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L'UNUCI per l'Umbria

Il Volume "La Divisione "Perugia" Dalla Tragedia all'Oblio" è disponibile in tutte le librerie. ISBN 886134305-8, Roma, 2010, Euro 20,00 pag. 329.



Ordini: ordini@nuovacultura.it, http://www.nuovacultura.it/ Collana storia in laboratorio; per ordini diretti risorgimento23@libero.it; per info:ricerca23@libero.it; per entrare in contatto con gli autori: massimo.coltrinari@libero.it



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lunedì 30 maggio 2016

Roma, 8 giugno 2016 ore 17. Comunicato

ISTITUTO DEL NASTRO AZZURRO FRA COMBATTENTI DECORATI AL VALOR MILITARE

CENTRO STUDI SUL VALORE MILITARE
CESVAM

 Sito: www.istitutonastroaazzurro.it/cesvam

In Collaborazione con la Federazione Roma del Nastro Azzurro”, nel quadro dei
Mercoledì del Nastro Azzurro
Comunicato

INCONTRO CON L’AUTORE

  LUIGI MARSIBILIO

“Il Quadro di Battaglia dell’Esercito Italiano nel 1940”
(Progetto di ricerca 2015 presentato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri)


Nel 2015 l’Istituto del Nastro Azzurro ha presentato, tramite il Centro Studi sul Valore Militare – CESVAN, cinque progetti in base al bando di invito della Presidenza del Consiglio dei Ministri per celebrare e ricordare il 70° anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale ed in particolare la Guerra di Liberazione 1943-1945. Tra questi progetti vi era anche quello dedicato al “Quadro di Battaglia dell’Esercito Italiano nel 1940” avente lo scopo di illustrare, attraverso una ricerca dettaglia ed iconografica la reale consistenza dello strumento militare italiano al momento dell’entrata in guerra.

Il Progetto, ancorchè non finanziato, fu portato avanti secondo l’architettura proposta. Oggi, nel ricordare la data del 10 giugno 1940, giorno della dichiarazione di guerra alla Gran Bretagna ed alla Francia, il capo progetto, Gen. Luigi Marsibilio, illustrerà i risultati della ricerca. Questa si è sviluppata tenendo conto dei dettami del volume “La ricostruzione di un avvenimento storico militare”, volume che è la base di partenza di tutte le ricerche relative ai progetti gestiti dal CESVAM.

L’Esercito Italiano, o come nel 1940 veniva definito, il Regio Esercito, era articolato su Scuole, Armi, Corpi e Servizi, ed includeva anche le Regie Truppe Coloniali ed un nuovo Corpo, La Guardia alla Frontiera. La pedina base era il reggimento, che raccoglieva e rappresentava la tradizione militare italiana. Ordinato sulla classica ripartizione delle forze, il reggimento comprendeva battaglioni, compagnie plotoni e squadre, mentre, a livello superiore, il reggimento vi erano la Divisione, il Corpo D’Arma l’Armata. Non vi era il livello di Brigata per via degli ordinamenti adottati a metà degli anni trenta. 

L’Autore illustrerà le tappe della ricerca ed i risultati e trarrà le conclusioni relative.

A seguire, per dare compiutezza alla ricerca sarà presentato ed illustrato il volume che è servito di matrice articolativa della ricerca stessa:

 “La ricostruzione e lo studio di un avvenimento storico militare”
Società Nuova Cultura, Università la Sapienza, Edizione “I Libri del Nastro Azzurro”
Roma 2016, pag, 287, E. 18,50 ISBN 8861342671


I progetti presentati dall’Istituto del Nastro Azzurro nel 2015, come già accennato, comprendevano oltre a quello oggi illustrato anche i seguenti:”Storia in laboratorio”, che aveva lo scopo di portare testimonianze nelle scuole, già precedentemente avviato, e quello avente lo scopo d predisporre, per il progetto “Storia in laboratorio” un “Dizionario Minimo della Guerra di Liberazione 1943-1945” più altri due, riguardanti la implementazione della ricerca informatica ed un secondo riguardante il valore militare. Tutti i progetti ebbero accoglienza degna di nota e tra quelli presentati, nell’ordine delle centinaia su scala nazionale, nella graduatoria che la Presidenza del Consiglio stilò in fase valutativa e giudicativa, si classificarono tra il trentaduesimo posto ed il cinquantesimo. Una buona classificazione; il rammarico è dovuto al fatto che che i progetti meritevoli di finanziamento erano solo quelli classificatesi  fino al 30 posto. Nonostante questa difficoltà si decise di proseguire nell’ambito CESVAM le ricerche previste nei progetti. Oggi è stato presentato quello relativo al quadro di battaglia dell’Esercito nel 1940, a breve sarà presentato quello relativo al Dizionario Minimo della Guerra di Liberazione.

Tutti i progetti, come detto, hanno riferimento al volume che oggi si presenta. Questo volume si prefigge di fornire, a studenti, frequentatori e ricercatori, predendo le mosse dai dettami e finalità del progetto “Storia in laboratorio” promosso a suo tempo, nel 2006, dal presidente Gen. Sen. Luigi Poli nell’ambito della Associazione combattentistica di cui era Presidente, uno strumento utile per ricerche di carattere storico. Con la morte del Gen. Luigi Poli, nel 2013, il progetto sembrava arenarsi. Ripreso in ambito CESVAM, il progetto continua e si è ben sviluppato, sempre avendo come base questo volume, che oggi è presentato nella edizione dei “Libri del Nastro Azzurro” continuando la sua funzione di divulgazione e studio delle tematiche storiche.

Prendendo a riferimento il fenomeno “guerra” il volume propone schemi attagliati, anche in combinazione tra loro, alla guerra classica, alla guerra rivoluzionaria e/o sovversiva, ed alle recenti peace support operations, ove in questo caso, i soggetti protagonisti da due passano a tre (parti in conflitto/forze di interposizione). Sono note e suggerimenti sia per coloro che voglio studiare la Storia, ma anche per coloro che voglio capire la “Storia” attraverso chiavi di lettura basate sul metodo storico. Un volume più da consultare e tenere presente che da leggere

Interverranno per approfondire gli spunti qui indicati alcuni componenti del Collegio dei Redattori dei “Quaderni” del Nastro Azzurro, che hanno adottato questo volume come strumento di lavoro e di studio.

La presentazione della ricerca e del volume si terra:
MERCOLEDI 8 GIUGNO 2016 ORE 17.00 nella Sede Nazionale del Nastro Azzurro, Sala Maggiore, Viale Regina Margherita/Piazza Galeno 1 Roma


La S.V. è invitata a partecipare e, se lo crede opportuno, intervenire..

venerdì 27 maggio 2016

Austria: un problema che rileva l'egoismo austriaco

Unione europea
Austria e minacce populiste assediano l’Ue 
Matteo Garnero, Eleonora Poli
19/05/2016
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Mentre a Londra il partito laburista festeggia il trionfo elettorale del proprio candidato, Sadiq Khan, in Austria i rappresentanti dei partiti tradizionali dovranno probabilmente considerare una ristrutturazione interna, dopo il fallimento dei loro candidati, il popolare Andreas Kohl e il socialdemocratico Rudolf Hundstorfer.

In effetti, durante le elezioni presidenziali dello scorso 24 aprile, i due partiti hanno ottenuto poco più dell’11% dei voti, lasciando via libera a Norbert Hofer, leader del Partito della Libertà, Fpö, guidato da Heinz-Christian Strache.

Con una campagna nazionalista e anti-immigrazione, l’Fpö è infatti riuscito a sbaragliare i partiti tradizionali, assicurandosi la maggioranza relativa dei voti (36,4%). Nel ballottaggio del 22 maggio, dovrà ora affrontare il candidato indipendente (ma comunque sostenuto dal partito dei Verdi) Alexander van der Bellen che ha ottenuto il 20,4% dei voti.

Il cancelliere socialdemocratico Werner Faymann ha rassegnato le proprie dimissioni, lasciando il posto a Christian Kern, nel tentativo di fermare il crollo di consensi del governo di coalizione.

L’importanza delle elezioni in questione è più simbolica che sostanziale, dal momento che il ruolo del Presidente, così come previsto dalla costituzione dell’Austria, è formalmente di rappresentanza. Ciononostante, il risultato del primo turno delle elezioni presidenziali rappresenta un dato in linea con un allarmante trend, che vede i movimenti populisti assediare le porte dei governi europei.

Euroscettici e xenofobi a nord…
Pochi mesi fa l’Unione europea, Ue, era stata scossa dalla vittoria elettorale del partito euroscettico e di estrema destra francese, Front National, nel primo turno delle regionali con il 27,7% dei voti su scala nazionale.

In questo frangente, buona parte dell’elettorato ha sostenuto i candidati repubblicani (Les Républicains, 27%) e socialisti (Parti socialiste, 23%) nei ballottaggi, evitando che il FN ottenesse il controllo di qualsivoglia regione, sebbene abbia registrato il più consistente supporto elettorale della sua storia politica, con quasi 7 milioni di voti.

Più recentemente, in occasione delle elezioni in alcuni Stati federali tedeschi, il partito anti-immigrazione Alternative für Deutschland ha consolidato la propria posizione come terza forza politica della Germania, in aperta contestazione alle politiche della Cancelliera Angela Merkel.

Allo stesso tempo, con un sostegno che oscilla fra il 16-17% rispetto al 12,6% ottenuto nelle elezioni parlamentari dello scorso anno, la legittimità del partito indipendentista britannico, Ukip, sta aumentando grazie al referendum sulla Brexit del giugno prossimo.

…anti-austerity a sud 
Diversamente dal Nord Europa, il malcontento dei cittadini del Sud si è manifestato tramite partiti populisti di sinistra, soprattutto a causa delle politiche di austerità adottate dai governi nazionali per risanare le economie locali.

In Spagna, il partito eurocritico Podemos ha ottenuto un buon risultato nelle elezioni del dicembre scorso con oltre il 20% dei voti, mentre in Grecia, Syriza è ormai al potere da più di un anno. In Italia, invece, il Movimento 5 Stelle, che rifiuta ogni tipo di categorizzazione politica, ha però inserito nella propria piattaforma politica molte istanze della sinistra come la necessità di introdurre un reddito di cittadinanza.

Fpö punta sul malcontento
A prescindere dal colore politico del populismo austriaco, le ragioni del successo elettorale dell’Fpö vanno ricercate nella sfiducia comune a tutti i cittadini europei nei confronti della classe politica tradizionale, apparentemente incapace di rilanciare l’economia e gestire la crisi migratoria.

In Austria, il tasso di disoccupazione al 5,8% è decisamente inferiore rispetto alla media europea (10,2%), ma ha avuto un incremento ondivago, intorno al 2%, a seguito alla crisi finanziaria globale. A questo si deve aggiungere l’impatto determinato dagli oltre 90mila fra migranti e rifugiati, giunti in Austria nel corso del 2015.

Sul tema, il governo ha assunto posizioni contraddittorie, dapprima adottando una politica di accoglienza come fatto dalla Germania nel corso del 2015, per poi rivedere le proprie posizioni durante l'inverno, alla luce della crescita nei sondaggi dell’Fpö e del consistente afflusso di migranti e richiedenti asilo.

Il governo guidato dal cancelliere Faymann, (ora dimissionario), ha progressivamente introdotto nuovi controlli ai confini, oltre a fornire esplicito supporto alla chiusura della rotta balcanica. Dopo l'introduzione di quote di accesso e limiti alle richieste di asilo giornaliere, l'Austria ha concentrato la propria attenzione sul confine meridionale, annunciando il progetto di introdurre nuovi controlli e recinzioni al passo del Brennero.

Già nel 2014, le elezioni del Parlamento europeo avevano reso evidente il crescente peso esercitato dai partiti populisti, mettendo in luce la necessità di politiche efficaci in risposta alle domande dei cittadini. Poco sembra essere cambiato.

Con una crescita economica in media limitata (+0,5% nel primo trimestre del 2016), una disoccupazione giovanile al 19,1% e i tentativi tardivi e poco ortodossi di controllare le onde migratorie, i governi dei Paesi membri dell’Ue non sembrano in grado di far fronte ai problemi che attanagliano i cittadini europei.

Le recenti elezioni di Londra hanno dimostrato che il cambiamento, quando abbracciato da partiti tradizionali, risulta vincente. Questa è una lezione che i partiti tradizionali europei devono prendere in considerazione per non lasciare maggiore spazio ai partiti populisti che, catalizzando sul diffuso malcontento dei cittadini, hanno terreno fertile per un pericoloso consolidamento nella scena politica europea.

Matteo Garnero è stagista dell’area Europa dello IAI.
Eleonora Poli è ricercatrice dello IAI
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lunedì 16 maggio 2016

I Mari italiani e l'ambiente

Politica marittima
Non solo trivelle: la protezione dei mari d’Italia
Fabio Caffio
10/05/2016
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Rilanciare la tutela ecologica del mare da tutti i rischi che lo minacciano potrebbe essere un obiettivo da perseguire in attesa che le rinnovabili assumano priorità secondo l'Accordo di Parigi sul clima (Cop21).

Magari, avendo di mira la cooperazione transfrontaliera con i paesi vicini. Ed assumendo un approccio pragmatico sulle attività offshore energetiche, in linea con la visione dell'Unione europea (Ue) che non è certo sostenitrice ad oltranza del fossile.

Offshore europeo
La Ue ha valutato, all'indomani dell'incidente del Golfo del Messico del 2010, l'opzione della moratoria delle trivellazioni, ma ne ha escluso la fattibilità per motivi economici.

Non a caso, le istituzioni europee hanno approvato la strategia della Energy Security, volta a conseguire stabilità e abbondanza energetica anche mediante sfruttamento delle risorse nazionali di idrocarburi, ad evitare dipendenza extra Ue, in primis dalla Russia.

Come precondizione è stata però varata la direttiva 2013/30 relativa alla sicurezza delle operazioni in mare, fissando standard di responsabilità, prevenzione e controllo che il ministero dello Sviluppo economico ha prontamente recepito con il decreto legislativo 145/2015.

Inoltre, la Ue ha indicato, nell'ambito della direttiva 2014/89 sulla pianificazione spaziale marina, l'esigenza che la creazione di zone di giurisdizione nazionale tenga anche conto dei rischi associati agli usi del mare, compresi l'estrazione di idrocarburi con impianti di trivellazione e la produzione di energie rinnovabili in wind farms marine di gigantesche pale eoliche.

Ecologismo marittimo italiano
L'impegno del nostro paese nella tutela dell'ambiente marino è testimoniato dall'ultradecennale applicazione della legge 979/1982 sulla difesa del mare: normativa organica che ha generato aree marine protette, lotta agli inquinamenti costieri, capacità antinquinamento gestite da Marina militare, Guardia costiera e società private in convenzione con il ministero dell'Ambiente.

La legge 61/2006 ha successivamente previsto la possibilità di istituire, al di là del mare territoriale, la zona di protezione ecologica (Zpe). Vale a dire una zona economica esclusiva (Zee) di genere minore, relativa alla sola protezione ecologica e non alla pesca, il cui regime di prevenzione e repressione si applica a tutte le forme di inquinamento marino, comprese quelle "da attività di esplorazione e di sfruttamento dei fondi marini".

La spinta alla creazione di Zpe si è esaurita con la nascita (ad opera del Dpr 209/2011) di quella del Tirreno e del Mar Ligure, speculare rispetto alla Zee francese e sovrapposta al già esistente santuario dei mammiferi italo-franco-monegasco.

C'è da chiedersi, sull'onda referendaria, se l'istituzione di nuove Zpe in altre zone specifiche dei mari d'Italia non sia opportuna, per proteggere anche dal largo - in quello che ora è alto mare - l'ambiente costiero minacciato da vari rischi.

Del resto, la Croazia lo ha fatto nel 2003 senza negoziare con noi il confine, la Tunisia nel 2005, la Libia nel 2009. Per non parlare delle varie iniziative cipriote di delimitazione congiunta di Zee e piattaforma continentale.

Foto: aree offshore della Croazia (Fonte Sole-24 Ore).

Certo è che nuove Zpe (o addirittura Zee integrali, considerando il trend della prassi mediterranea) verrebbero incontro alle istanze ecologiste di regioni come l'Abruzzo, la Puglia e la Sicilia.

Pragmatismo Ue
È illusorio pensare di arroccarsi nella difesa ambientale dei mari italiani quando a poche miglia altri stati pianificano ed attuano un sistematico sfruttamento energetico secondo regole non sempre adeguate.

Italia e Croazia, superando le incomprensioni derivanti dall'iniziativa del 2003, potrebbero riavviare la cooperazione italo-jugoslava iniziata nel 1974 con la Commissione per la protezione dell'Adriatico, associando magari Montenegro ed Albania.

Senza dubbio, un'intesa ecologista con la Tunisia verrebbe incontro ad esigenze reali, oltre che essere politicamente fruttuosa. D'altronde, simili accordi sono previsti dal Protocollo offshore del 1994 sulla protezione del Mediterraneo dall’inquinamento da esplorazione e sfruttamento della piattaforma continentale, già ratificato da Tunisia ed Ue. Peraltro, la moratoria italo-maltese sulle trivellazioni a sud est della Sicilia di fatto va in questa direzione.

L'unilateralismo ecologista ed energetico può certo accreditare un'immagine virtuosa dell'Italia. Questa policy, a prescindere dai suoi costi economici nel medio periodo e dal beneficio che ne trarrebbero paesi concorrenti, rischia tuttavia di isolarci. Nella Ue certe logiche sono invece improntate al pragmatismo, pur nel rispetto degli impegni internazionali sul clima.

Se così è, tanto vale allora attuare gli strumenti della sicurezza delle operazioni in mare nel settore idrocarburi, del Protocollo offhore e della pianificazione spaziale marina (in cui si inquadrano iniziative di nuove Zpe) per realizzare, in tempi ragionevoli ed in forma coerente e razionale, legittime aspettative di riduzione dell'impatto sul mare dell'offshore energetico.

Fabio Caffio è Ufficiale della Marina militare in congedo, esperto in diritto internazionale marittimo
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venerdì 6 maggio 2016

Un caso infinito. Le condizioni del rientro dei Marò

Caso Marò
Girone in Italia, in attesa di mosse diplomatiche
Natalino Ronzitti
08/05/2016
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In attesa della costituzione del Tribunale arbitrale, che sarebbe dovuto entrare in funzione a norma dell’annesso VII alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, l’Italia aveva chiesto al Tribunale internazionale del diritto del mare (Amburgo) una misura provvisoria volta al rientro di Salvatore Girone e alla permanenza di Massimiliano Latorre in Italia.

Ma il Tribunale, con l’ordinanza del 24 agosto scorso, aveva congelato la situazione: permanenza in Italia di Latorre per motivi di salute; libertà vigilata in India di Girone. Di qui la mossa italiana di chiedere al Tribunale arbitrale, una volta istituito, una nuova misura provvisoria consistente nel rientro di Girone in Italia.

Il Tribunale, con ordinanza del 29 aprile resa pubblica qualche giorno dopo, ha accolto la richiesta italiana, con alcune condizioni, che non hanno reso possibile l’immediato rientro di Girone, tuttora a New Delhi, ospitato dalla nostra Ambasciata, e con l’obbligo di firma settimanale presso la polizia indiana.

Il Tribunale arbitrale dovrà decidere se la giurisdizione sull’affare dei due fucilieri di marina, imbarcati sul mercantile italiano Enrica Lexie e accusati di aver ucciso nel 2012 due pescatori indiani scambiati per pirati, spetti all’India o all’Italia. I tempi sono già stati calendarizzati e la sentenza non è prevista prima del 2018. I due Marò dovranno quindi vivere nell’incertezza, tranne che un negoziato diplomatico sblocchi la situazione e porti ad una estinzione anticipata della controversia.

Le condizioni del rientro 
Per consentire alla domanda italiana di rientro in Italia di Girone in attesa della decisione finale sulla giurisdizione, l’India ha preteso e ottenuto adeguate garanzie, prima fra tutte il ritorno di Girone in India qualora il Tribunale dovesse optare per la competenza indiana a giudicare i Marò. A tal fine, l’Italia ha formalizzato l’impegno in una dichiarazione ad hoc, accettata dal Tribunale come un atto giuridicamente vincolante.

Sul punto è da rimarcare l’atteggiamento non ostativo dell’India, che, durante il procedimento presso il Tribunale internazionale del diritto del mare sopra ricordato, aveva rimarcato come l’Italia non è uno stato che rispetta il diritto internazionale, non avendo dato esecuzione alla sentenza Germania c. Italia resa dalla Corte internazionale di giustizia nel 2012.

Ma vi è di più. India e Italia dovranno cooperare, anche di fronte alla Corte suprema indiana, cui spetterà decidere le precise condizioni per il rientro, tra cui: obbligo per l’Italia di assicurare che Girone faccia rapporto, ad intervalli regolari, ad un’autorità italiana designata dalla Corte suprema indiana; consegna del passaporto alle autorità italiane e proibizione per Girone di lasciare l’Italia senza il permesso della Corte suprema; obbligo per l’Italia di informare la Corte suprema ogni tre mesi sulla situazione di Girone in Italia.

Infine, Italia e India dovranno informare il Tribunale sulle misure intraprese per dare effetto alla decisione del Tribunale e se, entro tre mesi non viene consegnato nessun rapporto, il presidente del Tribunale potrà acquisire autonomamente tutte le informazioni necessarie (e successivamente quando lo riterrà opportuno). Di qui la speranza che entro tre mesi siano soddisfatte tutte le condizioni e Girone rientri in Italia, quantunque non sia stata fissata una data certa.

Permanenza di Latorre in Italia 
Girone potrà rientrare in Italia, ma resta sotto la giurisdizione della Corte suprema indiana fino a quando il Tribunale arbitrale non deciderà a quale dei due ordinamenti giuridici spetti di giudicare. Lo ha detto a chiare lettere il Tribunale e lo ha subito ribadito il ministro dell’informazione indiano. Comunque per il momento teniamoci il successo e operiamo affinché Girone possa rientrare sollecitamente in Italia, prima della data limite dei tre mesi.

Piuttosto sorge un altro problema, che riguarda l’altro Marò, Latorre, attualmente in Italia per motivi di salute. L’ordinanza del Tribunale riguarda solo Girone e, da parte italiana, nel richiedere le misure provvisorie era stato saggiamente ribadito che il procedimento riguardava il solo Girone, dando per scontato che la situazione di Latorre era stata congelata dall’ordinanza del Tribunale internazionale del diritto del mare e che quindi l’India non ne avrebbe potuto richiedere la riconsegna.

Interpretazione, tuttavia, non avallata da parte indiana, che è rimasta silente di fronte alle prese di posizione delle nostre autorità. Sta di fatto che la Corte suprema indiana ha concesso a Latorre una serie di proroghe per la permanenza in Italia, l’ultima delle quali risale a qualche giorno fa, avendo la Corte concesso un’ulteriore proroga fino al 30 settembre 2016. Cosa succederebbe se a fine settembre la Corte suprema con concedesse una nuova proroga. Si aprirebbe un altro contenzioso?

La fase delicata del post-ordinanza
Nel commentare l’ordinanza, qualcuno ha detto che l’Italia ha scoperto il diritto internazionale! Un giudizio un po’ affrettato, poiché l’Italia ha seguito il diritto internazionale nella vicenda, poiché ha sempre avanzato argomentazioni giuridiche per difendere il principio della sua giurisdizione esclusiva sui Marò. Anche il ricorso a misure unilaterali, come il maldestro tentativo di non far rientrare in India i Marò dopo la licenza elettorale, era comunque ammantato da considerazioni giuridiche.

Piuttosto è vero che il ricorso all’arbitrato ha impresso una nuova svolta, abbandonando la tattica errata di difendersi “nel” processo invece che “dal” processo dinanzi alle giurisdizioni indiane.

Ora si pone una fase delicata. Occorrerà che Italia ed India diano prova di grande duttilità e cooperazione per non rendere nuovamente incandescente la controversia. Meglio sarebbe se il negoziato diplomatico, che con alterne vicende non si è mai interrotto, portasse a una soluzione anticipata della controversia senza attendere i tempi lunghi del Tribunale.

Natalino Ronzitti è professore emerito di Diritto internazionale (Luiss Guido Carli) e consigliere scientifico dello IAI.
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