemente il nemico storico. 

Il regicidio colpì profondamente Pollio.

Se si compara, anche per sommi capi, l’indirizzo politico preso successivamente dall’Italia con le convinzioni radicate e lo spessore militare notevole[2] di Pollio i dubbi che circondano tuttora la sua prematura scomparsa sembrano assumere una certa consistenza. Il viaggio a Torino in ottime condizioni di salute, una lieve indigestione rivelatasi subdolamente fatale, le inspiegabili  infrazioni sul piano formale[3] rendono legittimo interrogarsi sulle reali dinamiche della morte dell’uomo di vertice dell’Esercito Regio: la sua presenza costituiva un fiero ostacolo sul piano politico, insormontabile  tanto da oscurare le sue innegabili capacità sul comando degli uomini e sull’impiego efficace delle nuove tecnologie. Inutile riflettere su ciò che non fu. Risulta opportuno invece ricordare che, dopo la XII Battaglia dell’Isonzo, il comando del Regio Esercito fu affidato al generale Diaz, fermo nel trattare con l’interlocutore politico, vicino al Generale Pollio da molti anni[4], allo stesso Diaz al quale per primo pervenne la comunicazione della morte improvvisa del Capo di Stato Maggiore con la pietosa consegna di comunicare la notizia ferale alla famiglia.  



[1] «L’ultima volta che lo vidi a Napoli fu il giorno dell’attentato di Passanante. Eravamo schierati davanti al Palazzo Reale, attendendo l’arrivo del Sovrano che faceva il suo ingresso ufficiale. Ad un tratto da Toledo vedemmo spuntare Pollio al galoppo, passare davanti a noi stravolto in viso e l’udimmo gridare al mio capitano: «Hanno pugnalato il Re» e poi sparire entro il palazzo» (E. De Rossi, La vita di un ufficiale italiano sino alla guerra, Milano: Mondadori, 1927, p. 22).

[2] L’anno precedente alla nomina a Capo di Stato Maggiore così veniva descritto Alberto Pollio da un suo Superiore: «ha tutti i requisiti per raggiungere i più elevati gradi della gerarchia; e più si troverà in posizione eminente, meglio potrà esplicare tutta la sua intelligenza, operosità ed iniziativa e saprà acquistare quell’ascendente tanto necessario per ottenere il volonteroso concorso di tutti nella attuazione dei suoi concetti … Auguro, nell’interesse dell’Esercito, che egli possa in più vasto ambiente mettere in luce tutto il suo valore» (I Capi di Stato Maggiore dell’Esercito – Alberto Pollio – 4 Roma: Comando del Corpo di Stato Maggiore dell’Esercito, 1935, p. 10  in G. Catenacci, F. M. Di Giovine, Il Generale Alberto Pollio: dalla Nunziatella ai vertici dello Stato Maggiore del Regio Esercito Italiano, Scuola Militare Nunziatella, Società di Storia di Terra di Lavoro; Associazione Nazionale ex Allievi Nunziatella; Sezione Campania e Basilicata, Civitella del Tronto, 21 marzo 2015, p. 9). La testimonianza di un giovanissimo Eugenio De Rossi è conferma al giudizio espresso dal Superiore circa l’ascendente personale: «Ritornammo a Napoli ed alla stazione trovammo il capitano Pollio di Stato Maggiore. Rassomigliare a Pollio era il sogno di noi ragazzi. Egli allora era un bellissimo giovine, sempre inguantato, profumato, calzato a pennello. Alle parate non mancava mai di avvicinarsi a noi e rivolgerci qualche piacevolezza, facendo danzare un suo vivace morello» (E. De Rossi, La vita di un ufficiale italiano sino alla guerra, cit., p. 22).

[3] Il medico (la cui carriera paradossalmente decollò dopo l’infausto esito del suo operato) che si prese cura del Capo di Stato Maggiore non era un medico militare  (G. Catenacci, F. M. Di Giovine, Il Generale Alberto Pollio: dalla Nunziatella ai vertici dello Stato Maggiore del Regio Esercito Italiano, cit. p.15).

[4] Nel biennio 1895 – 96, Armando Diaz era in forze presso la segreteria del Generale Pollio.

giovedì 20 maggio 2021

La Guerra di Liberazione 1944 Il Terzo Fronte L'Ulteriore tradimento

 

La scelta di non aderire alle proposte di collaborazione al nazifascismo da parte degli Internati Militari Italiani fu una sorpresa sia per i tedeschi che per Mussolini.  Sia i tedeschi, come mano d’opera volontaria, sia Mussolini, come soldati delle forze Armate repubblicane, molto avevano contato su questa massa di giovani che nella sostanza era stata educata dal fascismo, nelle fila della Gioventù Italiana del Littorio. Il loro massiccio rifiuto fu la certificazione del fallimento del fascismo come regime, e per la Repubblica Sociale, una ennesima dimostrazione di debolezza agli occhi dei tedeschi. A tutto questo si cercò di porre rimedio con una operazione di vertice, ovvero trasformando lo status di Internato Militare in quello di “lavoratore civile”, accordo tra Hitler e Mussolini del 20 luglio 1944, firmato in circostanze drammatiche proprio nel giorno dell’attentato di von Stauffenberg alla Tana del Lupo. Nella sostanza poco cambiava: gli Internati, a prescindere da come era il loro status continuarono ad essere trattati dai tedeschi come schiavi, mentre quelli che avevano aderito avevano condizioni poco migliori dei non aderenti, ma sempre lavoratori coatti. Questo ennesimo tentativo di mascherare la non adesione sottolinea il significato di una decisione che rappresenta una delle scelte più difficili della Guerra di Liberazione. Cercare di minimizzare, o mascherare questa scelta è stata la caratteristica di questo fronte nel 1944, a cui si risposte da parte degli Internati Militari, in un contesto di disperata solitudine, con coerenza e determinazione a continuare nelle scelte iniziali. Per chi era cresciuto nella Gioventù Italiana del Littorio, ovvero quasi tutti fu un ulteriore tradimento.

 

 

lunedì 10 maggio 2021

La Guerra di Liberazione. 1944 Il Secondo fronte. Il movimento ribellistico . L'unità come regola base

 

Il 1944 per il II fronte, il movimento ribellistico nasceva dalle ceneri dei disastri dei mesi precedenti. Si era compreso che la rivolta armata non poteva essere condotta con i criteri della guerra classica. Occorreva adottare nuove tattiche, per evitare di essere sempre soccombenti di fronte ad un nemico agguerrito e più forte, con un armamento più potente ed adeguato.  Inoltre occorreva provvedere ad una logistica partigiana più accorta, meno labile, dipendente dal caso e dalla improvvisazione. Basilare la ristrutturazione del settore informativo, con contrasto efficace alle spie, ai delatori, agli opportunisti e ai doppiogiochisti.  Dal punto di vista militare le bande si organizzarono in modo tale da evitare lo scontro diretto, la difesa ancorata e soprattutto di attaccare in massa il nemico. Inizia una progressione di qualità militare che porterà le formazioni ribellistiche ad essere sempre più agguerrite. Oggi si direbbe la strategia del debole verso il forte, in cui non solo la guerriglia ma anche gli atti singoli, detti di terrorismo, furono adottati. Sulle montagne prese quindi sempre più forme dirette di guerriglia, mentre nelle città, i GAP e le SAP adottarono le tecniche terroristiche, con attentati e colpi di mano diretti a personalità e simboli della Repubblica Sociale italiana e dei tedeschi. Fu una progressione di miglioramento costante, mese dopo mese.  La reazione delle forze avversarie fu sostanzialmente inefficace e improduttiva, tutto basato sulla rappresaglia e sulla violenza incontrollata verso la popolazione, che sostanzialmente conquistare la quale era il vero obiettivo del movimento ribellistico che fu realizzato sul finire del 1944.

 Per i responsabili della Resistenza, risolto il problema militare, rimaneva quello principale, ovvero mantenere unite le forze che avevano deciso di ribellarsi.  I tedeschi fecero ogni sforzo per dividere le varie componenti del movimento ribellistico, soprattutto quelle di democrazia liberale, monarchica, cattolica e in genere, centrista. Ogni sforzo fu sventato e l’unità del fronte ribellistico fu mantenuta integra. Paradossalmente il vero colpo mortale al movimento fu portato, a metà novembre, da chi meno lo si aspettava: gli Alleati. Il proclama di Alexander del 20 novembre che invitava i ribelli a smobilitare e a tornarsene a casa per l’inverno fu in sostanza interpretato da amici e nemici come un invito ad abbandonare la lotta armata. Fu un momento molto difficile, che diede vigore agli avversari e metteva in discussione tutta l’architettura della Resistenza. Il 1944 fu un anno di crescita, di successi, di speranza che tutto si concludesse entro l’inverno ma che si concluse con una momentanea botta d’arresto, soprattutto politica e morale.