sabato 25 maggio 2013
Cefalonia V Quello a cui nessuno voleva credere.
LA NOTTE FRA IL 9
E IL 10
Il radiogramma dell’armata
pose al gen. Gandin un duro dilemma: od ubbidire al Governo e disubbidire al
comandante dell’armata o , viceversa, ubbidire al comandante dell’armata e
disubbidire al Governo.
“Presso il comando – dice
il capitano Bronzini – il miraggio del rimpatrio, da qualunque parte venga, non
illude nessuno. Ognuno invece si preoccupa di quello che potrebbe accadere di
noi quando fossimo diventati disarmati”.
Gli ordini del Governo,
invero, non imponevano atti di ostilità contro l’ex alleato: ma solo la reazione
nel caso che questo fosse ricorso ad atti di violenza.
In pratica, questa formula,
malgrado ogni buona volontà, non poteva trovare attuazione:la denuncia stessa
dell’alleanza si tramutava, per forza irresistibile di cose, in aperta
ostilità.
Impadronirsi del presidio
tedesco di Cefalonia era certo impresa assai facile.
Ma che cosa sarebbe
avvenuto dopo?
Il gen. Gandin era il solo
nell’isola che potesse valutare in pieno il quadro della situazione generale ed
il rapporto fra le forze tedesche ed italiane sul continente greco.
E che tal rapporto fosse a
noi sfavorevole, ne era una riprova il radiogramma stesso del comando dell’11ª
armata.
In esso, anziché il grido
di riscossa o la direttiva sicura e conforme alla nuova situazione politica
italiana, affiorava il compromesso.
Un compromesso pietoso,
fondato sulla promessa tedesca (inattuabile, anche se sincera, per deficienza
di trasporti) del rimpatrio delle grandi unità italiane.
Il quadro, poi, della
situazione generale diceva crudamente questo:che gli anglo – americani non
potevano ormai avere alcun interesse a distrarre delle forze dalla direttrice
principale delle operazioni per portarle in Balcania; e che essi non avrebbero
certo sacrificato aliquote del loro tonnellaggio all’azione aerea tedesca nello
Jonio e nell’Egeo per ritirare le truppe italiane che in qualche isola greca
fossero riuscite a sopraffare i tedeschi.
I dati reali, in
conclusione erano solo questi: la madrepatria paralizzata; esclusa la
possibilità di aiuto da parte delle nostre forze dislocate sul continente
greco; esclusa la speranza di aiuto da parte degli anglo – americani.
Sicchè, una volta
sopraffatto il presidio tedesco, Cefalonia si sarebbe trovata isolata di fronte
alla reazione tedesca che non avrebbe tardato a manifestarsi.
Dice il capitano Bronzini:
”Abbiamo l’impressione che il comando di armata, dopo questo messaggio, non
abbia più niente da dire. In ognuno di noi vi è
il presentimento che d’ora in poi saremo lasciati per qualunque decisione
in balia di noi stessi”.
Tutti gli elementi di tale
situazione il gen. Gandin prospettò agli ufficiali dello stato maggiore della
divisione convocati nel suo ufficio.
Il capitano Bronzini,
presente, così commenta: ”Avvertiamo il dilemma che si agita nell’animo
generale. Cedere le armi significava mettere una grande unità in balia di
chiunque; andare contro i tedeschi significava mandare quasi sicuramente alla
morte undicimila italiani”.
La proposta fatta da alcuni
ufficiali (“sono pochi a pensare questo” – nota il capitano Bronzini) di
passare armi e bagagli ai tedeschi fu dal generale senz’altro respinta.
Il radiogramma dell’armata
non fu però subito comunicato ai reparti dipendenti: il gen. Gandin decise di
rimandarne la trasmissione ad ora che avrebbe lui stesso stabilita, nell’eventualità
che altri fatti potessero modificare la situazione.
L’ipotesi, affacciatasi
durante il rapporto, che il radiogramma potesse essere apocrifo, cioè compilato
dai tedeschi venuti in possesso, sul continente greco, dei nostri cifrari,
consigliò invece di respingerlo al comando dell’VIII corpo d’armata (per il cui
tramite era pervenuto) come “parzialmente indecifrabile”.
Continuava intanto, senza
interruzione e sempre invano, il lavoro delle radio inteso a riallacciare le
comunicazioni con l’Italia, col continente greco, con le altre isole.
( le note precedenti si trovano su www.unucispoleto.blogspot.com)
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