La battaglia di Monte Lungo rappresenta
un caso singolare nel panorama delle operazioni belliche della Campagna
d’Italia in considerazione delle particolari circostanze che hanno
caratterizzato l’intervento del 1° raggruppamento meccanizzato.
L’Italia disorientata dall’armistizio,
lo sbando delle Forze Armate, la spaccatura del Paese e l’inizio della
sanguinosa guerra civile forniscono un quadro desolante dell’Italia della fine
del 1943.
Il 1° raggruppamento costituisce lo
specchio del contesto storico del periodo: una unità costituita in poco tempo,
sicuramente poco omogenea che raccoglieva personale non solo di differente
provenienza geografica ma anche di differente impostazione politica e dalla
estrema variegata estrazione culturale. Un gruppo quindi poco amalgamato,
scarsamente addestrato e dotato di un equipaggiamento carente e inadeguato alla
specifica missione.
La singolarità dell’evento, dunque, non
risiede tanto nelle criticità operative, tipiche di un qualunque fatto d’armi,
ma dalle particolari “condizioni” in cui versava il raggruppamento italiano e
dal contesto storico di riferimento.
L’analisi delle operazioni condotte,
infatti, pone in evidenza aspetti operativi già noti che non forniscono spunti
innovativi in termini di lessons learned.
Si tratta, in buona sostanza, di nozioni consolidate quali:
- l’importanza della funzione informativa per una conoscenza
adeguata sia della componente avversaria che della propria in termini di
vulnerabilità e capacità;
- la necessità di definire un centro di gravità accessibile,
misurabile, effettivo;
- la priorità del coordinamento nelle azioni combined;
- l’importanza degli assetti di supporto al combattimento (in primo
luogo quello dell’artiglieria);
- la flessibilità, quale elemento indispensabile per fronteggiare
gli imprevisti e rispondere agli scostamenti tra pianificazione e condotta.
La peculiarità dell’evento, tale da
presentarlo quale un case study di
estremo interesse, risiede, invece,
nella unicità del raggruppamento e del quadro storico in cui è inserito che
evoca un possibile parallelismo con alcuni teatri operativi attuali, e in
particolare con quelli dell’Afghanistan e dell’Iraq. In entrambi i casi,
infatti, il collasso del tessuto politico e sociale ha reso necessaria la
“rifondazione” dell’apparato militare. Nelle attuali crisis response operations emergono, infatti, le medesime problematiche
di allora: l’eterogeneità culturale delle forze armate locali in via di
costituzione e la conseguente difficoltà di integrazione nelle circostanze del
contesto bellico.
Come nelle file del raggruppamento erano
presenti ex repubblichini e monarchici, così l’attuale esercito iracheno è
alimentato anche da ex militanti nella Guardia Repubblicana con analoghe
conseguenze in termini di crisi di identità e di orientamento. Esempio concreto
di tale realtà è la presenza all’interno del gruppo di lavoro del Tenente
Colonnello iracheno Khalid Abdul Sattar Abdul Jabbar, ex appartenente alla
Guardia Repubblicana di Saddam Hussein e tuttora inquadrato nell’ambito di una
nuova struttura organizzativa dedicata all’addestramento delle nuove Forze
Armate irachene.
Il caso Monte
Lungo può, altresì, rappresentare un contributo di conoscenza e di cultura
militare ed un esempio e riferimento duraturo per il “personale alle armi”, per
non dimenticare il sacrificio di coloro che hanno scritto una delle pagine più
pregnanti della nostra recente storia.
Proprio a
Monte Lungo, infatti, nacque il Corpo Italiano di Liberazione, che fu in linea
dal febbraio 1944 al settembre 1944, e che permise di far conseguire lo status
di reale cobelligeranza all’Italia. A Monte Lungo si accese la prima scintilla
di quella vivida fiamma che si propagò per tutto il paese illuminando gli animi
di una nuova luce di speranza e sacrificio: la fulgida luce della resistenza.
Monte Lungo, infine, dissipate in parte le diffidenze alleate, permise all’Esercito
Italiano di reinserirsi nella lotta e di dare il proprio contributo di sangue
per la liberazione del Paese.
Al 1°
raggruppamento motorizzato si sostituì un nuovo 1° raggruppamento, adatto alla
guerra di montagna, con un organico che raggiunse inizialmente i 10.000 uomini.
Successivamente, nel marzo del 44, si ampliò a 25.000 uomini ed assunse il nome
di Corpo Italiano di Liberazione. Da tale realtà presero vita sei gruppi di
combattimento, Cremona, Friuli, Folgore, Legnano, Mantova e Piceno che contribuirono
attivamente alla liberazione del Paese.
Il testo
scritto sulla lapide del Gen. Utili, tumulato nel cimitero militare di Monte
Lungo, esemplifica quei sentimenti di onore e di lealtà da tenere come chiaro
monito per gli Ufficiali di domani:
"Sono
fiero di avervi comandato: é stata la maggior fortuna morale, soprattutto,
della mia carriera. Mi duole separarmi da voi, vorrei seguirvi sempre da vicino
e palpiterò sempre per i vostri colori. D'altronde che io ci sia o mi
allontani, non importa. Viva la ‘Legnano’ che il destino portò nella Puglia ai
primi di settembre del quarantatre perchè rialzasse, sola, il vessillo della
riscossa. A questa 'Legnano' cui ebbi l'onore di appartenere offro, oggi, in
umiltà di gregario, il mio atto di amore e di gratitudine infinita".
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