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Peppino Garibaldi, comandante della Legione Garibaldina nelle Argonne |
Sezione UNUCI
Conferenza
Massimo Coltrinari
La Legione Garibaldina nelle Argonne
Ottobre 1914- marzo 1915
Giovedi 7 maggio 2015 ore 17 in sede
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I sei nipoti di Giuseppe Garibaldi con la divisa della Legione Straniera in francia nel novembre 1914 Con il n. 1 Bruno Garibaldi, Caduto il 26 dicembre 1914 e con il n. 2 Costante Caduto il 5 gennaio 1915
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LA LEGIONE GARIBALDINA NELLE ARGONNE
OTTOBRE 1914 -MARZO1915
Il 2 agosto 1915, quindi,
l’Italia proclama la sua neutralità. Ma è una neutralità che non può rimanere
statica in attesa degli eventi. Venerdì 2 Agosto a Rimini è convocata una
riunione privatissima congiunta della Commissione Esecutiva, del Comitato Centrale,
del Gruppo parlamentare e di personalità del partito, ed il giorno dopo, lo
stesso durante il quale il Governo Italiano annuncia la neutralità italiana,
pubblica l’ordine del giorno di detta riunione in cui si ribadisce
l’opposizione a qualsiasi fiancheggiamento degli Imperi centrali.
Nel campo della sinistra
antimilitarista e repubblicana immediatamente ci si muove in quella direzione
che sarà la novità essenziale del finire del 1914 e dell’inizio del 1915: ovvero
la partecipazione alla guerra contro l’Austria-Ungheria, nel solco del primo
risorgimento. In questa visione chiara e definita, gli uomini della sinistra
repubblicana, passarono subito all’azione costituendo un Comitato Segreto, che
quasi immediatamente articolò il suo operato su tutto il territorio nazionale.
La prima riunione di questo Comitato si tenne a Milano l’11 agosto 1914. Al
termine lancia il primo proclama a favore della guerra all’Austria-Ungheria,
proclama che porta la parola d’ordine, divenuta famosa, concepita e scritta da
Arcangelo Ghisleri “O sui campi di Borgogna
per la sorella latina o a Trento e Trieste”.
E’ l’interventismo in tutta la
sua portata storica. Praticamente la fine della “Settimana Rossa” nei suoi
contenuti di rivolta sociale e antimonarchica. D’ora in avanti Governo e Re,
monarchia e classi conservatori sono in parallelo con la sinistra repubblicana
e socialista, in un rinnovato spirito unitario nazionale.
Il manifesto con l’indicazione
di Ghisleri è stampato in migliaia di copie e diffuso in tutta Italia; sequestrato
a ripetizione ed immediatamente ristampato. I membri del Comitato, individuati,
vengono denunciati penalmente (saranno scagionati con l’amnistia proclamata al
momento della dichiarazione di guerra).
Cesare Briganti e Carlo Bassi
ricevono mandato per contattare le autorità militari francesi per avere
l’appoggio della flotta d’oltralpe per un colpo di mano su Trieste, che si
voleva mettere in atto da volontari garibaldini, che si sarebbero concentrati
in Romagna.
A Senigaglia, per iniziativa di
Giuseppe Chiostergi, il 10 agosto si da avvio alla costituzione di un
battaglione di volontari per la difesa costiera; il 23 agosto il Partito
Repubblicano Italiano, anche se frena sugli arruolamenti, è sempre più deciso
ad opporsi alla guerra a fianco della Germania e qualora si addivenisse a
questa risoluzione, non esita a dichiarare che sarà la rivoluzione, per
impedire alla Monarchia una guerra a fianco dei Tedeschi.
Su iniziativa dei deputati
repubblicani Chiesa, Ceppa, Colajanni, Acà, Sighieri, Pansini, Mazzolari,
Saraceni, Auteri, Beretta, a cui si associa il socialista De Felice Giuffrida
chiedono la convocazione del Parlamento, a cui Salandra, primo Ministro,
risponde che il governo non vede che ci siano fatti tali da riaprire la Camera.
Iniziative ancora più concrete sono
prese a Parigi da alcuni italiani che firmarono, in un caffè del Boulevard de
Strasbourg, un invito ai propri connazionali di costituire un corpo di
volontari da mettere a disposizione del Ministero della Guerra Francese. Il
giorno dopo, 1 agosto 1914, circa tremila italiani si trovano nel luogo
convenuto. Al termine della manifestazione viene scritto un proclama, in cui
tra l’altro si legge:
“Dobbiamo tenerci pronti a marciare.. se la Germania dichiarala guerra.
E se l’Italia, alleata della Germania, marcia al suo fianco, sappia che troverà
più di quarantamila italiani alla frontiera delle Alpi Marittime, che
l’attendono a braccia incrociate e che essa dovrà marciare sul petto dei suoi
figli prima di entrare in Francia”.
Questa manifestazione è il primo
nucleo della futura Legione Garibaldina.
Sul finire di agosto, la
Direzione del Partito Repubblicano Italiano aveva stabilito contatti ed intese
con il Governo Francese ed il 23 agosto Peppino Garibaldi, figlio di Ricciotti,
si mette a disposizione. Il 5 settembre il ministro della guerra francese,
Millerand, autorizza la costituzione di una Legione Italiana che si concentrerà
a Marsiglia. In
questa città si costituì quasi subito un primo nucleo, che fu definito “Compagnia
Mazzini”.
La situazione era, dal punto di
vista politico, molto confusa. Il Governo francese, che, sì accettava i
volontari italiani, non aveva intenzione, però, di impiegare la compagnia ed i
volontari italiani sul confine italiano, come desiderava il Partito Repubblicano
e tutti i volontari, per non fare pressioni sul Governo Italiano.
Sulla base di questa situazione,
la “Compagnia
Mazzini”, su disposizione della direzione del Partito Repubblicano
Italiano riunita a Firenze,
fu sciolta ed i volontari lasciati liberi.
Nel contempo, però, senza una
“etichetta” di partito e politica si stava costituendo la Legione Garibaldina,
con a capo Peppino Garibaldi, con il I ed il II battaglione a Montelimar,
mentre il III a Nimes. Era una unità apolitica e solo espressione del “garibaldinismo”
e quindi vista di buon occhio dal Governo Francese, che non doveva affrontare
implicazioni politiche con l’Italia. Rimanevano a rappresentare il Partito
Repubblicano presso lo Stato Maggiore della Legione Cesare Briganti, Ernesto Re
e Carlo Bazzi.
Se la Legione non avesse potuto
agire liberamente in Francia, il Partito Repubblicano si era impegnato con
Peppino Garibaldi a fornire ogni aiuto per poter combattere contro l’Austria,
evidentemente in appoggio all’Esercito serbo.
I Volontari garibaldini furono
inquadrati, dopo trattative tra lo stesso Peppino Garibaldi e il Ministero
della Guerra francese, nelle fila dell’Esercito francese, secondo le norme in
vigore per la Legione Straniera,
scartando l’idea di costituire un Corpo Franco o altro similare. Al termine di
queste trattative fu costituito Il 4°
Reggimento di Marcia del 1° Reggimento Straniero (reggimento garibaldino) dal
Ministero della Guerra con telegramma in data 5 novembre 1914. Con i
quadri già nominati, venivano definitivamente costituiti e resi operativi i
depositi di Nimes e Montelimar che, con ordine ministeriale del 3 novembre,
costituirono il predetto 4° Reggimento di marcia del 1° Reggimento Straniero,
chiamato Reggimento garibaldino in termini di burocrazia militare.
Le compagnie avrebbero dovuto contare 250 uomini ed il
reggimento quattro battaglioni di quattro compagnie ciascuno per un totale di
4000 uomini. Ma al momento dell’impiego in linea i battaglioni erano tre con
una forza effettiva media di 800 uomini. Ovvero la Legione Garibaldina
consisteva in 2400 volontari in tutto sui 4000 che si pensava di avere. Pertanto la “Rossa avanguardia delle Argonne” consisteva
in 2400 italiani volontari.
I Volontari ebbero un intenso
addestramento che durò per tutto novembre e metà dicembre. Chiostergi e tanti volontari
marchigiani sono inquadrati nel reggimento e Chiostergi, che aveva rifiutato i
gradi di Ufficiale fu assegnato
come soldato di 2a classe nel 4° Reggimento di Marcia nel 1° Reggimento
Stranieri, I Battaglione, 4a compagnia.
La vita del volontario è dura e
l’addestramento ha termine nella terza settimana di dicembre. La Legione Garibaldina
viene deciso di inviarla in linea. Il 24 dicembre, lasciati i quartieri di
addestramento, la Legione giunge alla Maison Forestière ed il Natale è passato
sotto tenda. Ed entra in linea, nel settore del V Corpo d’Armata, 10a divisione.
Nel Diario di Camillo Marabini
si legge:
“Pierre Croisè, 25 dicembre sera. Natale tragico. Le compagnie sono
collocate in linea spiegata a ridosso della collina, a pochi metri dal costone.
E ciò perché i proiettili dell’artiglieria nemica non possono farci danno.
Infatti o il tiro dei cannoni tedeschi è corto ed allora… non ne parliamo; se
l’obice passa e, in questo caso, per quanto rasenti la cima, non può che cadere
una cinquantina di metri dietro di noi”
L’attacco è per il 26 dicembre:
è la battaglia di Bolante, che così viene descritta:
“Raggiunsero i garibaldini il 26 dicembre gli obiettivi a loro
assegnati? Evidentemente no. La trincea nemica non fu conquistata. Perchè?
Perché il lavoro preparatorio che il Genio avrebbe dovuto compiere nella notte
antecedente all’attacco non fu eseguito. I reticolati che impedivano
l’avanzarsi verso la trincea tedesca non sono stati tagliati. Gli scalini
d’uscita delle trincee non sono stati costruiti. Sicchè i soldati dovettero
arrampicarsi con molte difficoltà per uscire da trincee alte due metri. Inoltre
il Comando della 10a divisione cambiò il terreno all’ultimo momento. Di modo
che i Garibaldini si lanciarono alla baionetta contro una trincea che credevano
tedesca, e, invece, si trovarono innanzi una trincea francese vuota. Fu
proseguito l’attacco per ordine del colonnello Valdant, comandante la Brigata,
contro la linea nemica e, per attraverso terribili difficoltà, in certi punti
si addivenne a furiosi corpo a corpo. Ciò è dimostrato da coloro che furono
feriti d’arma bianca tedesca. A questo punto sorgono due versioni: c’è chi
sostiene che il nemico sia rimasto sulle sue posizioni. C’è chi giura che i
tedeschi abbiano fatto saltare la loro trincea. Certo fu udito ad un certo
punto un terribile scoppio e vi fu lancio di pietre e sommovimento di terra. Ma
erano bombe a mano? La grossa artiglieria francese che bombardava? Senza dubbio
la prima linea nemica fu ridotta in malo modo.”
In questo combattimento, che è
per i volontari italiani fu il battesimo del fuoco, cade Bruno Garibaldi e la
notizia immediatamente giunge in Italia, avendo ampia risonanza.
Ma le operazioni proseguono e il
5 gennaio 1915 la
Legione Garibaldina è impegnata nella battaglia di Courtes
Chaussées e di Four de Paris.
Il comunicato della Stefani del 7 gennaio così riporta la battaglia:
“Il combattimento impegnato il 5 gennaio corrente del reggimento
comandato del colonnello Giuseppe Garibaldi e durante il quale è caduto
l’aiutante Costante Garibaldi si è svolto nelle condizioni seguenti:
Nella notte del 4 e 5 gennaio il reggimento fu mandato ad occupare le
trincee nella foresta delle Argonna a nord del villaggio di Le Caen. Dinanzi
tre trincee francesi se ne trovavano tre occupate dai tedeschi: la distanza tra
le due prime trincee nemiche era di 60 metri. Tra le stesse trincee corre uno
stretto sentiero della foresta. Le trincee francesi furono occupate dal primo e
dal terzo battaglione del reggimento volontari italiani mentre il secondo
battaglione si stendeva a sinistra della trincea stessa ed era collegato al
resto del reggimento per mezzo delle truppe coloniali francesi. Entrati in
trincea alle due del mattino del 5 corrente i volontari italiani intrapresero
subito gli scavi per portarsi sotto le trincee nemiche e minarle. Alle 6 del
mattino le operazioni erano compiute e la metà della trincea tedesca saltava in
aria mentre i Garibaldini sbucando improvvisamente assalirono l’altra metà della
trincea.
La resistenza fu accanitissima ma i tedeschi dovettero ritirarsi. Fu in
questo momento che, colpito da una fucilata alla gola, cadde l’aiutante Costante
Garibaldi. Raccolto dal fratello, capitano Ricciotti e da due volontari egli fu
trasportato in una ambulanza vicina ove morì dopo quindici minuti.
Intanto il primo ed il terzo battaglione continuando l’attacco impetuoso,
si slanciarono sulla seconda trincea tedesca e dopo un lungo violentissimo
combattimento riuscirono ad impadronirsene, uccidendo e fugando i numerosissimi
soldati che la
difendevano. Nel tempo stesso il secondo battaglione del
reggimento si trovava a sinistra delle trincee fu attaccato insieme con le
truppe francesi che gli stavano al fianco da una forte colonna tedesca, la quale,
dopo una vivacissima lotta, fu respinta con un vigoroso assalto alla baionetta
e con gravi perdite.
Durante queste due azioni l’artiglieria francese cannoneggiava con fuoco
rapidissimo il terreno retrostante alla trincee nemiche rendendo difficile l’avanzata
di rinforzi.
I legionari italiani furono poco dopo sostituiti nelle trincee da essi
acquistate con le truppe francesi, e si recarono per riposarsi dal lungo
combattimento, nel villaggio di La Claon, salutati lungo tutto il tragitto
dalle acclamazioni dei soldati francesi. Il reggimento dei volontari italiani
fece 250 prigionieri; due mitragliatrici tedesche andarono distrutte nella
esplosione della prima trincea; altre tre mitragliatrici e due lanciamine
furono presi nella seconda trincea tolta al nemico.”
Il comunicato tedesco così riassume la battaglia: “Nella parte occidentale della foresta
dell’Argonna le nostre truppe hanno guadagnato terreno. L’attacco annunciato il
5 gennaio nella parte orientale della foresta dell’Argonna, nel bosco di Courtes
Chaussées, si è sviluppato fino alle nostre trincee, ma il nemico è stato respinto
dalle nostre posizioni su tutta la linea, con gravi perdite. Le nostre perdite
sono state relativamente minime.”
Nel momento che cade Costante
Garibaldi è ferito anche Giuseppe Chiostergi.
Scrive Camillo Marabini riguardo
Chiostergi:
“Un’altra torma della quarta compagnia ha seguito Costante. Egli è
saltato in piedi, sul parapetto di una trincea, deve aver visto qualche cosa
che avveniva avanti a noi, perché, concitato ha urlato ai suoi: - Presto di
qui! – E s’è slanciato in avanti. Lo hanno seguito Chiostergi, Guardati,
Pavolini, Guarini, Cannas, Montanari, Rovida, il maresciallo Cravino. Il
caporale Pacini. La terza trincea è stata presa, ma i volontari non ci sono entrati.
Si sono distesi dietro il parapetto che loro serviva magnificamente da scudo
facendo fronte al nemico. I Tedeschi avanzano ancora, la trincea è difesa
soltanto da un pugno di uomini perché molti sono andati indietro a portare i
prigionieri. Avviene così che siamo costretti a ripiegare sulla seconda
trincea. Montanari e Pacini cercano di sollevare Chiostergi. E’ impossibile.
Chiostergi esorta i compagni ad andarsene. Pacini ubbidisce, ma Montanari no,
rimane vicino all’amico.”
Chiostergi, ferito ed
impossibilitato a muoversi, cadde prigioniero dei tedeschi e per mesi della sua
sorte non si seppe nulla; in molti lo davano Caduto. I quotidiani del 5 gennaio
in Italia lo davano per Caduto e compaiono articoli, anche nei giorni seguenti,
in cui si commemora la sua figura e la sua azione. Il Partito Repubblicano
Italiano a Senigallia pubblica un manifesto in onore della morte di Chiostergi.
Il 9 gennaio esce il manifesto del Comune di Senigallia, a firma del sindaco
Aroldo Belardi.
Tra le perdite contate tra i
volontari oltre ad altri e a Costante Garibaldi, vi è la dolorosa perdita
dell’anconetano Lamberto Duranti.
Anche le ultime ore di vita,
oltre del senigagliese Chiostergi dell’anconetano Lamberto Duranti sono
descritte da Camillo Marabini:
“Four de Paris 5 gennaio 1915 Ore 08.00. Alle tre siamo arrivati nella
prima linea di trincee. Per giungerci essa è sul ciglione della collina,
abbiamo camminato con l’acqua fino ai ginocchi. Ogni tanto un colpo secco
nell’aria acuto e mille echi: una fucilata. Dall’una e dall’altra parte, da
quattro mesi si spara sempre. Le sentinelle sparano così per ingannare il
tempo. E’ una guerra che non conosce soste. Dispongo gli uomini in gruppi,
avanti alle scalette, pronti ad uscir fuori, la baionetta inastata. Fa freddo.
Tre ore ancora, immobili così. C è da gelare. Poi, man mano, il cielo si
rischiara lassù in alto. Faccio un ultimo giro di ispezione. Mi aiuta il buon
Zanotti. Ma Duranti non viene. Gliel’ho raccomandato quando mi è passato
accanto e mi ha detto:”Ritornerò qui” Ma invece non si vede. Sono le 5 e mezza.
L’artiglieria ora accelera il tiro. E’ un inferno. L’aria si scuote si sposta
come fosse acqua smossa da un bastone in una tina. Dicono che ora piombino
oltre cinquecento granate al minuto sulla trincea tedesca che è a settanta
metri innanzi a noi. Le “marmitte” passano rasentando le nostre teste. Poi uno
schianto ed un tonfo. I fischi, il frastuono, i lampi, è un inferno. Siamo
storditi. La mente è tutta un’eco di sibili, di miagolii, di scosse. Poi ad un
tratto un silenzio cupo. Si ha l’impressione stessa che si prova e s’inabissa,
quando navigando, il vapore ha la prua nel vuoto e s’inabissa nell’onda. Uno
spasimo nelle viscere. Una nausea nella gola. Poi un urlo indistinto. Ah la
mitragliatrice! Conosco la tua voce. E le palle che sibilano ed i soldati che
cadono. Ah, ci siamo. A terra! Si spara. Quanto? Ecco Cappabianca che viene,
correndo, verso di me:
-
Marabini, Duranti è ……morto
Ho l’impressione di una mazzata sul capo. Rispondo…non è vero!”
………
Four de Paris 5 gennaio 1915 Ore 10.00.
“Si, è vero. Duranti è morto. Ha ricevuto l’ordine di attaccare; non ha
mosso ciglio. Anche lui ha chiesto l’ordine scritto. L’ultima ribellione di chi
sa di condurre i suoi uomini alla morte sicura. Avutolo, cava il taccuino,
straccia un foglio e scrive con il lapis “Per Marabini: in caso di disgrazia
telegrafi ad Annibale Marinelli ed Enrico Schiocchetti. Via Cialdini 24, Ancona.”
Poi gli sovviene, certo, di avermi promessa una sua fotografia per il
Giornale d’Italia. Ne prende una dalla tasca della “vareuse”, la mette in mezzo
al biglietto piegato, scrive sul dorso “la fotografia per il giornale” e passa il tutto al Capitano
Cappabianca: “Dallo a Marabini.”
E monta risolutamente sulla scala. Giunto in sommità si rivolge agli
uomini che lo seguono:
“Venite a vedere come muore un garibaldino.”
Si avanza sparando la
rivoltella. Una palla lo prende nel cuore. Il corpo viene portato
in trincea.
“Cosa hai? Gli dice Cappabianca.
“Sono ferito.. datemi da bere”
Cappabianca gli porge la fiaschetta.
“..Ah..muoio muoio per la repubblica” e spira.
Un soldato… Catella, che gli è accanto e che è ferito gravemente ad una
coscia, respinge gli infermieri gridando:“Salvatemi il mio tenente. Io non ho
nulla”E sviene dallo spasimo.”
Chi era Lamberto
Duranti?
Lamberto Duranti fu il primo giornalista a
morire nella Grande Guerra. Fu uno dei
garibaldini della Legione Garibaldina che combatterono nelle Argonne (Francia)
dove tra la fine del 1914 e i primi mesi del 1915 caddero 300 soldati ed ufficiali,
400 restarono feriti e un migliaio si ammalarono.
Patriota e di fede repubblicana, Duranti collaborò
con vari giornali del partito repubblicano e fondò "La
Penna" (pubblicato fino al 1914) assieme
al pubblicistica e saggista Camillo Marabini, uno dei più importanti
rappresentanti del garibaldinismo post-risorgimentale e collaboratore del
quotidiano repubblicano "La Ragione" e "La Luce".
Era nato ad Ancona il 21 gennaio 1890, figlio di Ulderico.
Fu Segretario di organizzazioni operaie
e politiche e Segretario della Federazione regionale repubblicana umbra a
Perugia, città dove era molto conosciuto.
Di carattere avventuroso, partì per prestare soccorso in Sicilia dopo il
terremoto di Messina del 1908. Fu
volontario garibaldino nel 1911
in Albania e durante la guerra greco-turca nel
1912. Sembra che nella battaglia di Driskos nel 1912 abbia ottenuto
una medaglia al valor militare oltre ai gradi di tenente.
Nel Comitato pro-Albania si prodigò con Felice Figliolia (giornalista foggiano
di cui era molto amico e anch'esso morto poi in guerra il 12 novembre 1915 sul
Monte San Michele), Alina Albani Tondi (esponente di spicco di "Fede
Nuova", giornale femminile mazziniano), Giovanni Minuti (anch'esso morto
poi in guerra il 19 marzo 1916 sull'Isonzo), e Giuseppe Chiostergi di
Senigallia Duranti partì da
Brindisi il 15 agosto 1911,
ma la spedizione non ebbe successo perché impedita dalla Triplice Alleanza. E
il 17 settembre tornò a casa senza essere riuscito ad unirsi agli insorti albanesi.
L'anno seguente si recò nuovamente con la Croce Rossa in Grecia
quando quel Paese si batteva contro i turchi, recando aiuti sanitari.
Nonostante le difficoltà ci riprovò poi ugualmente con un'ambulanza fino a
Corfù.
Al
suo ritorno in Italia s'impegnò nella zona di Cervia e di Ravenna nelle lotte
sociali e politiche che videro una dura contrapposizione fra socialisti
massimalisti e repubblicani. Si adoperò per l'unità dei lavoratori e
"…portò sempre una parola di pace".
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale nel 1914 si arruolò in Francia nel
Corpo volontari italiani garibaldini operante nella regione francese delle
Argonne, dove erano arruolati anche alcuni nipoti di Garibaldi, due dei quali,
Bruno e Costante, entrambi figli di Ricciotti, morirono eroicamente.
Lo stesso giorno morì Costante Garibaldi, nipote
dell'Eroe dei Due Mondi
Nel
corso della stessa battaglia restò gravemente ferito il giornalista sardo
Augusto Alziator de "Il Resto del Carlino", uno dei primissimi
corrispondenti italiani di guerra (nato a Cagliari nel 1879 era il segretario
di Peppino Garibaldi. Fu dato in un primo tempo erroneamente per morto, ma nel
febbraio 1915 si seppe che era stato preso prigioniero dai tedeschi e ricoverato
a Baden. Una sorte del tutto simile a quella toccata, come detto, a Giuseppe Chiostergi).
Lamberto
Duranti affidò al suo taccuino un drammatico messaggio sulla guerra e sul destino
di una generazione: "Ciascuno è pronto a compiere il sacrificio della
propria vita pur di scrivere quest'altra fulgida pagina del garibaldinismo…alla
baionetta per attaccare una trincea tedesca distante 20-30 metri dalla francese,
senza aver modo di passare. Sarà un massacro…io sarò il primo, se comandato, ad
avanzare."
In una sua lettera datata 1° gennaio
1915 (4 giorni prima di morire), indirizzata a Publio Angeloni, così descrisse lo svolgersi della battaglia
del 26 dicembre 1914: "Ci siamo battuti da veri leoni. Sono veramente vivo
per miracolo. Il Diavolo non m' ha voluto con sé. Abbiamo combattuto per due
ore sotto un turbinio di fuoco ... Presto riattaccheremo: forse domenica. Sarò
ancora fortunato? Ci credo poco ma... avanti! C'è gloria per tutti qui e bisogna
conquistarsela. I tedeschi hanno veduto come sappiamo batterci: lo vedranno
ancora perdio! Abbiamo sposato la santa causa francese e per essa daremo
l'ultima stilla di sangue; italianamente".
Camillo Marabini, anch'egli
marchigiano di Camerino e quasi un fratello per Duranti, riportò le sue ultime parole prima di morire. Dopo essere uscito
dalla trincea disse: "Venite a vedere come muore un garibaldino!"
Dopodiché fu ferito al cuore e, riportato in trincea, affermò: «Ah... muoio...
muoio per la Repubblica».
I suoi ultimi istanti di vita sono raccontati da
Emanuele Sella: "Con il sorriso sulle labbra muore Duranti urlando:
"Italia!" in
"L'Argonna", da "L'Eterno Convito", Roma, Formigini, 1920
(citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921, p. 647). Secondo
la versione riportata dal suo grande amico Camillo Marabini in "La rossa
avanguardia dell'Argonna. Diario di un garibaldino alla guerra
franco-tedesca", Milano, 1915, e ritenuta dal Fumagalli la più verosimile, (riporta sopra) il luogotenente Duranti
uscì dalla trincea dicendo «Venite a vedere come muore un garibaldino»,
dopodiché fu ferito al cuore e, riportato in trincea, disse: «Ah... muoio...
muoio per la Repubblica.».
Il rientro in Italia della salma
in treno prima fino a Torino, poi a Genova, Roma e quindi ad Ancona commosse
l'Italia. I suoi funerali si svolsero in forma solenne e con Ancona in
lutto cittadino (tutti i negozi chiusi). Duranti fu sepolto con gli onori
militari nel Cimitero delle Tavernelle di Ancona nei pressi dell’ingresso
principale, accanto alla tomba di diversi patrioti risorgimentali. Sul
feretro fu posta la camicia rossa di garibaldino che presentava un largo
strappo da un lato e chiazze di sangue. Parteciparono alle esequie i consoli di
Francia, Inghilterra, Russia e Belgio, l'ex sindaco della città e il
pubblicista forlivese Pietro Nenni, all'epoca repubblicano.
Il valore dimostrato dai garibaldini italiani suscitò in Francia grande
ammirazione e intensa commozione nell'opinione pubblica. Ad
un anno dalla morte il Partito Repubblicano pose una lapide in suo onore. Vi si
legge: “A La Harazée nella Foresta delle Argonne, il tenente garibaldino
Lamberto Duranti, giovinetto di 24 anni, balzò primo sulla trincea gridando:
"Venite a vedere come muore un repubblicano italiano".
All'inaugurazione
del monumento, nel 1916, funebre intervenne, tra gli altri, il pubblicista
(allora repubblicano) Pietro Nenni venuto appositamente in licenza dal fronte
dove stava combattendo.
La città di Ancona gli ha intitolato una strada nei pressi del mare, nel
quartiere Adriatico, vicino al Passetto. Duranti è inserito per ultimo nella 10^ colonna in basso a destra della
lapide marmorea, realizzata nel 1921 dallo scultore anconetano Mentore Maltoni,
su cui sono stati incisi i 614 nomi dei Caduti anconetani nella prima guerra
mondiale. E’ posizionata sulla parete dello scalone monumentale all’interno del
Palazzo degli Anziani, antica sede municipale della città.
Le vicende di Chiostergi e di
Duranti sono la testimonianza del fatto che le Marche, e l’area dell’anconitano,
in particolare già erano nel clima della Guerra. A Senigallia e ad Ancona la
notizia della loro morte, o presunta morte, ebbe una vasta eco, ed alimentò
ancor più l’adesione di sinistra dell’interventismo.
Sul piano militare la Legione Garibaldina
venne ulteriormente impiegata l’8 ed il 9 gennaio in un altro duro
combattimento che ha il suo centro al Ravin des Maurissons, al Fille Morte ed
al Bas Jardinet.
Marabini così descrive questa
battaglia:
“La Battaglia di Maurissons, Fille Mort e Bas Jardinet. Della battaglia
dell’8 e 9 gennaio 1915 non si ebbero lodi nel comunicato ufficiale. E la ragione
è ovvia. In quei giorni i tedeschi parlavano di strepitose vittorie nelle
Argonne, di 3500 prigionieri ecc. e non bisognava dare in pasto al pubblico che
i reggimenti 46° e 89° fanteria erano stati terribilmente provati e che, per qualche
ora, le condizioni dell’Esercito francese, in quella zona, erano state seriamente
critiche. Ma quella dell’8 e del 9 fu gennaio la più fulgida delle battaglie
garibaldine dell’Argonne. La mattina dell’8 gennaio, il nemico in forze
preponderanti, aveva sfondato tre linee di trincee francesi ed aveva
rapidamente guadagnato due chilometri di terreno sorpassando la località detta
dei Sette Camini. L’artiglieria pesante francese veniva così, improvvisamente,
messa in pericolo. Di fanteria c’è n’era pochissima. Se i Garibaldini non avessero
prontamente fatto argine, eppoi vigorosamente contrattaccato il nemico sulle
sue primitive posizioni e mantenendovelo per ventiquattro ore di seguito, il
tempo cioè perché i rinforzi giungessero, tutta la linea che va da Four de
Paris a Vanquis avrebbe corso grave pericolo. Boureilles così a caro prezzo
conquistata da francesi sarebbe stata minacciata nelle sue basi. E che più
importa il “defilè des Islettes” la via ferrata cioè che da Sainte Menehould
per Les Islettes e Clermont va a Verdun
avrebbe corso l’alea d’essere messa sotto il fuoco dell’artiglieria nemica che
si fosse piazzata sulle posizione conquistate. Verdun stessa, dunque, avrebbe
potuto vedere bombardata la sua linea di rifornimento. Ma se pubblicamente lo
Stato Maggiore francese non potè fare le lodi ai Garibaldini non mancarono
mille e mille forme di applauso e
d’entusiasmo.”
Mentre si sviluppavano queste
avvenimenti, il 7 gennaio 1915 giunse a
Roma la salma di Bruno Garibaldi: durante le esequie al
Verano, giunge durante la cerimonia funebre la notizia che anche Costante è
caduto in combattimento. E’ un momento di estrema commozione e dolore.
Cesare Briganti, con lo scultore
Faino, accompagna a Roma
le salme d Costante e di Lamberto Duranti. Questa ultima salma prosegue, poi,
per Ancona, dove il 20 gennaio si svolgono imponenti funerali con la
partecipazione di oltre 20.000 persone, segno che l’interventismo stava
prendendo sempre più campo. Elena Fussi, la fidanza di Chiostergi accorre, a Roma per ricevere la salma di
Chiostergi, ma ha la conferma che il suo corpo non è stato trovato. Costanza
Garibaldi prega Briganti di raccomandare la prudenza ai quatto figli rimasti
sulla linea del fuoco; ma Ricciotti, rivoltosi amorosamente alla moglie, le
dice: “Tu, in queste cose non centri”
e rivolto a Briganti “Dica ai miei figli
di continuare a fare il loro dovere”
Nonostante le raccomandazioni di
Ricciotti Garibaldi, di continuare a fare il proprio dovere, consiglio che fu
seguito dai suoi figli a da tutti i Garibaldini, la situazione della Legione, dopo
i tre combattimenti di fine dicembre e inizio gennaio, non era delle migliori.
Dopo i combattimenti del 9 gennaio la Legione fu ritirata dalla linea ed
inviata a riposo a Grange Lecomte presso Clermont, nelle Argonne. Le perdite erano
state estremamente pesanti. Risultarono circa 300 uomini tra morti e dispersi e circa quattrocento feriti. A
questi settecento mancanti si devono aggiungere un mezzo migliaio di malati. La
Legione si era ridotta a poco più di mille uomini, ovvero aveva una forza pari
a quella di un battaglione. Qui emerse uno dei problemi irrisolti della
Legione, che è comune a tutte le formazioni di volontari. Nonostante i due
depositi in funzione, non giungevano dall’Italia nuovi volontari: quindi le perdite
non potevano essere colmate con nuovi complementi. In Italia, nonostante tutti
gli sforzi, non si riusciva ad arruolare come volontari che pochi uomini, anche
perché il Regio Esercito Italiano aveva
iniziato a chiamare alle armi le classi dal 1890 al 1888 ed era attento ad ogni
forma di arruolamento volontario; inoltre il Governo francese era preoccupato
della ripercussione che si sarebbe avuta in Italia ove fosse giunta la notizia
di altri Italiani morti nel volgere di pochi giorni. La Legione Garibaldina
fu ritirata definitivamente dalla zona d’operazioni ed inviata a Bar sur Aube.
Su iniziativa di Peppino Garibaldi, in considerazione che ormai in Italia in
molti erano convinti che la neutralità stesse per terminare e che la guerra
all’Austria fosse più che probabile, si avanzò la proposta di sciogliere la Legione,
tornare in Italia e mettersi a disposizione delle Autorità Militari italiane.
Questa proposta fu accolta ed ai primi di marzo la Legione fu sciolta.
Sul versante dell’interventismo
la azione della Legione Garibaldina e del volontariato repubblicano e
risorgimentale aveva ben svolto il suo compito di orientare il governo italiano
verso precisi obiettivi, primo fra tutti la guerra all’Austria per completare
il processo risorgimentale. L’arrivo in Italia delle salme di Bruno e Costante
Garibaldi e quelle di altri volontari Caduti come Butta, a Sassari, e Duranti
ad Ancona diedero luogo a manifestazioni solenni e grandiose, manifestazioni
che danno un preciso segnale al Governo ed al Re. La Legione ha ben meritato di
essere chiamata “avanguardia”, per quello che poi succederà nella primavera de
1915, con il Patto di Londra e l’entrata in guerra dell’Italia contro
l’Austria-Ungheria.
Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)
Si riporta la breve biografia di Lamberto Duranti
predisposta per la Commemorazione al Famedio di Ancona del 5 gennaio 2015 da
Pierluigi Franz e pubblicata su www.coltrinarimassimo.blogspot.com.
La sua foto insieme ai fratelli
Garibaldi e al loro padre Ricciotti con altri garibaldini au Camp de
Mailly (1- Bruno Garibaldi, 2- Ricciotti Garibaldi jr, 3-
Lamberto Duranti, 4- Du Plaat De Garat, 5- Umberto Cristini, 6-
Giuseppe (Peppino) Garibaldi, 7- Matoloni, 8- Cesare Briganti, 9-
Gino Finzi, 10 – Alziator) è riportata sul sito:
Morì il 5/1/1915 a La Harazee – Four
De Paris - Courtes Chausses - Varennes nelle Argonne nei pressi di Verdun (Francia)
dove venne colpito al cuore in combattimento. Il suo nome compare nell'Albo d'Oro dei Caduti delle Marche Volume XIII a
pag. 212 n. 22, cliccare su:
Vds. Il
Mattino di Napoli del 9-10 gennaio 1915 a pag. 3 "Come morì Costante Garibaldi").
Dettero
notizia della sua morte Il Messaggero del 7/1/1915 a pag. 1 e 9/1/1915 a pag. 2
con foto e la
Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n. 5 dell'8 gennaio 1915 a pag. 144 , Il
Mattino di Napoli del 10-11 gennaio 1915 a pag. 5 "Il dolore di Ancona per la
morte di Duranti" e il giornale La Stampa di Torino dell'11- 12 e 14
gennaio 1915 a
pag. 5.
La Stampa 11/1/1915 pag. 5 2^
colonna da sinistra in basso: "Quando le salme di Costante Garibaldi e di
Duranti passeranno per Torino", cliccare su:
La Stampa 12/1/1915 pag. 5 1^ e
2^ colonna in alto a sinistra: "Le salme di Costante Garibaldi e Lamberto
Duranti sono passate per Torino. 'omaggio dei garibaldini, della Colonia francese
e di parecchie Associazioni cittadine", cliccare su:
La
Stampa 14/1/1915 pag. 4 2^ colonna da sinistra in basso: "La Salma
di Lamberto Durante (n.b. vi é un lapsus nel suo cognome, ndr) ad Ancona",
cliccare su:
Come ha
ricordato Silvio Pozzani in un articolo su L'Arena di Verona del
23/11/2014 a pag. 25 "; il
poeta Edmond Rostand volle darne testimonianza in una sua lirica intitolata “La
chemise rouge”, ispirata al garibaldino marchigiano Lamberto Duranti, caduto
il 5 gennaio 1915: “Regardez comment meurt un garibaldien”/ Crie un homme en
tombant dans la melée hagarde./La France s'agenouille auprés de lui, regarde, /
Et grave se relève en disant: “Il meur bien", cliccare su: