Un nuovo indirizzo per questo blog

Dal 2019 questo blog ha riportato la collaborazione del CESVAM con la Sezione UNUCI di Spoleto. Con la presidenza del Gen Di Spirito la Sezione ha adottato un indirizzo di ampio respiro che si sovrappone a molti indirizzi del CESVAM stesso. pertanto si è deciso di restringere i temi del blog al settore delle Informazioni in senso più ampio possibile, e quindi all'Intelligence in tutti i suoi aspetti con note anche sui Servizi Segreti come storia, funzioni, ordinamenti. Questo per un contributo alla cultura della Sicurezza, aspetto essenziale del nostro vivere collettivo

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Contro tutti e tutto. I soldati Italiani nei Balcani nel 1943

Il Volume "La Divisione "Perugia" Dalla Tragedia all'Oblio" è disponibile in tutte le librerie. ISBN 886134305-8, Roma, 2010, Euro 20,00 pag. 329.



Ordini: ordini@nuovacultura.it, http://www.nuovacultura.it/ Collana storia in laboratorio;

Un Triste destino per la Divisione "Perugia"

Un Triste destino per la Divisione "Perugia"
La Divisione "Perugia" avrebbe avuto miglior sorte se Informazioni ed Intelligence avessero trovato più ascolto presso i Comandi Superiori

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domenica 30 agosto 2020

Sbarco di Anzio. Artiglieria tedesca

Il cannone su affusto ferroviario Leopold
 che dai Colli Albani bombardava la testa di sbarco
 Qui ripreso a Civitavecchia in attesa di essere imbarcato per gli Stati Uniti

giovedì 20 agosto 2020

Tesi di Laurea. La Guerra di Liberazione ed i suoi fronti

La Tesi e consultabile previa autorizzazione dell'Autore, presso l'emeroteca dell'istituto del nastro Azzurro Piazza Galeno 1  Roma (centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org) 

giovedì 30 luglio 2020

Giovanni Cecini. La Seconda Guerra Mondiale








Giovanni CECINI,
L’incredibile storia della seconda guerra mondiale. Strategie, Armi, Protagonisti del conflitto che ha cambiato le sorti del mondo, Roma, Newton Compton Editori, pag. 495, E. 12,90, ISBN 978-88-227-3620

La seconda guerra mondiale grande contenitore di più conflitti distinti ma collegati tra loro, è in realtà un serbatoio di storie in credibili, spesso sconosciute che vale la pena di approfondire per capire meglio il nostro presente e le cause che l’hanno contribuito a rendere il mondo come lo conosciamo oggi. Questo libro intende quindi travalicare la tradizionale narrazione cronologica, procedendo per argomenti chiave come le alleanze, la diplomazia, le economie, gli oltre sessanta milioni di morti e gli scenari del dopoguerra. Il quadro complessivo è quello di una pagina fondamentale nella storia dell’uomo, che, nella sua brutale ferocia, esercita ancora oggi grande fascino su tutti gli appassionati di storia. Ogni vicenda, infatti, rappresenta un frammento di quello che è stato uno dei momenti più complessi di tutta la storia contemporanea, nonché lo spartiacque del Novecento.
Giovanni Cecini (Roma 1979) à laureato in Scienze Politiche e Storia contemporanea. E’ membro del CEVAM – Centro Studi sul Valore Militare e docente di Master in Storia Militare Contemporanea 1796-1960 presso la Università N. Cusano Nicolò Cusano.

lunedì 20 luglio 2020

Corona Virus.19


 La speranza è che il prossimo 4 novembre
 si riesca ad organizzare un Convegno 
 come è stata prassi per tanti anni passati

venerdì 10 luglio 2020

Rivista QUADERNI n. 4 del 2019


La Rivista è disponibile su richiesta: . info:segreteriagenerale@istitutonastroazzurro.org

martedì 30 giugno 2020

Il Valore delle crocerossine nelle Missioni di pace

Stralcio della relazione presenta alla 
GIORNATA DEL DECORATO 2018 
 dalla Sorella CRI Anna Cantafora



Ringrazio il Generale Carlo Maria Magnani Presidente Nazionale dell’Istituto del Nastro Azzurro per l’invito in occasione della Giornata del Decorato.
 Non è conoscenza comune, che molte donne furono decorate con Medaglia al Valor Militare e tra queste numerose furono le Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana.
Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana, questo il nostro nome ufficiale, ma affettuosamente e per tutti: “Crocerossine.”
Tre Crocerossine furono decorate con medaglia d’oro, più di 60 con medaglia  d’argento, più di duecento con medaglia di bronzo.   Arduo scegliere quali figure ricordare! Illustrerò brevemente i profili della Duchessa d’Aosta, nostra prima Ispettrice Generale, delle tre sorelle perite nell’affondamento della nave Po e di Sorella Maria Cristina Luinetti.  Figure lontane e vicine nel tempo , ma sempre e per sempre nel cuore degli Italiani.


Concluderò con la più giovane :


Sorella Maria Cristina Luinetti 
Maria Cristina Luinetti nacque a Milano il 22 marzo 1969, conseguì la Maturità Classica a Saronno, si iscrisse quindi al corso per Infermiera Volontaria della Croce Rossa presso il Sottocomitato di Saronno e si diplomò il 16 novembre 1991.  Venne immatricolata il 27 giungo 1992 con il numero 35318. Appena acquisito il ruolo di I.V. della CRI, si impegnò in attività e servizi, il suo sogno era di partecipare ad una missione di emergenza importante e cercò di
prepararsi al meglio frequentando corsi di specializzazione; prestò servizio per tutta l’estate del ’93 presso vari reparti dell’Ospedale “S. Anna” di Como. Nel breve periodo intercorso tra il Diploma di I.V. e la sua tragica fine, visse intensamente le attività di Croce Rossa: servizio infermieristico con i profughi della Ex Jugoslavia, addestramento per operazione IBIS con la Brigata Legnano.  Il 20 novembre 1993 il sogno di Cristina si realizzò, partì per la Somalia per la missione UNOSOM II. Il 9 dicembre dello stesso anno morì a Mogadiscio. L’epilogo tragico di un’esistenza, breve, dedicata alla cura dei vulnerabili. Un epilogo forse immaginato e temuto: Cristina, prima di partire, lascia una letteratestamento alla zia; in questa lettera la Crocerossina espone le sue ultime volontà nel caso di “un mio ritorno in bara”.

Un presentimento, oppure, più verosimile un forte principio di realtà.  Le furono conferite numerose onorificenze tra le quali: Medaglia d’oro al merito della Croce Rossa Italiana- Roma Medaglia d’oro al merito della Sanità pubblica- Roma Medaglia “Florence Nightingale” (alla memoria) Conferita dal CICR,  Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare d’Italia ” alla memoria”-  2 novembre 2000
 Con la seguente Motivazione:

Sottotenente delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana, impiegata in Somalia nell’ambito dell’operazione IBIS 2, nonostante oggettive difficoltà ambientali caratterizzate da condizioni di pericolo, offriva con generosità e abnegazione la propria opera dimostrando grande perizia, elevata capacità organizzativa ed alta dedizione per portare sollievo morale e fisico ai militari italiani e alla martoriata popolazione somala. Durante il diuturno impegno altamente umanitario, per evitare che un cittadino somalo, penetrato armato nel poliambulatorio, potesse colpire vittime innocenti, conscia del pericolo cui andava incontro e cercando di distrarne l’attenzione, volontariamente si offriva quale ostaggio, ma veniva freddamente uccisa dalla furia omicida del somalo. Altissimo esempio di dedizione e professionalità per un ideale di pace e di solidarietà umana. La sua opera e il suo sacrificio hanno riscosso il più profondo apprezzamento da parte dei contingenti alleati e della popolazione somala e hanno contribuito in maniera determinante a elevare il prestigio delle Forze Armate italiane e della Croce Rossa.  Mogadiscio, 20 novembre 1993 – 9 dicembre 1993


Permettetemi quindi di terminare il mio intervento con questa considerazione: Scarse sono le notizie che riguardano le Crocerossine, noi non amiamo rendere pubblico il nostro servizio, preferiamo svolgerlo in silenzio lontano dai clamori e dai riflettori, ma siamo presenti da 110 anni ovunque e in ogni circostanza sia
necessaria la nostra opera a favore  di tutti, in pace e in guerra, seguendo i sette Principi Fondamentali della Croce Rossa e il nostro motto:  Ama Conforta, Lavora, Salva. 

 www.istitutodelnastroazzurro.org/cesvam

sabato 20 giugno 2020

Anna Frank un simbolo del novecento





ANNE FRANK : 91 anni dalla nascita dell’icona della tragedia della deportazione nazista

il ricordo dell’Associazione “Un ricordo per la pace”

“un messaggio di pace universale che si rafforza da generazione in generazione”



Nacque il 12 giugno 1929 nella città tedesca di Francoforte sul Meno Anne Frank che con il suo diario scritto in cattività nella “casa sul retro” ad Amsterdam è divenuta l’icona della tragedia della deportazione nazista.
Nel 91esimo della nascita la ricorda l’Associazione “Un ricordo per la pace”. L’associazione apriliana ribadisce l’intenzione di dedicare una sezione di un futuro “Museo per la Pace”  alla deportazione ed all’internamento militare nei lager nazisti.
 “Un progetto sottoposto da qualche anno al vaglio dell’amministrazione di Aprilia  – afferma “Un ricordo per la pace” -  che speriamo si concretizzi quando troverà sede definitiva la mostra “Aprilia in guerra: la Battaglia di Aprilia” curata dalla nostra associazione.
Quello di Anne è un documento straordinario. Scritto da un’adolescente è riuscito a far breccia nel cuore di tutti, denunciando l’orrore del nazismo con un messaggio di pace universale che si rafforza da generazione in generazione.”

"Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l'avvicinarsi del rombo che ucciderà anche noi, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l'ordine, la pace e la serenità."
Anne Frank



LA STORIA
Sognava di diventare scrittrice Annelies Marie Frank detta Anne e invece morì a 16 anni, deportata
nei campi di concentramento nazisti. Il suo diario ad eterna memoria della tragedia dell’olocausto.
Scritto nella “casa sul retro” in Prinsengracht 263 ad Amsterdam, il rifugio segreto nel quale visse oltre due anni con la famiglia per tentare di sfuggire all’odio nazista.
Nata il 12 giugno 1929 nella città tedesca di Francoforte sul Meno aveva 10 anni Anne quando il
primo settembre 1939 la Germania invase la Polonia dando inizio alla seconda guerra mondiale. Le
leggi razziali emanate il 7 aprile del 1933 e le leggi di Norimberga del 1935 avevano reso la vita
degli ebrei in Germania molto difficile. Esclusi dalla vita civile, vietato lo svolgimento delle proprie
attività, costretti infine ad abbandonare le loro case ed i loro beni per essere relegati nei ghetti. Otto
Frank e la moglie Edith, papà e mamma di Anne, decisero pertanto di trasferirsi dalla Germania ad
Amsterdam in Olanda per avviare un’impresa ( ”Opekta”) che commerciava pectina, addensante
per la preparazione di marmellate. Ma il 10 maggio 1940 i nazisti invasero anche i Paesi Bassi.
L’esercito olandese si arrese pochi giorni dopo ed il nazismo impose i duri regolamenti
contro gli ebrei. Vietato frequentare parchi, negozi, cinema. Scuole separate per soli ebrei. La stella
giudaica cucita sugli abiti per essere distinti e discriminati al primo sguardo.
Il 5 luglio 1942 la sorella maggiore Margot ricevette una chiamata per andare a lavorare nella
Germania nazista. La cosa preoccupò Otto poiché già era venuto a conoscenza della deportazione
nei campi di concentramento e delle camere a gas. Da poco aveva allestito un nascondiglio nel retro
dell’edificio dell’attività, la porta di accesso al rifugio di circa 50 m² nascosta da una libreria
girevole. Il giorno seguente la chiamata di Margot la decisione di nascondersi; col tempo si
aggiunsero anche quattro clandestini. Ma il clima di tensione nel retro casa era alto: costante la
paura di essere scoperti. Difficili i rapporti interpersonali tra i clandestini, persino contrasti Anne
con la la mamma Edith che giorno per giorno perdeva sempre più la speranza, cosa che non si
confaceva al carattere ottimista della ragazza. Nell’agosto del 1944 il gruppo venne tradito da un
informatore anonimo; i clandestini scoperti e arrestati dalla Gestapo. Condotta con la famiglia al
campo di concentramento di Westerbork venne deportata nel settembre 1944 ad Auschwitz. Morì di
tifo accanto alla sorella maggiore Margot nel campo di sterminio di Bergen-Belsen nel febbraio del
1945. Solo il papà Otto Frank sopravvisse, lui deportato ad Auschwitz.



IL DIARIO
Annie inizia a scrivere sul diario ricevuto in regalo per i suoi 13 anni. È all’amica immaginaria
Kitty che Anne in quelle condizioni di cattività affida il suo sfogo di adolescente, le sue domande
senza risposta, sensazioni e sentimenti che intatti sono giunti fino a noi.
Fu grazie a Miep Gies che il diario è pervenuto fino a noi. Miep, all’anagrafe
Hermine Santrouschitz, era un’impiegata di Otto Frank, morta nel 2010 a 101 anni. Insieme al
marito aveva aiutato i clandestini a sopravvivere nel nascondiglio provvedendo al loro
sostentamento. Miep trovò il diario di Anna a terra nell’alloggio messo in subbuglio durante
l’irruzione della polizia il 4 agosto 1944 conservandolo senza leggerlo e consegnandolo poi ad Otto
Frank che ne curò la prima pubblicazione nel 1947 dal titolo : “Het Achterhuis” (Il retrocasa) .
Pesanti furono le critiche dei negazionisti la Shoah i quali affermavano il diario fosse un falso,
un’abile manipolazione messa in atto dal padre Otto.
Le tesi negazioniste trovarono smentita ufficiale solo dopo la morte di Otto nel 1980. Il
diario e le lettere di Anne vennero acquisite dall’Istituto dei Paesi Bassi per la documentazione di
guerra, che nel 1986 ne commissionò una perizia attraverso il Ministero della Giustizia. Analizzati
calligrafia e tutti i materiali utilizzati tra cui carta, colla e inchiostro il diario risultò autentico. Il 23
marzo 1990 la Corte regionale di Amburgo ne reiterò l’autenticità.
Tradotto in oltre 60 lingue è pubblicato in più di quaranta paesi; ne sono state vendute oltre
30 milioni di copie, oggetto di rappresentazione teatrali, documentari e film dedicati.
IL MUSEO AD AMSTERDAM
Dal 1960 il nascondiglio ad Amsterdam è un Museo: la “Casa di Anne Frank”. Otto partecipò alle
attività della Fondazione Anne Frank e del Museo fino al 1980, anno della morte: si augurava
che attraverso la lettura del diario i lettori divenissero “consapevoli dei pericoli rappresentati dalla
discriminazione, dal razzismo e dall’antisemitismo”.


mercoledì 10 giugno 2020

Anche per contrastare il Covid19






Si comunica che da oggi è di nuovo disponibile presso la nostra sede sociale, in Via delle Torri 33,  lo sciroppo di rose dell'Associazione "Campo delle Rose Onlus"!!! (vedi informativa in figura)

Orario d’apertura per il mese di giugno:
lunedì-mercoledì-sabato 9.00-13.00.

Il costo di ogni singola bottiglia è di € 5,00.

Un cordiale saluto
La Segreteria della Società Tarquiniense d’Arte e Storia

giovedì 28 maggio 2020

Rita Rosani, Medaglia d'oro al Valore Militare alla memoria.

Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah - MEIS
Via Piangipane, 79/83 - 44121 Ferrara (Italia)
Lavorando in collaborazione con il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea alla newsletter dedicata alle storie di dieci partigiani italiani ebrei, è stata erroneamente individuata una foto sbagliata che identificava 
Uno sbaglio, per il quale ci scusiamo, che ci ha fatto condurre nuove ricerche e riflettere ancora più profondamente sull'importanza di ogni singolo nome, ogni singolo volto delle giovani donne e dei giovani uomini che hanno combattuto per la libertà del Paese. 
Rita Rosani, che vedete ritratta nella foto, aveva solo 24 anni quando è stata uccisa sul Monte Comun da un sottotenente della Guardia Nazionale Repubblicana il 17 settembre del 1944. 
Faceva la maestra elementare alla scuola ebraica di Trieste e decise di unirsi alla Resistenza prima a Portogruaro e poi a Verona. 
"Rita Rosani - racconta Livio Isaak Sirovich autore del libro «Non era una donna, era un bandito». Rita Rosani, una ragazza in guerra (Cierre edizioni) - è stata per molto tempo dimenticata, si sbagliava addirittura il cognome. Trovo che il racconto della sua vita sia esemplare per far capire il disastro delle leggi razziste. Rita è stata fracassata dalla Storia".
Nata a Trieste da una famiglia di media borghesia, era una adolescente come tante, vivace, bizzosa che pensava ai vestiti e agli zatteroni di sughero di moda all'epoca.
Le leggi razziali del 1938 la annichiliscono.
Un trauma che si evince dalle lettere indirizzate al fidanzatino dell'epoca Giacomo Nagler che poi morirà ad Auschwitz. Nelle missive emerge la reazione dei suoi coetanei isolati dalla società: alcuni cadono in depressione, altri iniziano a prendere i primi psicofarmaci. Rita mostra subito un animo ribelle: quando viene vietato alle ragazze di indossare i calzoni corti per andare in bicicletta lei si oppone e continua come se niente fosse, un primo segno della sua vocazione nei confronti della libertà.
Suo padre era il direttore della filiale di una ditta di trasporti ungherese il cui presidente aveva un figlio, Sergio Forti, anche lui futuro partigiano, ricordato per le sue azioni coraggiose e trucidato dopo essere stato torturato.
I Forti e i Rosani - spiega Sirovich - non erano due famiglie particolarmente politicizzate, eppure i due figli prendono questa strada e lottano per liberare l'Italia.
Dalle lettere di Rita si svela la sua maturazione, dal 1940 al 1943 la vediamo diventare una donna altruista, forte, adulta. Quando si unisce ai partigiani pretende di ricevere un'istruzione militare e impara a combattere e spostandosi nelle zone del Valpolicella e di Zevio.
La sua identità ebraica ritorna spesso nella corrispondenza con Giacomo Nagler; prima di unirsi alla resistenza va in sinagoga il sabato e per le festività e aiuta la madre a dare conforto e assistenza agli ebrei dell'Europa centrale che arrivano a Trieste per imbarcarsi verso la Palestina. Per rallegrare le ragazze confeziona piccoli pupazzetti che regala anche ai suoi spasimanti, due di queste si conservano ancora e una in particolare è il suo ritratto vestita da olandesina, il suo tipico travestimento per la festa ebraica di Purim.
Quando il suo assassino la ucciderà, hanno raccontato i testimoni oculari, a chi gli diceva che aveva ucciso una donna chiedendogli come si sarebbe scagionato, risponderà: "Non era una donna, era un bandito".  
"Fu compagna, sorella, animatrice di indomito valore e di ardente fede - si legge nelle motivazioni per il conferimento della Medaglia d'oro - Mai arretrò innanzi al sicuro pericolo ed alle sofferenze della rude esistenza, pur di portare a compimento le delicate e rischiosissime missioni a lei affidate".
Rita era partigiana, ebrea, ma anche una donna, una figlia, con il suo incredibile coraggio ma anche con le sue fragilità, con indomite passioni amorose, con la preoccupazione di mettere in salvo la sua famiglia perseguitata dal nazifascisti.
Ricordare è importante ma lo è ancora di più restituendo un volto, una identità, i sogni, le paure di chi ha ci ha resi liberi dando in cambio la propria vita.

Crediti immagine: Archivio Fondazione CDEC, fondo Antifascisti e partigiani ebrei, b. 16, fasc. 353. 

giovedì 21 maggio 2020

.Partigiani Ebrei Figure della Resistenza 2

Liana Millu, la scrittrice di Birkenau
 Liana Millu (Millul) nasce a Pisa nel 1914 e sviluppa precocemente la sua passione per il giornalismo, scrivendo per il livornese "Il Telegrafo". Dopo aver ottenuto il diploma magistrale inizia ad insegnare a scuola, ma l'anno successivo viene licenziata a causa delle leggi razziali.
Si trasferisce a Genova e continua a scrivere fino all'8 settembre del '43 quando decide di unirsi alla lotta partigiana nel gruppo clandestino "Otto".
Viene arrestata a Venezia in seguito alla denuncia di un delatore il 7 marzo 1944, condotta nel campo di Fossoli e da lì viene deportata ad Auschwitz e trasferita a Ravensbrück.
Due anni dopo la fine della guerra, nel 1947, pubblica "Il fumo di Birkenau", uno dei primissimi memoriali dedicati alla Shoah: una testimonianza importantissima incentrata sull'esperienza delle donne nei lager, come ricorda Primo Levi che firma la prefazione del libro nell'edizione del 1971.
Liana inizia a scrivere il libro subito dopo la liberazione con una matita e ne regala il mozzicone proprio a Levi in una sorta di passaggio di testimone. Scompare a Genova nel 2005.

In questo video realizzato dalla Fondazione Fossoli, Piero Stefani e Ottavia Piccolo dialogano sulla figura di Liana, attraverso ricordi e letture dei suoi brani. 


Luciana Nissim, l'amica di Primo Levi
Nata a Torino nel 1919, nonostante le leggi razziali, Luciana Nissim riesce a laurearsi brillantemente in medicina nel 1943.
Entra in contatto con Primo Levi diventando sua amica e dopo l'armistizio decide di unirsi a lui nella lotta partigiana raggiungendo in Valle d'Aosta il gruppo di combattenti di Giustizia e Libertà. Il 13 dicembre del 1943 viene arrestata con i suoi compagni e condotta prima nel carcere di Aosta e poi nel campo di Fossoli. Da lì nel febbraio del 1944 viene deportata ad Auschwitz dove riesce a salvarsi anche grazie alla sua professione di medico.
Finita la guerra si ricongiunge con la sua famiglia, si specializza in pediatria e sposa Franco Momigliano, anche egli partigiano. Inizia a lavorare a Milano con il grande psicoanalista Cesare Musatti affermandosi nella Società psicanalitica italiana e portando grandi innovazioni di metodo.
La sua storia e i suoi scritti sono raccolti nel libro"Ricordi della casa dei morti e altri scritti" edito da Giuntina. Scompare a Milano nel 1998.

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Rita Rosani
Rita Rosani, la maestra medaglia d'oro
Medaglia d'Oro al Valor Militare, la partigiana Rita Rosani nacque a Trieste nel 1920 da una famiglia ebraica di origine morava.
Il cognome originale della famiglia, poi italianizzato, era infatti Rosenzweig ("rametto di rosa").
Faceva la maestra elementare alla scuola ebraica ed era fidanzata con Giacomo Nagler, detto Kubi, che verrà ucciso ad Auschwitz.
Dopo aver salvato la sua famiglia dalla deportazione, facendola riparare in Friuli, decise di unirsi alla Resistenza prima a Portogruaro e poi a Verona. Formata la banda "Aquila", combattè nelle zone del Valpolicella e di Zevio. Venne catturata sul Monte Comun e uccisa da un sottotenente della Guardia Nazionale Repubblicana il 17 settembre del 1944.
Questa la motivazione con cui le è stata assegnata la Medaglia d'Oro alla memoria: "Perseguitata politica, entrava a far parte di una banda armata partigiana vivendo la dura vita di combattente. Fu compagna, sorella, animatrice di indomito valore e di ardente fede. Mai arretrò innanzi al sicuro pericolo ed alle sofferenze della rude esistenza, pur di portare a compimento le delicate e rischiosissime missioni a lei affidate".
Su di lei, Livio Isaak Sirovich ha scritto il libro "«Non era una donna, era un bandito». Rita Rosani, una ragazza in guerra" (Cierre Edizioni).

Foto: Anonimo, Ritratto di Rita Rosani a Napoli, agosto 1941 Archivio CDEC, Fondo fotografico Rosani Rita - inv. 332-001
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Enzo Sereni 
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Emilio Sereni
Enzo e Emilio Sereni, storia di due fratelli 
 Nato nel 1905 a Roma da una famiglia dell'alta borghesia (il padre era il medico dei Re d'Italia), Enzo Sereni si appassiona fin da giovanissimo al movimento e agli ideali sionisti. Dopo la laurea in Filosofia, a 22 anni fa l'aliyah (letteralmente "salita") e si trasferisce nella Palestina mandataria dove inizia a lavorare e costuire kibbutz di Givat Brenner.
Socialista e pacifista, Sereni scrive saggi e fa traduzioni diventando un vero e proprio riferimento culturale. Quando in Europa la nube del nazismo si avvicina, si prende l'incarico di aiutare gli ebrei perseguitati a fare l'aliyah e viene temporaneamente arrestato dalla Gestapo.
Aiuta ad organizzare le SOE, le unità paracadutistiche inglesi Special Operations Executive e crea un settore speciale dell'Agenzia ebraica che aveva lo scopo di salvare gli ebrei europei perseguitati dai nazisti. Nel 1944 si fa paracadutare nel Nord Italia dove assume il nome di Samuel Barda ma viene catturato poco dopo e deportato a Dachau dove viene assassinato.
Sul Monte Herzl di Gerusalemme, conosciuto anche come Har Hazikaron, il Monte del Ricordo, una targa celebra il suo coraggio.
Per approfondire la sua storia, il libro: "Enzo Sereni. L'emissario" di Ruth Bondy (Le Château Edizioni).

Il fratello Emilio Sereni, nato nel 1907, si laurea in Agronomia e si iscrive ventenne al Partito Comunista. Attivo in politica, fa molti viaggi tra cui uno nel 1930 a Parigi dove entra in contatto con Palmiro Togliatti. Rientrato in Italia viene condannato al carcere ma amnistiato riesce a tornare in Francia dove prosegue la sua azione antifascista.
Condannato nuovamente nel 1943 riesce a fuggire e stabilirsi a Milano occupandosi della direzione dell'ufficio di agitazione e propaganda. Ricopre il ruolo di rappresentante del partito nel Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia di Milano. Finita la guerra assume gli incarichi di Ministrodell'assistenza postbellica, Ministro dei lavori pubblici e Senatore. Fondamentali i suoi studi sulla condizione delle campagne italiane e la questione agraria.

Le vicende straordinarie di questa famiglia ebraica italiana sono custodite e raccontate nel romanzo storico della scrittrice Clara Sereni (figlia di Emilio)"Il gioco dei regni" (ed. Giunti).

Foto:  Anonimo, Ritratto di Enzo Sereni, 1940 ca.
Archivio CDEC, Fondo antifascisti e partigiani ebrei in Italia 1922-1945, b. 18, fasc. 400
Anonimo, Ritratto di Emilio Sereni, 1945-1950 ca.
Archivio CDEC, Fondo antifascisti e partigiani ebrei in Italia 1922-1945, b. 17, fasc. 399
Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah - MEIS
Via Piangipane, 79/83 - 44121 Ferrara (Italia)

giovedì 14 maggio 2020

Partigiani Ebrei Figure della Resistenza 1

Partigiani, italiani, ebrei,
ragazzi della resistenza
Erano dei ragazzi. Studiavano all'università, alcuni sedevano ancora sui banchi di scuola. Intessevano amori epistolari, scrivevano racconti, uscivano con gli amici. Nel 1938 con le leggi razziali erano stati alienati dalla società, espulsi dall'università e dalla scuola, cancellati dalla vita pubblica.
Erano dei ragazzi a cui era appena stato negato ogni diritto e che negli occhi dei propri genitori vedevano smarrimento, confusione, indecisione. 
È così che quei ragazzi, italiani, ebrei, perseguitati, senza più un punto fermo, decidono di unirsi ad altri e combattere per tornare ad essere liberi e liberare tutto il Paese. Mettono in salvo le loro famiglie e si espongono al doppio pericolo, quello di essere ebreo e antifascista.
Si muovono sulle montagne, dormono in scomodi rifugi di fortuna, vengono spediti al confino o catturati.
Sono tantissimi gli ebrei italiani, donne e uomini, che hanno fatto la Resistenza e contribuito alla liberazione dell'Italia. 
Il Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah vuole condividere con voi dieci storie di coraggio, idealismo e generosità.  Perché  la conquista della libertà è una sfida che si combatte ogni giorno e che ogni giorno deve essere omaggiata, ripensando a quei ragazziche sulle montagne hanno reso migliore il nostro mondo.

"Questo 25 aprile, - scrive il Presidente del MEIS Dario Disegni - in una situazione così drammatica come quella che stiamo vivendo, deve segnare una grande riscossa morale e civile, che ci faccia riflettere non solo sugli orrori del passato, ma anche sulle profonde ingiustizie e sulle diseguaglianze ancora presenti nella nostra società. Una riscossa che, nel ricordo del 25 aprile e di quanti caddero per la nostra libertà, tra i quali Emanuele Artom e tanti partigiani ebrei, ci faccia uscire dall’attuale crisi in cui è precipitato di colpo l’intero pianeta, più umani, più retti, più solidali e decisi a costruire un mondo più giusto, più equo, più vivibile, in una parola migliore di quello nel quale abbiamo finora vissuto".

Si ringrazia il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea per la collaborazione.
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Emanuele Artom
Emanuele Artom, diario di un partigiano
Nato ad Aosta nel 1915 da una famiglia torinese, Emanuele Artom cresce nel capoluogo piemontese e studia al Liceo classico Massimo D'Azeglio dove è alunno di Augusto Monti. Si iscrive alla facoltà di Lettere laureandosi a pieni voti nel 1937.
Con il fratello Ennio, morto tragicamente in un incidente in montagna, è animatore di un circolo culturale ebraico al quale partecipano, tra gli altri, Primo Levi, Franco Momigliano e Luciana Nissim.
Nel 1943 si unisce al Partito d'Azione e come partigiano prende il nome di Eugenio Ansaldi. Sempre in prima linea e impegnato in attività complesse e pericolose, ricopre l'incarico di commissario politico.
Catturato nel 1944, viene barbaramente torturato e muore in carcere a causa delle sevizie subite.
Il suo diario, edito nella versione integrale da Bollati Boringhieri con il titolo "Diario di un partigiano ebreo" (a cura di Guri Schwarz), è considerato uno strumento prezioso dal punto di vista storico ma è stato elogiato anche per il suo valore letterario. 
La madre di Emanuele, Amalia, laureata in Matematica, è stata a lungo preside della scuola media ebraica di Torino a lui intitolata.

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Matilde Bassani Finzi
Matilde Bassani Finzi e la scuola di via Vignatagliata
Nata a Ferrara nel 1918, Matilde Bassani fin da piccola si è nutrita di ideali e politica. Suo padre, professore di tedesco all'Istituto tecnico venne infatti licenziato negli anni '20 perché antifascista; lo zio, il professore Ludovico Limentanti, firmò il Manifesto degli intellettuali antifascisti e suo cugino era il fisico e partigiano Eugenio Curiel.
Ad avere un ruolo importante nella sua formazione fu anche il suo professore Francesco Viviani (lo stesso dello scrittore Giorgio Bassani) morto a Buchenwald e la maestra socialista Alda Costa.
Laureatasi brillantemente in Lettere, Matilde assieme a Giorgio Bassani e a Primo Lampronti fu una delle insegnanti della scuola ebraica ferrarese di via Vignatagliata che accolse i ragazzi espulsi dagli istituti pubblici.
Quella di via Vignatagliata fu una scuola d'eccellenza, dove accanto agli autori immortali della letteratura italiana, si studiavano poeti contemporanei e si trasmettevano ideali di libertà e uguaglianza.
Nel '43 venne arrestata e condotta nelle carceri di via Piangipane (dove sorge adesso il MEIS) per la sua attività antifascista. Liberata nel luglio dello stesso anno, scappò a Roma e incontrò il futuro marito Ulisse Finzi con il quale condivise la scelta resistenziale.
Dopo la guerra si affermerà come psicologa restando sempre in prima linea nella difesa dei diritti e ricomprendo incarichi di prestigio nell'Unione Femminile Nazionale e presso il Consiglio Nazionale delle Donne Italiane.
Intervistata da Anna Maria Quarzi, Presidente dell'Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara, nel 1997, ha detto: "Fin dalla più tenera età ho succhiato latte e antifascismo. La mia famiglia, infatti, era antifascista per naturale avversione alla dittatura, per amore della libertà". 

Foto: Archivio storico e fotografico della famiglia Finzi - Milano
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Franco Cesana
Franco Cesana, in guerra a 13 anni
Nato a Mantova nel 1931, Franco Cesana è spesso ricordato come il più giovane partigiano caduto nella Resistenza italiana. Cresciuto a Bologna, venne espulso dalla scuola pubblica dopo la promulgazione delle leggi razziali e fu accolto nell'Orfanotrofio Israelitico di Torino e di Roma.
Seguendo le orme del fratello Lelio, nemeno tredicenne si arruolò nelle Brigate Garibaldidichiarando di essere maggiorenne. Vicino Pescarola, alla periferia di Bologna, lui e il fratello furono colti di sopresa dal fuoco nemico, Lelio riuscì a salvarsi, Franco no. Di lui si conserva una toccante lettera alla madre nella quale la rassicura sulla sua condizione: “Così non devi impensierirti per me che sto da re. La salute è ottima; solo un po’ precario il dormire”.
La storia di Franco Cesana è stata raccontata nella mostra "Stelle senza un cielo. Bambini nella Shoah" realizzata dallo Yad Vashem di Gerusalemme e il MEIS in collaborazione con il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea-CDEC e l'Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna.

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Eugenio Curiel
Eugenio Curiel, il fisico della Resistenza
 Nato a Trieste nel 1912 da una colta e agiata famiglia ebraica, Eugenio Curiel si distinse per il suo impegno politico sempre fortemente legato alla propria formazione intellettuale.
Dopo il biennio di ingegneria all'Università di Firenze e un passaggio al Politecnico di Milano decide di iscriversi alla facoltà di Fisica dell'università fiorentina nella quale suo zio Ludovico Limentani è docente di filosofia morale. Il suo percorso di studi brillante è scandito da periodi nei quali si dedica all'insegnamento nelle scuole, fino poi ad approdare all'Università di Padova come assistente. Frequentando l'ambiente universitario, Curiel stringe legami di amicizia e si avvicina all'attivismo politico di ispirazione comunista.
Allontanato dall'insegnamento dopo le leggi razziali, inizia a spostarsi tra l'Italia e la Svizzera.
Ricercato per la sua attività antifascista, viene arrestato nel 1939 a Trieste. Condannato al confino, è trasferito sull'isola di Ventotene.
Con la caduta del fascismo, Curiel torna a Milano per riprendere le sue attività politiche. Il 24 febbraio 1945 viene però riconosciuto dalle Brigate Nere e, dopo un inseguimento, colpito a morte.
Ha ricevuto la Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria.

Foto: Anonimo, Ritratto di Eugenio Curiel, 1935-1940 ca.
Archivio CDEC, Fondo Antifascisti e partigiani ebrei in Italia 1922-1945, b. 5, fasc. 99
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Mosè Di Segni
Mosè Di Segni, il medico libero
Medico, antifascista, sionista, partigiano.
Tante sono le anime di Mosè Di Segni, nato nel 1903 a Roma e scomparso nel 1969. Padre di tre figli, Elio, Frida e Riccardo (il Rabbino capo della comunità ebraica di Roma), Mosè Di Segni si specializzò in pediatria a Firenze e fu animatore del circolo sionista Avodà fondato da Enzo Sereni.
Nel 1936 venne inviato come medico militare in Spagna  ma due anni dopo a causa delle leggi razziali venne radiato dall'esercito e licenziato dall'ospedale Spallanzani di Roma dove lavorava.
Consigliere della comunità ebraica si impegnò attivamente per aiutare gli ebrei romani negli anni più bui. Avvertito da un amico di essere su una lista di persone destinate alla deportazione riuscì a riparare a Serripola (San Severino Marche) dove si unì come partigiano alle Brigate Garibaldi non venendo mai meno alla sua vocazione di medico e aiutando la popolazione locale.
Proprio per questo il Comune di San Severino Marche ha conferito ai suoi tre figli qualche anno fa la cittadinanza onoraria.
Di recente è stato pubblicato il libro "Mosè Di Segni medico partigiano. Memorie di un protagonista della Guerra di Liberazione (1943-1944)", a cura di Luca Maria Cristini (San Severino Marche, Edizioni della Riserva naturale regionale del Monte San Vicino e del Monte Canfaito, 2011).



                                           fonte: Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e                                             della Shoah - MEIS
             Via Piangipane, 79/83 - 44121 Ferrara (Italia)