Il 1944 per il II
fronte, il movimento ribellistico nasceva dalle ceneri dei disastri dei mesi
precedenti. Si era compreso che la rivolta armata non poteva essere condotta
con i criteri della guerra classica. Occorreva adottare nuove tattiche, per
evitare di essere sempre soccombenti di fronte ad un nemico agguerrito e più
forte, con un armamento più potente ed adeguato. Inoltre occorreva provvedere ad una logistica
partigiana più accorta, meno labile, dipendente dal caso e dalla
improvvisazione. Basilare la ristrutturazione del settore informativo, con contrasto
efficace alle spie, ai delatori, agli opportunisti e ai doppiogiochisti. Dal punto di vista militare le bande si
organizzarono in modo tale da evitare lo scontro diretto, la difesa ancorata e
soprattutto di attaccare in massa il nemico. Inizia una progressione di qualità
militare che porterà le formazioni ribellistiche ad essere sempre più
agguerrite. Oggi si direbbe la strategia del debole verso il forte, in cui non
solo la guerriglia ma anche gli atti singoli, detti di terrorismo, furono
adottati. Sulle montagne prese quindi sempre più forme dirette di guerriglia, mentre
nelle città, i GAP e le SAP adottarono le tecniche terroristiche, con attentati
e colpi di mano diretti a personalità e simboli della Repubblica Sociale
italiana e dei tedeschi. Fu una progressione di miglioramento costante, mese
dopo mese. La reazione delle forze
avversarie fu sostanzialmente inefficace e improduttiva, tutto basato sulla
rappresaglia e sulla violenza incontrollata verso la popolazione, che
sostanzialmente conquistare la quale era il vero obiettivo del movimento
ribellistico che fu realizzato sul finire del 1944.
Per i responsabili della Resistenza, risolto
il problema militare, rimaneva quello principale, ovvero mantenere unite le
forze che avevano deciso di ribellarsi.
I tedeschi fecero ogni sforzo per dividere le varie componenti del
movimento ribellistico, soprattutto quelle di democrazia liberale, monarchica,
cattolica e in genere, centrista. Ogni sforzo fu sventato e l’unità del fronte
ribellistico fu mantenuta integra. Paradossalmente il vero colpo mortale al
movimento fu portato, a metà novembre, da chi meno lo si aspettava: gli
Alleati. Il proclama di Alexander del 20 novembre che invitava i ribelli a
smobilitare e a tornarsene a casa per l’inverno fu in sostanza interpretato da
amici e nemici come un invito ad abbandonare la lotta armata. Fu un momento
molto difficile, che diede vigore agli avversari e metteva in discussione tutta
l’architettura della Resistenza. Il 1944 fu un anno di crescita, di successi,
di speranza che tutto si concludesse entro l’inverno ma che si concluse con una
momentanea botta d’arresto, soprattutto politica e morale.
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