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L'UNUCI per l'Umbria

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venerdì 10 dicembre 2021

Massimo Coltrinari Postfazione Volume 52° Reggimento Fanteria

 

 

Postfazione

 

Stampare un volume scritto ed edito negli anni trenta del secolo scorso, in un clima totalmente diverso da quello di oggi può sembrare una attività inutile e nostalgica. In realtà riportare alla luce e presentare ai Soci dell’UNUCI e a quanti hanno interesse a questi argomenti può essere utile per comprendere lo spirito e il senso di identità che sono una struttura portante della architettura della nostra Nazione.

 

Il Reggimento “Obbedisco” era una entità anche nel 1934 al di sopra di tutto e di tutti. Ho sentito mille volte racconti come quello dell’amico Montagano, che finirà in un campo di concentramento tedesco, in un KZ quelli peggiori di tutti per la sua avversione al fascismo ed al nazismo, essere orgoglioso di portare quella cravatta rossa segno di italianità in un panorama fosco e nero. Come quello offerto dal regime mussoliniano.

 

Richiamare alla attenzione quei momenti significa anche viverli e partecipare a quella operazione di conoscenza della memoria che è uno degli scopi statuari dell’UNUCI, Unione Nazionale Ufficiali di Complemento in Congedo. Non solo storia risorgimentale, in cui il 52° Reggimento affonda le sue radici di tradizione storica, ma anche storia del novecento, in cui la tradizione garibaldina ha avuto un suo sviluppo ed un suo rinnovarsi.

 

La partecipazione alla Prima Guerra Mondiale, di cui in questi mesi si sta celebrando la data anniversaria intesa come momento di unione, di identità e di partecipazione collettiva, è una tappa fondamentale di questa tradizione. Aver deciso di accorre nel 1914, in Francia, per combattere il tedesco, con la Legione Garibaldina nel solco dell’interventismo, è stato un segno eclatante per influire nella scelta da che parte l’Italia doveva stare. L’Italia del primo novecento era incapsulata nella Triplice Alleanza ed appariva sempre più evidente che questa alleanza poteva essere accettata come strumento di equilibrio europeo. Quando Germania ed Austria oltrepassarono questo limite e vogliono ricorrere, in una visione prettamente ottocentesca dell’uso della guerra, l’Italia è chiamata a scegliere.

 

Germania ed Austria sono convinte, nel 1914, di vincere la guerra, supponendo che la Gran Bretagna rimanga neutrale; e sono convinte di riuscire a sconfiggere la Francia, prima, la Russia, poi, fidandosi ciecamente nella forza dei loro eserciti. L’Austria è convinta di avere ragione della Serbia in poche settimane. Troppo convinte della loro superiorità pensano di non avere bisogno dell’Italia e volutamente la vogliono lasciare fuori per non dividere con lei le conquiste territoriali che sono date per scontate.

 

Qui finisce nella sostanza la Triplice Alleanza. L’Italia non deve partecipare alla costruzione del nuovo ordine europeo scaturito dalla guerra. La Triplice Alleanza aveva terminato il suo compito: fin quando è una alleanza per mantenere gli equilibri europei va bene; quando questi equilibri devono essere alterati a favore di Germania ed Austria, l’Italia è messa da parte.

 

Mascheravano Germania ed Austria questa loro scelta con le solite parole di propaganda: parlarono di “tradimento” dell’Italia con cui marcarono di tradimento il nostro Paese al momento della dichiarazione di neutralità.

 

Davanti a tutto questo, al fallimento della politica della Triplice, di cui il capofila era il Marchese di San Giuliano, ministro degli Esteri, non vi era che la strada dell’Interventismo, della partecipazione alla guerra per avere quei vantaggi territoriali che mettesse in sicurezza il confine orientale, con la acquisizione di Trieste, concludendo il processo unitario Italiano.

 

In questo contesto lo spirito garibaldino fu essenziale. . L’esempio  ed il significato storico del 52° Reggimento fanteria “Obbedisco”, è eclatante.

In questa chiave la ristampa del volume, il voler aver dato spazio a nomi e cognomi di chi fu partecipe e protagonista, che è forse il segmento più importante del volume, rappresenta un omaggio ed un dovuto ricordo a chi fecero, con il loro dovere, l’Italia, prima come Stato, poi come Nazione.

 

Massimo Coltrinari

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