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mercoledì 30 giugno 2021

La Guerra di Liberazione 1944. Il fronte nemico Verso il baratro

 

Per la Repubblica Sociale Italiana il 1944 fu un anno che all’inizio dava grandi speranze e grandi aspettative; nel prosieguo dei mesi si passò via via sempre più verso la rassegnazione e il velleitarismo, con la sensazione di essere sempre più isolati e lontani dalla popolazione, con un consenso che quasi giornalmente era sempre più labile. Tutte le offensive lanciate contro le forze ribellistiche non avevano dato i risultati sperati; il movimento partigiano anziché scomparire, ad ogni offensiva portata a termine, convinti di aver raggiunto una vittoria, si ripresentava ancora più forte e non minimamente indebolito. Vi erano zone praticamente perse e sotto il controllo dei ribelli. Nelle città la sicurezza era labile e qui si dimostrava tutto il carattere di questo avversario imprendibile. Con i mesi il rapporto con i tedeschi, anche sul campo militare, si logorò. E questo era la conseguenza di un aspetto della Repubblica Sociale che ormai era sotto gli occhi di tutti. Non vi era concordia, con vi era unità di comando, non vi era una linearità di intenti. Vi era L’Esercito di Graziani, l’esercito apolitico, le Brigate Nere di Pavolini, l’esercito del partito in armi, la Guardia Nazionale Repubblicana di Ricci, una miriade di altre reparti ed unità semi dipendenti; mentre praticamente inesistente per mancanza di mezzi la Marina Militare, l’Aeronautica si immolava con i pochi aerei rimati. In più erano sorte ad opera di capi improvvisati, le varie polizie speciali, vere bande di delinquenti, ladri, torturatori sadici che terrorizzavano la popolazione. Tutto questo, era evidente, per mancanza di un potere centrale che doveva essere nelle mani del Duce, capo carismatico; ma Mussolini come già nel Regime, voleva i suoi collaboratori l’uno contro l’altro, in lotta fra di loro, e questa scelta era la fonte primaria del suo potere personale. Potere molto limitato, peraltro, perché quello vero era in mano ai tedeschi, cioè ai rappresentanti di Hitler ed Himmler in Italia. Il vero smacco per la Repubblica Sociale fu il perenne diniego dei tedeschi di inviare reparti della Repubblica al fronte. Le quattro divisioni che rientrarono dalla Germania furono impiegate in funzione antipartigiana, scavando ancora di più il fossato tra la Repubblica Sociale e gli Italiani, mentre la vera destinazione sarebbe stato il fronte di Cassino. Su questo fronte, altro smacco per la Repubblica Sociale, vi erano presenti solo un reparto di Valerio Borghese, che aveva stipulato un patto privato tra lui ed i tedeschi, e soprattutto vi erano dei soldati italiani; come gli ex paracadutisti della divisione “Ciclone”, o i volontari nelle Waffen-SS italiane che si erano arruolati nelle fila della Whermacht con uniforme tedesca e giuramento ad Hitler, per non aderire alla Repubblica Sociale, di cui avevano perso ogni stima. Anche se non a conoscenza dei dirigenti della Repubblica, in primis Mussolini, a ottobre del 1944 i tedeschi iniziano contatti segreti con gli Alleati in Svizzera per arrivare ad una pace separata, (operazione Sunrise), contatti che continueranno fino all’aprile successivo e che porterà alla firma della resa a Caserta del 29 aprile 1945 dei tedeschi In Italia, senza alcun rappresentante della RSI presente. L’ultimo oltraggio tedesco, espressione della disistima sempre coltivata dai nazisti, per alleato fascista italiano.

 

 

domenica 20 giugno 2021

La Guerra di Liberazione 1944. Il V Fronte la Prigionia: rimanere fedeli o collaborare?

 

Il 1944 fu un anno terribile per i prigionieri italiani in mano alleata. La crisi armistiziale aveva fatto sperare a tutti un rapido ritorno a casa. In realtà un armistizio, dal punto di vista giuridico, non prevede la restituzione dei prigionieri. Nelle clausole firmate dal Governo Badoglio, peraltro, questi sì “era dimenticato” di chiedere la restituzione dei prigioneri italiani in mano alleata, suscitando negli Alleati sospetti pesanti sulla sua credibilità e sulla sua lealtà. Badoglio si era ricordato di loro nel momento in cui si pose mano alla ricostruzione delle forze armate predisponendo piani per l’approntamento di Armate con personale da tratte dai campi di prigionia alleati. Il progetto fu ovviamente osteggiato dagli Alleati che vedevano i prigionieri italiani in loro mano solo come forza da impiegare nel settore logistico: in pratica, con condizioni più umane, quello che facevano i tedeschi con gli Internati Militari in loro potere. Anche per i prigioneri in mano alleata si poneva il dilemma se aderire o non aderire, se rimanere fedeli al giuramento prestato a quel Re, il cui governo non dava alcuna indicazione su come comportarsi fuggendo ancora una volta dalle sue responsabilità, lasciando ancor più il singolo abbandonato a sé stesso. In tutti l’alto senso della disciplina e dell’onore militare era un freno a prendere decisioni, soprattutto per il fatto che al rientro in Italia sapevano tutti che il loro comportamento in prigionia sarebbe stato oggetto di attento giudizio. Anche questo fronte si divise in collaboratori e non collaboratori, con le conseguenze nel lungo periodo che questa scelta a posteriori fu etichettata ideologicamente.

Addirittura per quelli in mano alla URSS furono gettate le premesse per quelle violentissime polemiche sui prigionieri in mano sovietica che caratterizzò i primi anni del secondo dopoguerra. Anche per i prigionieri il 1944 fu un anno di speranze, delusioni, di difficoltà, senza prospettive di vedere realizzato quello che tutti aspettavano: rientrare in Italia.

 

giovedì 10 giugno 2021

La Guerra di Liberazione 1944 Il IV Fronte. I soldati combattenti all'estero: come sopravvivere?

 

Per i militari italiani all’estero, che avevano scelto di andare in montagna e dare guerra al tedesco, il 1944 fu un anno di difficili prove. Venuto meno il vincolo disciplinare che, bene o male, era stato un elemento di riferimento all’indomani della proclamazione dell’armistizio, nel 1944 i militari italiani erano stati nella maggior parte assorbiti nelle formazioni locali partigiani. Tattiche di guerriglia, gerarchia, disciplina, logistica erano completamente diverse e spesso in contrasto anche con il proprio pensiero sia politico che nazionale. In ottobre un altro dramma: il conflitto interno greco, al momento della ritirata tedesca, coinvolge i militari italiani che rappresentano, spesso, l’unico motivo di concordia per i Greci che si combattono: gli italiani erano e sono solo dei fascisti invasori. In Albania e in Jugoslavia, pur cercando di mantenere la propria identità, i soldati italiani, accettati e rispettati come combattenti, vengono via via assorbiti dalle scelte ideologiche di questi movimenti, soprattutto quella comunista che al momento è accettata ma che in prospettiva sarà di grande peso al termine della guerra, senza che il singolo soldato italiano se ne rendesse conto. Per i soldati italiani combattenti all’estero è imperativo sopravvivere, cercare di abbreviare il più possibile la guerra, nella speranza di ritornare cercando di barcamenarsi al meglio tra tedeschi e partigiani locali, anche per loro in un contesto di solitudine ed abbandono da parte delle Autorità in Italia.