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Contro tutti e tutto. I soldati Italiani nei Balcani nel 1943

Il Volume "La Divisione "Perugia" Dalla Tragedia all'Oblio" è disponibile in tutte le librerie. ISBN 886134305-8, Roma, 2010, Euro 20,00 pag. 329.



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Un Triste destino per la Divisione "Perugia"

Un Triste destino per la Divisione "Perugia"
La Divisione "Perugia" avrebbe avuto miglior sorte se Informazioni ed Intelligence avessero trovato più ascolto presso i Comandi Superiori

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lunedì 31 agosto 2015

Note a margine

TERRORISMO
LA DISPERAZIONE DELL’EMARGINATO
Le responsabilità della politica

La affermazione di Karl von Klausewitz che la politica è la continuazione della guerra, e di contro, la guerra è la continuazione della politica, anche se come formula militare è stata sostituita oggi dal “coomprensive approach”, spiega in se i germi del terrorismo. Fermo restando che tutti coloro che, giustamente, sono contro la guerra, intesa come scontro violento armato, devono riflettere su cosa è la politica e come viene fatta la politica. Oggi è indubbio che l’attuale maggioranza, al di la delle scelte, sparge semi ad ampie mani in termini di incapacità economica, amoralità assenza di etica,arroganza, autoritarismo gratuito, mancanza di senso dello Stato, controllo delle informazioni, tutti ingredienti per probabili e, speriamo, mai concretizzabili conflitti sociali. L’esempio di Tunisia e Egitto sono sotto i nostri occhi a dimostrare questo assioma.
La politica quindi come premessa della guerra. Quando la politica non trova la soluzione agli opposti interessi ricorre alla guerra. In breve, la guerra può essere classica ( come nell’800 e fino alla seconda guerra mondiale, in cui le parti si contrappongono su un campo di battaglia) rivoluzionaria ( quando si vuole sostituire le elites al potere cambiando la struttura dello Stato) sovversiva ( quando, lasciando le strutture si cambiano gli uomini). Altri tipi di guerre non vi sono; guerra santa, legittima, patriottica, di liberazione, partigiana, ideologica, simmetrica, asimmetrica, sono solo aggettivazioni. Politica e guerra si conducono alla stessa maniera.
Come si conduce la guerra: con la strategia, che può essere diretta o indiretta, del forte al forte, dal forte al debole, dal debole al forte.
Nell’ambito della strategia del debole al forte, vi si colloca, come modalità, il terrorismo. Il debole sa che non può vincere il forte perché è debole. Allora ha due possibilità: la prima, può coinvolgere strati delle popolazione che, organizzati, diano vita a forme di guerriglia via via sempre più estesa ( sono le guerre degli ultimi sessanta anni di indipendenza), oppure, non avendo la partecipazione popolare ed i mezzi, ricorre all’azione del singolo o di piccoli gruppi, e si arriva al cosiddetto terrorismo, inteso questo come azione limitata nel tempo e nello spazio, violenta, istantanea, volta a produrre risultati strategici.
L’esempio classico è l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. Un Gruppo di “soli 100/150 uomini, hanno inferto una sconfitta strategica alla superpotenza dominante, gli USA, con risultati strategici enormi, primo fra tutti la frantumazione del principio che la guerra non può essere portata sul territorio degli Stati Uniti. Per gli Statunitensi la vita è cambiata, d come per i Francesi, e per gli Europei in genere, all’indomani di Waterloo.  
Si ricorre al terrorismo, quando non vi sono altre possibilità, ma la situazione è tale che non può essere accettata. Questo è il punto di partenza per riflettere sul terrorismo: esso nasce da situazioni estreme, di miseria, emarginazione, degrado, in cui elementi contro o perseguitanti obbiettivi di potenza e dominio, sfruttano la situazione reclutano idee, uomini e mezzi per l’azione violenta terroristica, riuscendo a conseguire risultati enormi a bassissimo prezzo.
Se tutto questo è vero, il terrorismo non può essere contrastato solamente con le forze di polizia o con strategie di difesa tipo la “homeland security”. E’ necessario creare una mappa generale della situazione in cui si rilevano gli aspetti geografici, economici, sociali e politici in cui queste forme di violenza nascono. E qui si ritorna al punto centrale di von Klausewitz: è la politica che, impotente, genera la guerra; la guerra, come visto, può assumere varie forme, tra cui il terrorismo. Questa è l’arma dei disperati, degli emarginati, di coloro, violentati dalla politica, reagiscono in modo non accettabile. Ed è la politica che deve trovare in se stessa i mezzi, le idee e le soluzioni a tutte le forme di terrorismo.

Piace concludere con il portare l’esempio storico di come la politica ha risolto forme di terrrorismo: noi Italiani abbiamo sconfitto gli estremisti neonazisti sudtirolesi in Alto Adige (attentato di Cima Vallona del 1970 ed altri atti terroristici) proprio agendo all’interno della politica, (accordo de Gasperi Gruber, Regione Speciale, soluzioni locali: tutti atti sostenuti un adeguato supporto di forze di sicurezza da da una politica verso l’Austria ferma e decisa.

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