venerdì 7 febbraio 2014
Cefalonia X . Ci siamo.Le ostilità hanno inizio
«CI SIAMO!»
«Il mattino del 14 – scrive il capitano Pampaloni –
passano sotto il mio caposaldo in automobile il gen. Gandin ed il gen. Gherzi:
mi videro e fecero fermare la macchina. Con mio stupore, il generale Gandin era
sorridente e mi disse: «domani si combatterà»;
mentre il gen. Gherzi, scrollando la testa, disse: «sarai contento, no?».
«Il mattino del 14 – dice il capitano Bronzini – giunge
al comando della divisione l’esito del plebiscito ordinato la sera precedente:
il primo punto - «contro i tedeschi» - ha riscosso il cento per cento delle
adesioni».
«Rapidamente da parte di tutti – commenta P. Formato – si
passò ad un pieno clima di guerra».
«Alle ore 10 – dice il Bronzini – il generale ordinava
l’abbandono da parte del comando della divisione degli uffici in Argostoli.
Venne distrutto gran parte del carteggio. Subito dopo ci trasferimmo tutti al
comando tattico di Prokopata.
«Gli avvenimenti precipitano: la terra pare che bruci
sotto i piedi».
«Intanto in Argostoli – testimonia l’Apollonio – nuclei del
genio divisionale cominciano a minare tutti i crocevia. Ma anche da parte
tedesca non si perdeva tempo: trimotori da trasporto rifornivano di armi
munizioni e materiali vari, mediante paracadute, le truppe tedesche dislocate
nella penisola di Paliki. Qualche idro sbarcava contingenti di truppa».
Alle ore 12, secondo quanto era stato convenuto col
colonnello tedesco giunto in idrovolante, il ten. col. Fioretti, capo di stato
maggiore della divisione si incontrò in Argostoli con il tenente Fauth a cui
consegnò la risposta del gen. Gandin.
Essa diceva: «Per
ordine del Comando Supremo italiano, e per volontà degli ufficiali e dei
soldati, la Divisione «Acqui» non cede le armi. Il comando superiore tedesco,
sulla base di questa decisione, è pregato di presentare una risposta definitiva
entro le ore 9 di domani 15 settembre».
Tutte le truppe del presidio erano orami in movimento per
assumere il nuovo schieramento sulle posizioni indicate dall’ordine
divisionale.
«Verso le 15 – scrive P. Formato – il cielo si coprì di
Stukas tedeschi che sorvolarono ripetutamente l’isola e la zona di Argostoli
facendo audaci evoluzioni rasente al suolo. Le nostre batterie contraeree
tacquero. Ma da parte dei velivoli germanici nessuna offesa venne effettuata.
Quell’azione aerea voleva solo significare un serio e grave ammonimento nei
nostri riguardi».
Intanto, la notizia delle gesta di Corfù, dove il
presidio tedesco era stato catturato, si diffuse fra le truppe.
«L’avvenimento – informa l’Apollonio – infiammava ancor
più gli animi. L’impazienza dei soldati italiani era giunta al colmo. Il
desiderio di lanciarsi all’attacco era irrefrenabile. Scariche di fucileria,
esplosioni di bombe a mano, brillamenti di strade e di ponti rendevano ancor più satura
l’atmosfera già tanto pervasa di fermento e di nervosismo».
«L’agitazione cresceva – dice P. Formato – quanto più
continui ed intensi si vedevano giungere ai tedeschi nella penisola di Paliki i
rifornimenti per via mare e con i grossi
aerei di trasporto. E questi rifornimenti continuarono in grandi proporzioni
per tutta la notte dal 14 al 15. Le proteste erano unanimi ed accese. Tanto che
il generale Gandin comunicò al comando tedesco che ogni ulteriore ammarraggio
di aereo tedesco nell’isola, prima della risposta all’ultima comunicazione
italiana, sarebbe stato considerato atto di ostilità».
All’alba del 15 il ten. col. Barge chiedeva per telefono
al gen. Gandin una dilazione fino alle ore 14 per rispondere all’ultimatum del
giorno precedente che scadeva alle ore 9: la dilazione fu concessa.
Alle ore 9, il gen. Gandin inviò alle sue truppe un
messaggio, in cui, spiegando le ragioni di onore che non avevano consentito di
aderire, malgrado ogni buona volontà da parte nostra, alle richieste tedesche,
esortava ufficiali e soldati a prepararsi alla inevitabile lotta.
Verso le 11 apparvero all’orizzonte due idrovolanti da
trasporto tedeschi che si dirigevano nella rada di Lixuri per ammarrarvi.
Le nostre batterie contraeree aprivano il fuoco e le
affondavano.
«Un’ora dopo questo fatto – racconta il capitano Bronzini
– io, il capitano Saettone ed il capo di stato maggiore ci trovavamo nella
baracca del generale.
«Il generale ha davanti a sé una carta topografica della
zona ed esamina le posizioni assunte dai nostri reparti.
«Ad un tratto si ode un improvviso rumore di aerei.
«Dapprima pochi, poi sempre più numerosi, gli Stukas
fanno la loro comparsa.
«Sono circa le ore 13.
«Sulla nostra testa si aggira una formazione di 24
apparecchi.
«Ecco il rumore lacerante di una esplosione vicina, ecco
altri innumerevoli boati ed un grande spostamento d’area. «Ci siamo!» - esclama
il generale.
«Il generale, il capo di stato maggiore, il colonnello
Romagnoli, giunto in quel momento, ed io, ci avviamo immediatamente
all’osservatorio, che non è lontano. Sulla nostra testa gli Stukas
continuano a passare ed attorno a noi la
terra ribolle per le esplosioni».
«Il cielo – dice P. Formato – si copre di aerei germanici
e di un attimo la terra sottostante diviene un inferno di fischi, di scoppi, di
fiamme».
«Gli aerei in picchiata – dice il capitano Apollonio –
bombardarono e mitragliarono tutte le postazioni di artiglieria.
«Dopo una sosta di circa un’ora il bombardamento
riprendeva con maggiore violenza protraendosi, con brevi intervalli fino alle
18.
«Le ostilità avevano così definitivo inizio».
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